Ambiente

Coldiretti: “Mancano all’appello 4 miliardi di metri cubi di acqua”

Non inganni il maltempo di Pasqua: le piogge e imbiancate previste non saranno sufficienti a contrastare la siccità
Credit: Angelika Warmuth/Dpa
Tempo di lettura 4 min lettura
5 aprile 2023 Aggiornato alle 14:00

Una “maledetta primavera” che non porta né sole né le tanto auspicate precipitazioni necessarie per dare un po’ di sollievo alla terra secca e priva di acqua.

In questi giorni pasquali l’Italia sarà interessata da venti secchi e gelidi, un fronte artico che porterà rovesci a nord ovest (Piemonte e Liguria soprattutto) e piogge al centro sud e qualche sporadica imbiancata qua e là lungo l’Appennino.

Un tempaccio, caratterizzato da venti come bora e grecale, che però non ci aiuta rispetto all’emergenza peggiore che stiamo vivendo e di cui purtroppo rischiamo di sperimentare gli effetti già a inizio estate: una siccità senza fine.

Come noto, il cambiamento climatico esaspera gli effetti meteo, rendendoli più intensi: o piove troppo poco, come accaduto finora nel nord del Paese, oppure in maniera troppo intensa, creando danni e disagi.

Le temperature in media più alte e le stagioni che si allungano e cambiano accelerano i ritmi vegetativi e le piante “sbocciano” prima: quando all’improvviso arrivano venti freddi come quelli della settimana di Pasqua e le temperature scendono, le gelate compromettono ulteriormente i raccolti. E se successivamente non pioverà in maniera moderata ma costante, per esempio si spera a maggio, a inizio estate la terra secca darà pochissimi frutti, con danni enormi per l’agricoltura.

Il vero problema è che non abbiamo accumulato questo inverno riserve idriche tali da farci pensare, a oggi, che ci sia una via d’uscita a questo dramma. Secondo Fondazione Cima infatti a metà inverno si registrava un deficit di neve del -63%, aggravato ulteriormente nelle ultime settimane, e per Coldiretti mancano all’appello quasi 4 miliardi di metri cubi d’acqua (di cui una buona parte è assente soprattutto in regioni come Lombardia e Piemonte).

Di conseguenza il 2023 a livello di siccità potrebbe essere peggio anche dello scorso anno.

Una nuova ricerca, condotta da un team di ricercatori dell’Università di Padova e dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche di Bologna, ci dice inoltre che sulle Alpi non c’è mai stata così poca neve negli ultimi 600 anni. Per determinarlo gli studiosi si sono affidati alla natura stessa: ci sono riusciti studiando le piante di ginepro e registrando i suoi anelli di accrescimento in grado di fornire segni sulla copertura nevosa. Dai modelli sviluppati gli esperti ci dicono che “stiamo vivendo qualcosa senza precedenti”.

Informazioni che ci permettono di capire, in assenza di dati del passato, la triste evoluzione delle nostre montagne. Altri dati, come quelli di Fondazione Cima, ci ricordano che sulle Alpi siamo ormai a un deficit di neve del -69% rispetto alla media degli ultimi 12 anni e se si guarda a quello idrico del Po, “nutrito” proprio dall’acqua delle montagne, il deficit si attesta a -66%.

Tutte cifre che ci ricordano l’estrema sofferenza del nostro territorio: non ingannino le “imbiancate” di questi giorni dall’Etna a Cuneo, dall’Abruzzo alle basse quote in Appennino, perché purtroppo si tratta solo di fenomeni lievi rispetto alla “cura” necessaria.

Cura che è ormai sempre più nitida sul lungo termine: per invertire la rotta, dobbiamo affrontare la questione delle emissioni che surriscaldano il Pianeta, oppure questa condizione attuale diventerà sempre peggiore.

Come ha ricordato Francesco Avanzi, ricercatore dell’ambito Idrologia e Idraulica di Fondazione Cima all’interno del report, «dobbiamo chiederci: che cosa abbiamo imparato dai precedenti deficit di neve? Innanzitutto, che le scarse risorse idriche nevose spesso portano a un calo della produzione di energia idroelettrica su scala alpina. In secondo luogo, che gli anni caldi e siccitosi come il 2022 vedono meno neve ma anche un maggiore fabbisogno di acqua per l’irrigazione. È una “tempesta perfetta” per le nostre montagne, che forniscono meno neve proprio quando avremo bisogno di più acqua del solito».

Leggi anche
Cambiamento climatico
di Emanuele Bompan 4 min lettura
La confluenza tra fiume Po e Ticino presso il Ponte della Becca (PV), nel marzo 2017.
Politica italiana
di Redazione 1 min lettura