Futuro

La pipì potrebbe salvare il mondo

Il riciclo e la trasformazione dell’urina è già una realtà in Svezia, Francia, Sud Africa. Dove si impiega come fertilizzante, nei processi industriali. E diventa una pratica virtuosa per sprecare meno acqua
"Fontana", l'opera ready-made realizzata dall'artista Marcel Duchamp nel 1917 che ha le sembianze di un orinatoio
"Fontana", l'opera ready-made realizzata dall'artista Marcel Duchamp nel 1917 che ha le sembianze di un orinatoio
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
10 febbraio 2022 Aggiornato alle 15:06

C’è un’isola, la più grande della Svezia, che ripone le sue speranze in qualcosa che non si esaurirà mai, almeno finché l’umanità non si estinguerà: l’urina. Gotland, con i suoi tetti a punta rossi e le imponenti mura medievali, non gode di grandi quantità di acqua dolce e l’agricoltura e i sistemi fognari del Paese danneggiano anche quella salata. E così, immersa nel Mar Baltico, l’isola ha cercato una soluzione a portata di mano, e l’ha trovata nella toilette.

Come riporta la rivista scientifica di fama mondiale Nature, a partire dal 2021 un team di ricercatori dell’Università svedese di scienze agrarie, a Uppsala, ha iniziato a collaborare con un’azienda locale per raccogliere più di 70.000 litri di urina in 3 anni da orinatoi senza acqua e servizi igienici specializzati sparsi in diverse località durante la stagione turistica estiva.

Il processo consiste nell’essiccare l’urina in pezzi che hanno una consistenza simile a quella del cemento, martellarli e ottenere una polvere che, pressata, può essere trasformata in pellet e utilizzata come fertilizzante per le colture locali. Un agricoltore svedese, per esempio, lo usa per l’orzo destinato a diventare birra che, a sua volta, rientra poi in questo loop di riciclo.

Secondo i ricercatori è necessario sfruttare il riutilizzo dell’urina su larga scala, fornendo un modello da seguire alle regioni di tutto il mondo. Quello di Gotland non è l’unico progetto esistente che accosta urina e sostenibilità: in molti laboratori negli Stati Uniti, in Australia, in Svizzera, in Etiopia e in Sud Africa, si studia un modo per separare l’urina dal resto delle acque reflue.

In Oregon e nei Paesi Bassi gli orinatoi senz’acqua si collegano ai sistemi di trattamento sottoterra, mentre a Parigi è in programma l’installazione di servizi igienici per la deviazione dell’urina in un eco-quartiere di 1.000 residenti in costruzione nel 14° distretto della città. Nella sua sede parigina l’Agenzia spaziale europea metterà 80 servizi igienici per la deviazione delle urine, sistema che inizierà a funzionare entro la fine dell’anno.

Ma che benefici ha la pipì per l’ambiente? Essendo ricca di sostanze nutritive, di potassio e molti micronutrienti, può fungere da fertilizzante per le colture o alimentare i processi industriali. Secondo le stime di Prithvi Simha, ingegnere di processi chimici presso l’Università di Uppsala, gli esseri umani producono abbastanza urina da poter sostituire circa un quarto degli attuali fertilizzanti a base di azoto e fosforo in tutto il mondo. E il vantaggio ambientale sta anche nel risparmio: meno urina nello scarico significa meno quantità di acqua buttata, cosa che allunga la vita ai sistemi fognari sovraccarichi.

I problemi sono principalmente due: costruire impianti di separazione dell’urina costa parecchio e diffondere il concetto che la pipì sia utile e possa essere riutilizzata, pure. La società è restia ad accettarlo. Come spiega la biologa Lynn Broaddus, consulente per la sostenibilità a Minneapolis, in Minnesota, ed ex presidente della Water Environment Federation ad Alexandria della Virginia, la separazione e il riuso delle urine è una «drastica rivisitazione di come usiamo i servizi igienico-sanitari umani» che diventerà sempre più cruciale man mano che le società combatteranno la carenza di energia, acqua e materie prime per l’agricoltura e l’industria.

In passato alcune società utilizzavano l’urina non solo per concimare i raccolti, ma anche per conciare la pelle, lavare i panni e produrre polvere da sparo. Poi, tra la fine del diciannovesimo e l’inizio del ventesimo secolo, il moderno modello di gestione centralizzata delle acque reflue proveniente dall’Inghilterra mise in un angolo l’urina. Il suo posto era lo scarico, niente di più, niente di meno. Anche se il 57% della popolazione mondiale non è collegato a sistemi fognari centralizzati: gli scienziati stanno lavorando a progetti che li rendano più sostenibili, meno inquinanti e più economici. Uno studio statunitense ha dimostrato che la separazione dell’urina potrebbe portare a una riduzione delle emissioni di gas serra fino al 47%, del consumo di energia fino al 41% e del 50% dell’uso di acqua dolce.

Tra i progetti in auge, uno è finanziato dalla Bill&Melinda Gates Foundation di Seattle, mentre un produttore con sede in Svizzera ne sta producendo uno per il mercato europeo. Anche in Sudafrica l’urina riciclata va forte. Come ha affermato Tove Larsen, ingegnere chimico presso l’Istituto federale svizzero di scienza e tecnologia acquatica di Dübendorf, «è l’unica tecnologia in grado di apportare nutrienti alle famiglie in un tempo ragionevole. Ma le persone devono vincere le reticenze».

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