Diritti

Downshifting, perché fai tendenza?

In Francia sta crescendo la tendenza ad abbandonare carriere ben pagate ma “difficili” per dedicarsi a mestieri che garantiscono maggiore tempo libero e soddisfazioni (anche se meno retribuiti)
Credit: Karen Maes
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
7 aprile 2023 Aggiornato alle 14:00

Mai sentito parlare di downshifting? La definizione del Cambridge Dictionary dice che si tratta della “pratica di lasciare un lavoro ben pagato e difficile per fare qualcosa che dia più tempo e soddisfazione, ma meno soldi”.

Nel 1999 Judy Jones, autrice del libro “Downshifting - The bestselling guide to happier, simpler living” (Downshifting - La guida più venduta per una vita più felice e più semplice) scriveva sul Guardian che i downshifter “hanno bisogno di una pelle dura”. È stata corrispondente per The Indipendent e The Observer per 15 anni prima di licenziarsi e diventare parte di coloro che “la stampa” definiva “sempliciotti egoisti, pigri, ingenui”. Si tratta di casi sempre meno isolati, alternativi al quite quitting. Secondo un’analisi di The Conversation, è un fenomeno diffuso in Francia e in altre società occidentali.

Chi ha un elevato livello di istruzione è sempre più attratto dal mondo dell’artigianato e dei lavori manuali. A gennaio 2022, il 26% dei lavoratori francesi stava prendendo in considerazione un cambiamento di carriera a lungo termine, mentre il 21% era in procinto di cambiare carriera. Per i sociologi, spiega il dottorando in Sociologia dell’Aix-Marseille Université, Antoine Dain, il passaggio a un mestiere artigianale “manuale” potrebbe essere inteso come una sorta di “declassamento volontario” per chi ha fatto carriera o è altamente istruito. Il ricercatore ha intervistato 55 downshifters per comprendere le loro ragioni.

La prima cosa che emerge è che la maggioranza di chi cambia carriera dà priorità a una vita lavorativa soddisfacente e appagante, piuttosto che al prestigio dello status professionale. La dimensione del guadagno è stata in parte tralasciata perché gli intervistati disponevano di una sicurezza economica, dai sussidi di disoccupazione al reddito del coniuge, dal sostegno dei parenti a risparmi pregressi o beni immobili.

Si tratta di una scelta riservata a pochi eletti e privilegiati che possono permettersi di non avere un’entrata economica? Di recente il Financial Times ha raccontato la storia di Paul Richardson, un uomo che nel 1989 ha abbandonato Londra e il suo lavoro per passare da Ibiza e finire a vivere in - e dei prodotti di - una fattoria in Spagna.

Chi compie una scelta simile ha anche un altro tipo di sicurezza: quella di poter tornare a un lavoro più qualificato grazie ai loro titoli di studio o alle precedenti esperienze professionali nel momento in cui niente va come dovrebbe. «In queste condizioni, chi cambia carriera e cerca un lavoro più in linea con i propri valori può permettersi di oltrepassare i confini socio-professionali», scrive Dain.

L’artigianato e i lavori manuali richiedono livelli di istruzione inferiori e, generalmente, conferiscono un reddito più basso o più irregolare, ma i downshifters si concentrano più sul proprio livello di soddisfazione. Solo in rari casi gli intervistati si sono sentiti “declassati”. Molti hanno valutato il loro precedente mestiere privo di significato e ricco di altri difetti come la sedentarietà, la permanenza in ambienti chiusi, il tempo trascorso seduti e la sensazione di improduttività che il lavoro “intellettuale” talvolta comporta.

L’artigianato e i lavori manuali permettono di lavorare all’aria aperta e sono apprezzati per il loro carattere “concreto”: ciò che viene prodotto è tangibile, così come lo sono gli sforzi che hanno portato a quel risultato. L’attività artigianale spesso consente anche di supervisionare tutte le fasi della produzione, in contrasto con la divisione del lavoro troppo marcata delle precedenti occupazioni.

«La sfida - spiega il ricercatore - sta nella possibilità di beneficiare di una maggiore autonomia, sia tecnica (padroneggiare tutti i compiti necessari per realizzare il prodotto) sia organizzativa (non dipendere da altri per svolgere la propria attività)».

La preoccupazione per l’autonomia professionale è dimostrata dall’altissima percentuale di lavoratori autonomi che cambiano carriera nel brevissimo periodo: l’accesso all’indipendenza, in questo caso, diventa una condizione essenziale per la riqualificazione nelle occupazioni manuali e artigianali. La scrittrice Judy Jones sostiene che, chiaramente, il lavoro autonomo ha dei costi, “non hai più un datore di lavoro, ma dei clienti”. Eppure rimpiange i fallimenti vissuti negli anni precedenti. “Passare al lavoro autonomo è come liberare un animale domestico in libertà”, scrive Jones. “Una lezione di evoluzione”.

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