Diritti

«Non solo mobili»: nasce la transgender policy di Ikea Italia

Nuove linee guida riguardo linguaggio, interazioni con i clienti, permessi retribuiti per chi intraprende un percorso di transizione. Ne parla Chiara Buonvino, Equality, Diversity & Inclusion Leader dell’azienda, a La Svolta
Credit: Ikea.com
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
23 maggio 2023 Aggiornato alle 13:00

«Abbiamo iniziato a parlare di inclusione e diversità quando, in Italia, queste tematiche erano una novità. Ikea non è soltanto un’azienda che produce mobili: la nostra mission è migliorare la vita quotidiana per più persone possibili». Le parole di Chiara Buonvino, Equality, Diversity & Inclusion Leader di Ikea Italia, arrivano poco dopo la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia, la transfobia, celebrata il 17 maggio, e con l’avvicinarsi del mese del Pride. Per l’occasione, Ikea Italia ha annunciato l’introduzione di una policy dedicata alle persone transgender.

«Si tratta di un documento realizzato come country, ma in realtà, come gruppo, abbiamo un’intera strategia dedicata all’inclusione delle persone Lgbtq+. Parla di rispetto, di linguaggio, di equità di trattamento e di tante altre cose. In questo caso abbiamo sentito la necessità di fare delle linee guida ad hoc per le persone transgender».

L’obiettivo è quello di garantire un ambiente di lavoro sempre più inclusivo “per tutte le persone, indipendentemente dal genere assegnato alla nascita”, spiega l’azienda, che “incoraggia tutti a essere se stessi nel luogo di lavoro”.

Tra le novità, Ikea Italia fornirà 6 settimane di congedo retribuito ai colleghi e alle colleghe che intraprendono un percorso di transizione. «Per sostenerle in questo passo, anche molto lungo, abbiamo implementato la nuova policy che vale, come tutte le altre linee guida, per tutti i dipendenti con contratto a tempo indeterminato, determinato e di apprendistato. Prevede che, per qualsiasi tipo di intervento, i permessi saranno fruibili a ore e in modalità frazionata per un periodo di 3 anni dal momento di accesso alla policy. E saranno totalmente a carico di Ikea», spiega Buonvino.

La policy include anche il concetto di equal opportunity, e prevede bagni e spogliatoi a gestione “situazionale”, ovvero: «Caso per caso, cercheremo la soluzione più adatta a quello che sarà il bisogno della persona, con l’obiettivo finale di dare sempre la possibilità di scegliere il bagno o lo spogliatoio nel genere in cui si identifica».

Poi affronta il tema del linguaggio, con un glossario che riunisce e spiega quali sono i termini più usati quando si trattano tematiche relative alle persone Lgbtq+, “con lo scopo di offrire un vocabolario condiviso”. Ma non solo: anche una spiegazione delle «pratiche che possono aiutare i nostri colleghi a capire come si può essere inclusivi quando si ha davanti a una persona transgender: se qualcuno ci rivela di appartenere alla comunità Lgbtq+, per esempio, dovremmo chiedere quale nome di elezione e quali pronomi preferisce utilizzare per descriversi, e usare quelli». Ikea si impegna anche a riconoscerli su targhette, badge identificativo, bacheche e mail.

Un altro punto riguarda le interazioni con i clienti: «Se una persona che sta affrontando un percorso di transizione dovesse lavorare con dei clienti che mostrano delle resistenze nei suoi confronti, Ikea sarà sempre dalla parte del dipendente». L’azienda ha lavorato a questa policy «includendo nel gruppo di lavoro una persona transgender che ha effettuato il percorso di transizione molti anni fa, quando già lavorava all’interno della nostra azienda. Abbiamo sentito la necessità di mettere a sistema tante cose e aggiungere il tema dei permessi guardando al futuro e alla generazione Z, che tende a definire la propria identità di genere come sempre più fluida: questo è destinato a diventare un tema cardine, soprattutto per chi ha a che fare con le nuove generazioni, che si fanno portatrici di nuove esigenze».

Questa policy, il cui slogan è “Così come sei” è solo «l’ultimo passo di un percorso che parte più di 10 anni fa insieme a Parks - Liberi e Uguali, di cui Ikea è una delle aziende fondatrici (insieme a Citi, Consoft, Eli Lilly, Johnson&Johnson, Linklaters, Telecom Italia, ndr)». Dal 2010 in avanti ci sono state diverse occasioni, attività di sensibilizzazione, eventi e policy organizzati intorno a inclusione e sostenibilità, anche verso le persone rifugiate.

«Siamo state una delle prime aziende a realizzare sondaggi per censire le persone appartenenti alla comunità Lgbtq+. Il 17 maggio del 2012, abbiamo esteso i trattamenti aziendali riservati ai dipendenti coniugati e alle coppie di fatto eterosessuali, anche alle coppie di fatto composte da membri dello stesso sesso», spiega Buonvino. Si tratta di iniziative che impattano anche sulla produttività, soprattutto in termini di miglioramento del clima aziendale e del team, che portano con sé maggiore creatività, apertura, dialogo.

Il motivo, secondo l’Equality, Diversity & Inclusion Leader, è «la matrice svedese». Ikea, che a settembre dello scorso anno contava più di 1 miliardo di clienti globali, più di 231.000 collaboratori e 460 negozi, «è un’azienda che da 80 anni esiste nel mondo, da quasi 35 in Italia, e non si limita a costruire mobili. Ha sempre cercato di portare avanti tematiche che per la Svezia, come per tutto il Nord Europa, fanno parte della cultura delle persone. Essere portatori di determinati messaggi è un po’ nel DNA di un’azienda nord europea, così come credere che certi valori siano valori importanti per la società», spiega Buonvino.

«L’anno scorso abbiamo messo la bandiera Lgbtq+ fuori dai nostri negozi, in occasione del 17 maggio, per dire: “Noi siamo veramente aperti a tutti”. E non lo facciamo per essere interessanti per i nostri consumatori o per i nostri dipendenti, ma per comunicare che in una società in cui ognuno deve fare il suo, anche Ikea contribuisce a un mondo più aperto e inclusivo».

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