Ambiente

Centrali a carbone: perché dobbiamo accelerarne la chiusura

Gli impianti energetici vanno smantellati 4,5 volte più velocemente rispetto alle politiche attuali. Altrimenti, rischiamo di non rispettare il limite di 1,5 gradi di aumento delle temperature entro il 2100
Credit: Kemal Jufri/Greenpeace
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7 aprile 2023 Aggiornato alle 18:00

La fine dell’uso del carbone come fonte energetica è uno degli obiettivi principali dei piani climatici sottoscritti alle COP, ma nel 2022 la quantità della capacità installata delle centrali a carbone è cresciuta circa dell’1% a livello mondiale, nonostante le chiusure degli impianti avviate dalle nazioni avanzate e da diversi Paesi in via di sviluppo. Questo è il quadro che emerge dal report annuale della Ong Global Energy Monitor, impegnata a monitorare il consumo di carbone e i progetti energetici in via di sviluppo.

Lo smantellamento degli impianti energetici estremamente inquinanti ha determinato un calo di 26 GW legati al carbone, mentre altri 25 GW dovrebbero calare ulteriormente entro il 2030. Ma nonostante il phase out in corso, guidato dagli Usa con 13,5 GW ritirati nel 2022, altre nazioni hanno continuato a investire sul carbone, in primis la Cina.

A partire dal 2021 il Dragone ha compensato i cali globali con un nuovo boom dei progetti energetici legati al risorsa fossile più inquinante, sorpassando il resto del mondo, con un ulteriore incremento nel 2022. L’aumento è stato pari al 38%, da 266 GW a 366 GW.

Questo pericoloso incremento va nella direzione opposta rispetto alle indicazioni dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), che ha ripetutamente ribadito la necessità di eliminare rapidamente l’uso del carbone per mitigare la crisi climatica-ambientale e rispettare il limite di 1,5 gradi di aumento delle temperature: «I progressi nel ritiro delle centrali a carbone nelle nazioni avanzate e nell’annullamento dei nuovi progetti energetici a carbone nei Paesi in via di sviluppo, nonostante la crisi del gas che ha scosso i mercati energetici globali nel 2022, sono incoraggianti. Al di fuori della Cina, la risposta alla crisi energetica è stata dominata dagli investimenti in energia pulita. La Cina ha spinto nella direzione opposta, aumentando drasticamente la capacità pianificata di energia a carbone, evidenziando la necessità di implementare soluzioni pulite e una migliore applicazione delle politiche esistenti che dovrebbero limitare i nuovi progetti di energia a carbone», ha dichiarato nel report Lauri Myllyvirta, capo-analista del Centre for Research on Energy and Clean Air (Crea).

Per rispettare pienamente i piani di mitigazione climatici il phase out del carbone dovrebbe essere completato entro il 2030 da parte della nazioni dell’Organisation for Economic Co-operation and Development (Oecd), con un calo annuale pari a 60 GW. Le restanti Nazioni del Pianeta invece dovrebbero raggiungere l’obiettivo per il 2040, con un calo di 91 GW annuali. Una notevole accelerazione del phase out, 4,5 superiore alla velocità attuale, che potrebbe essere ottenuta con l’eliminazione dei finanziamenti privati e pubblici, e un divieto totale dei nuovi progetti energetici.

Ma nonostante gli allarmi lanciati dalle istituzioni internazionali, la Repubblica Popolare Cinese persiste nell’approvazione e costruzione delle centrali a carbone per questioni legate alla sicurezza economica ed energetica. Desta ulteriori preoccupazioni anche la nazione indiana, che ha approvato un incremento pari 28,5 GW nel prossimo futuro, mentre altri 32 GW sono in costruzione. Un’espansione che sta determinando un aumento dello sfruttamento dei siti carboniferi per il periodo 2023-2024.

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