Ambiente

Crisi climatica: quanto ne parlano Tg e quotidiani?

Troppo poco, secondo il report Greenpeace e Osservatorio di Pavia. 5 dei principali quotidiani italiani e diversi telegiornali continuino a non considerare “il cambiamento climatico una emergenza”
Credit: ArtHouse Studio
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18 aprile 2023 Aggiornato alle 18:00

Anche quest’anno è uscito il rapporto di Greenpeace e l’Osservatorio di Pavia per comprendere quanto sui media italiani si parli di clima e anche quest’anno - mentre continuano a non essere presi in considerazione i media online dove circolano la maggior parte delle notizie sul tema - su carta stampata e telegiornali secondo quanto risulta all’associazione ambientalista la crisi climatica non viene ancora né vista né raccontata - per spazi e sforzi - come una emergenza.

I risultati del rapporto ci indicano infatti, in linea con il trend degli ultimi anni, che sui mezzi di comunicazione più “antichi” il collasso del clima e la salute del Pianeta non sono oggi fra gli argomenti principali riportati dai giornalisti.

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L’analisi, da gennaio a dicembre 2022, si è focalizzata – senza includere inserti o pubblicazioni a parte – sui cinque quotidiani nazionali più diffusi (Corriere della Sera, La Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire, La Stampa), e sui telegiornali serali delle reti Rai, Mediaset e La7 , oltre a un campione di programmi televisivi di approfondimento.

Parlando di carta stampata emerge che il numero di articoli pubblicati dai principali quotidiani italiani sul tema “clima” è intorno a una media di 2 articoli al giorno.

Ci sono stati picchi di pubblicazioni estive (a luglio, per esempio per parlare di siccità) e in autunno, così come a novembre in occasione della Cop27 in Egitto e dell’alluvione di Ischia.

L’analisi mostra anche come lo spazio per la pubblicità dell’industria legata a combustibili fossili, aziende automotive, trasporti aerei o crociere e altri settori potenzialmente responsabili delle emissioni, ha più o meno pari spazio sui giornali: in media 2 pubblicità del genere al giorno “evidenziando così la forte dipendenza della stampa italiana dai finanziamenti delle aziende inquinanti” scrive Greenpeace.

Interessante – anche visti i continui segni meno davanti alle vendite in edicola e il declino che sta purtroppo vivendo la carta stampata (che continua a reggersi sulla pubblicità) –, sarebbe capire oggi l’interesse della rete e del circuito dei giornali online per le tematiche del clima, ma il report non fornisce questi dati.

Emerge invece che – per la carta stampata – l’influenza del mondo economico nel racconto mediatico del clima e l’ecologia è spesso decisiva: “Al primo posto si trovano infatti i rappresentanti dell’economia e della finanza (16%), che superano politici e istituzioni internazionali (15%), esperti (13%) e associazioni ambientaliste (13%). I politici e le istituzioni nazionali si fermano all’11%, a conferma del sostanziale disinteresse della politica italiana verso la crisi climatica, documentata anche durante l’ultima campagna elettorale” scrive Greenpeace.

Se poi si passa ai telegiornali viene fuori che la crisi climatica è argomento principale di appena il 2% delle notizie trasmesse. “Studio Aperto e Tg1 sono i telegiornali che in percentuale hanno dedicato più spazio al problema” sostengono Greenpeace e Osservatorio di Pavia, “mentre fanalino di coda si conferma il Tg La7 di Enrico Mentana, con appena l’1% dei servizi trasmessi”.

Interessante notare che quando tragedie e notizie principali sono di carattere climatico, per esempio dal dramma del ghiacciaio della Marmolada ai record di caldo sino a incendi o siccità, soltanto in un quarto delle notizie trasmesse nei Tg vengono messi in connessione questi fenomeni con i cambiamenti climatici.

Poi ci sono i programmi di approfondimento: in questo caso il report ha deciso di prendere in considerazione praticamente tutti programmi il cui focus principale è la politica o l’economia, tranne Unomattina che è più generalista.

Dal rapporto emerge che gli eventi climatici estremi sono al primo posto nella narrazione legata al clima: i programmi di approfondimento hanno affrontato la crisi climatica in 218 delle 1.223 puntate monitorate, pari al 18% del totale.

Come facile immaginare, visto l’ampio spettro dei temi trattati, Unomattina è il programma con il maggior numero di puntate dedicate (90). Cartabianca su Rai3 è invece quello con la maggior frequenza rispetto alle puntate trasmesse (39%) e in fondo alla classifica si trovano le due trasmissioni di La7 L’Aria che tira (8%) e Otto e mezzo/In Onda (6,5%), “a conferma della scarsa attenzione mostrata da questa rete televisiva al riscaldamento globale” si legge nell’analisi.

«Un anno di rigoroso monitoraggio sui principali media italiani dimostra senza equivoci che, nonostante l’intensificarsi degli eventi estremi sia ormai realtà anche in Italia, la crisi climatica non viene raccontata per quello che è: un’emergenza che minaccia la vita sul pianeta e la sicurezza delle persone», ha dichiarato Giancarlo Sturloni, responsabile della comunicazione di Greenpeace Italia.

«Il giornalismo ha un ruolo cruciale e una grande responsabilità, ma occorre liberare la stampa e la televisione dal ricatto economico delle aziende dei combustibili fossili che, con le loro “generose” pubblicità infarcite di greenwashing, inquinano anche l’informazione e ostacolano con ogni mezzo la transizione energetica verso le rinnovabili».

Infine, il report propone un approfondimento in grado di stilare una sorta di “classifica per l’anno 2022 dei principali quotidiani italiani” rispetto a quanto si occupano di clima.

Anche in questo caso ci si riferisce esclusivamente alla carta stampata. Greenpeace ha quindi usato cinque parametri (quanto parlano della crisi climatica; se tra le cause citano i combustibili fossili; quanta voce hanno le aziende inquinanti; quanto spazio è concesso alle loro pubblicità; se le redazioni sono trasparenti rispetto ai finanziamenti ricevuti dalle aziende inquinanti) per stilare la sua classifica: considerando questi punti a raggiungere la sufficienza c’è solo Avvenire (3 su 5), seguita da La Repubblica (2,4), Corriere della Sera (2,2), La Stampa (2,2) e fanalino di coda Il Sole 24 Ore (2) dato che “risente della maggiore influenza da parte delle aziende inquinanti”.

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