Ambiente

I Paesi del Golfo espandono i loro progetti Oil & Gas

Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti stanno adottando politiche economiche e industriali che aggraveranno la crisi climatica in corso
Credit: Sobhan Farajvan/Pacific Press via ZUMA Press Wire
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11 aprile 2023 Aggiornato alle 07:00

La decisione di tagliare la produzione di petrolio da parte dell’Arabia Saudita e degli altri Paesi membri dell’Opec+ ha sorpreso i mercati finanziari e destato forte disapprovazione nelle nazioni occidentali, a partire dagli Stati Uniti preoccupati dallo shock energetico e inflazionistico. Il regno saudita intende diminuire l’estrazione giornaliera di 500.000 barili da maggio fino alla fine dell’anno, in modo da mantenere un livello dei prezzi petroliferi con un range fra gli 80 e i 100 dollari al barile.

Secondo Kristian Coates Ulrichsen, esperto del Baker Institute for Public Policy, i sauditi hanno necessità di finanziare ambiziosi mega-progetti legati al piano Vision 2030 del principe ereditario Mohammed bin Salman: «Questo interesse interno ha la precedenza nel processo decisionale saudita rispetto alle relazioni con i partner internazionali ed è probabile che rimanga un punto di attrito nelle relazioni Usa-Arabia Saudita per il prossimo futuro, anche non tenendo conto della questione russa».

Il principe saudita da tempo persegue una strategia volta a trasformare l’economia interna, puntando sulla finanza, il turismo e lo sviluppo di nuove città futuristiche high-tech nel deserto. Per raggiungere questi obiettivi entro la fine del decennio, il Regno sta ampliando lo sfruttamento delle risorse fossili attraverso gli investimenti della società energetica nazionale Saudi Aramco in numerosi progetti Oil & Gas.

Grazie al record di profitti ottenuti nel 2022, pari a 161 miliardi di dollari, la società energetica ha intenzione di accelerare 90 progetti nei prossimi 3 anni: «Sembra di essere tornati in uno degli anni del boom e nei prossimi 7 anni, questa potrebbe essere l’ultima grande spinta per Aramco e altre compagnie petrolifere nazionali prsenti nella regione per espandere le capacità di sfruttamento», ha dichiarato un appaltatore durante il forum dedicato al programma In-Kingdom Value Add a Dhahran.

Oltre alla Potenza saudita, anche gli Emirati Arabi Uniti hanno intrapreso l’espansione dei propri progetti Oil & Gas, nonostante siano la nazione che quest’anno ospiterà la 28esima edizione delle Cop. Un’inchiesta del giornale inglese The Guardian ha rivelato che gli Emirati hanno il terzo più grande piano di espansione del settore, dopo quello del Qatar e dell’Arabia Saudita.

Il Ceo della società energetica nazionale Adnoc e ministro dell’Industria Sultan Ahmed Al Jaber sta supervisionando l’incremento degli investimenti, pari 150 miliardi di dollari nei prossimi 5 anni, con l’intenzione di aggiungere alla produzione nazionale 7,6 miliardi di barili spalmati sul prossimo quinquennio.

L’attuazione di questi progetti potrebbe vanificare completamente gli sforzi contro la crisi climatica-ambientale secondo l’opinione di Nils Bartsch, della Ong tedesca Urgewald: «I nuovi dati mostrano che la nomina di Sultan Al Jaber a presidente della Cop28 è una presa in giro della Cop come istituzione. La nomina di un dirigente del settore petrolifero e gas mostra una totale mancanza di consapevolezza dei problemi in questione. È un segnale politico fatale per il mondo».

Allo stesso tempo Tasneem Essop, direttore esecutivo di Climate Action Network International, ha ribadito che «mentre Al Jaber ha chiesto azioni coraggiose per rimanere al di sotto degli 1,5°C, le sue azioni non corrispondono alla sua retorica».

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