Diritti

MeToo: anche Playboy cambia rotta?

Per molti anni la linea editoriale del magazine si è focalizzata sulla sessualizzazione del corpo femminile. Dopo la morte del fondatore Hugh Hefner, il brand ha deciso di “trasformarsi”
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20 aprile 2023 Aggiornato alle 14:00

Sono passati quasi 70 anni da quando Hugh Hefner ha pubblicato il primo numero della rivista Playboy, che conteneva una foto di Marilyn Monroe ottenuta a sua insaputa (e, quindi, pubblicata senza il suo consenso).

In effetti, nonostante con il marchio abbia sempre professato di supportare i diritti delle donne e cause come l’aborto, per molte persone la linea editoriale si è retta per anni e anni sull’utilizzo dell’immagine del corpo femminile come forma d’intrattenimento per un pubblico maschile. Fotografie, tralasciando rare eccezioni, stereotipate ai massimi livelli: donne magre, bianche, bionde. Nel tempo, il rapporto del magazine con le femministe è stato davvero complicato.

Jennifer Lena, sociologa e professoressa alla Columbia University, ha descritto al Guardian il “fenomeno Playboy”: un punto di riferimento per la sessualità femminile che ha portato a un modo di pensare le donne che si è rivelato, successivamente, “un ostacolo al progresso”.

Invece di incoraggiare la libera espressione delle donne l’idea di poter definire i corpi “secondo i propri termini”, scrive il quotidiano britannico, Playboy ha iniziato a rappresentarle come “le ragazze della porta accanto sessualmente disponibili” e ha reso la nudità femminile “sinonimo della realizzazione dei desideri maschili in una società patriarcale e maschilista”.

Inoltre, anche il rapporto di Hefner con le donne è stato molto dibattuto negli ultimi anni, in particolare con la docu-serie uscita nel 2022 Playboy: Le ombre di un impero, che ha riportato dettagliatamente le accuse di cattiva condotta sessuale e abusi di potere nei suoi confronti.

Anche la sua ex fidanzata Holly Madison ha rilasciato delle dichiarazioni nel suo libro Down the Rabbit Hole (2015), affermando di essere stata trattata da Hefner come “un animale domestico glorificato”.

Da quando l’editore statunitense è morto nel 2017, tuttavia, la redazione è cambiata: è composta per l’80% da donne e ha rilasciato una dichiarazione a sostegno delle testimonianze riportate in Playboy: Le ombre di un impero, definendo le azioni di Hefner “ripugnanti”. Inoltre, nella stessa nota, il team ha precisato che il marchio non è più affiliato alla famiglia Hefner e che si sarebbe concentrato su valori in linea con la positività sessuale e la libera espressione. La società ha anche realizzato un’app, Playboy Centerfold, che consente a persone abbonate di visualizzare contenuti in esclusiva e avere interazioni con le creatrici.

Molte donne hanno supportato la nuova linea: infatti, la ministra francese Marlène Schiappa ha posato recentemente per Playboy con un abito bianco, rilasciando alla redazione un’intervista di 12 pagine in cui parla di femminismo, diritti e libertà delle donne, ecologia, politica e letteratura. E alle critiche ricevute ha risposto: «Difendere il diritto delle donne di avere il controllo del proprio corpo è importante ovunque e sempre. In Francia le donne sono libere. Con buona pace dei detrattori e degli ipocriti».

Ma altre ragazze, soprattutto della Gen Z, sembrano non sentirsi più rappresentante dalla sex positivity. La giornalista ed editorialista del New York Times Michelle Goldberg ha scritto che “il femminismo dovrebbe alleviare parte della dissonanza tra ciò che le donne vogliono e ciò che sentono di dover volere. Il femminismo sessualmente positivo è stato in grado di farlo per le donne che si sentivano circondate da tabù sessuali e spinte a negare le proprie eccitazioni. Ma oggi sembra meno rilevante per le donne che si sentono brutalizzate dall’aspettativa di essere aperte a qualsiasi cosa”.

Inoltre, nell’articolo di BuzzFeed News Queste donne della generazione Z pensano che la positività sessuale sia sopravvalutata, una 23enne ha dichiarato: «Penso che la positività sessuale sia un po’ banale e ingenua per i nostri tempi. Prima era una risposta alla repressione (e l’ho trovata molto utile mentre stavo disimparando gli atteggiamenti religiosi anti-sesso con cui sono cresciuta, specialmente da adolescente bisessuale) ma ora sembra un po’ passé». Un’altra ragazza nella stessa intervista ha definito la sex positivity un «un riconfezionamento del patriarcato».

La redazione di Playboy ha dichiarato che il motto dell’azienda è cambiato da “Intrattenimento per uomini” a “Piacere per tutti”. Ma, come scrive Goldberg, ora che i vecchi ideali sono caduti, abbiamo bisogno di qualcosa di nuovo: non contro il sesso, ma contro l’ipersessualizzazione. Per un piacere che si possa esprimere liberamente.

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