Ambiente

La ricetta per il clima del Presidente petroliere di Cop28

Comincia a delinearsi la visione del sultano Al Jaber: non intende rinunciare ai combustibili fossili, ma chiede più tecnologie di stoccaggio CO2 e maggiori investimenti su energie pulite
Credit: EPA/ALI HAIDER
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18 gennaio 2023 Aggiornato alle 16:00

Dopo una lunga scia di polemiche legate alla sua nomina, il presidente appena designato a capo della futura Cop28 di Dubai, il sultano Al Jaber che è anche Ceo di una delle più importanti multinazionali del petrolio, inizia a tracciare la sua idea di cammino per la lotta alla crisi climatica.

Parte riconoscendo – come è ormai chiaro - che siamo sulla cattiva strada per raggiungere l’obiettivo mondiale di restare sotto i +1.5° rispetto ai livelli preindustriali. Già, ma come fare per abbattere le emissioni climalteranti? La scienza e anche la IEA (Agenzia internazionale per l’energia) ci dicono chiaramente che non bisognerebbe più bruciare combustibili fossili. Stesso principio chiesto con forza anche dai giovani attivisti, vedi la petizione di Greta Thunberg, Vanessa Nakate e altri attiviste, indirizzata ai potenti ora riuniti a Davos: basta a nuovi impianti del fossile, basta puntare sul petrolio, il gas oppure il carbone (come sta accadendo a Lutzerath in Germania).

Il sultano, fresco di nomina alla guida della futura Conferenza delle Parti sul clima che si terrà a Dubai, è d’accordo su questo? La risposta è nì. Al Jaber sostiene infatti che per riuscire a centrare l’obiettivo la prossima Cop dovrà essere “d’azione”, non solo di parole. Dunque bisognerà passare a obiettivi concreti: per farlo dice Al Jaber - che è anche presidente di Masdar (società di energia pulita) - dovremo triplicare da qui al 2030 la produzione di energia rinnovabile. Non solo: dovremmo anche raddoppiare quella di idrogeno a basse emissioni di carbonio.

Allo stesso tempo però, al contrario di quanto chiedono attivisti e scienziati, per centrare questi obiettivi continuando a garantire l’energia per il fabbisogno mondiale, bisognerà insistere ancora con petrolio e gas. Il sultano infatti sposa il concetto di un mix energetico dove quel greggio che conosce bene, dato che è Ceo di una multinazionale di petrolio degli Emirati (la Adnoc), dovrà continuare a essere estratto e lavorato. A patto però che questo avvenga “riducendo le emissioni”.

Come giustifica infatti la possibilità di continuare a puntare su petrolio, gas e carbone? Con le tecnologie di stoccaggio di anidride carbonica” e quelle di “riduzione delle emissioni”, in sostanza quei sistemi - spesso criticati perché non così efficaci su larga scala - per riuscire a contenere le emissioni e avere un impatto minore sull’atmosfera. “Siamo fuori strada - ha raccontato il sultano parlando degli obiettivi climatici futuri - e dobbiamo andare molto più lontano e molto più velocemente. Stiamo recuperando terreno nei nostri sforzi per mantenere in vita l’obiettivo 1,5°C. Dobbiamo invertire le emissioni mentre facciamo progredire le economie, consentire una transizione inclusiva e giusta che non lasci indietro nessuno. Ecco perché siamo determinati a rendere Cop28 una Cop di azione”.

Durante la settimana della sostenibilità che si è svolta ad Abu Dhabi, il presidente della futura Cop ha sottolineato a più riprese - nonostante il ruolo ben noto di paese produttore di petrolio - come gli Emirati affrontano la questione climatica con “umiltà, un profondo senso di responsabilità e un grande senso di urgenza”. Poi ha parlato appunto dell’esigenza di investire sulle rinnovabili, concetto su cui gli Emirati “investono da tempo” e sul quale lo stesso sultano ha ricevuto - per il suo impegno green - una sorta di endorsement da parte del Commissario al clima e vicepresidente della Commissione Ue Frans Timmermans, che ha approvato a parole la sua nomina recente. Come Timmermans anche l’inviato per il clima degli Stati Uniti John Kerry lo ha elogiato: “Al Jaber ci aiuterà a riunire tutte le parti interessate necessarie per muoversi più velocemente e su larga scala”.

Se da una parte continuano le polemiche per la scelta di porre alla guida della Cop28 un petroliere, dall’altra il mondo della politica e dell’economia ora iniziano dunque a guardare con attenzione alla possibilità che il sultano – uomo che punta a 100 GW di capacità di energia rinnovabile entro il 2030 - sia in grado di trainare davvero il mercato delle rinnovabili e garantire la transizione ecologica. Ci riuscirà? E come permetterà una transizione “equa e giusta” senza tenere conto dell’impatto dei combustibili fossili? Quel suo modo di parlare semplicemente di “petrolio e gas a minor intensità di carbonio”, prima di convincere davvero, dovrebbe trovare applicazioni coerenti nella realtà, magari approvate anche dalla scienza, cosa che per ora non sta avvenendo.

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