Ambiente

Materie critiche e terre rare, la strada per smarcarsi dalla Cina è ancora lunga

Con il Critical Raw Materials Act l’Ue punta a estrarre e lavorare, dal litio al cobalto, materie necessarie per la transizione ecologica. Nello Stivale ci sono risorse dal Piemonte alla Sardegna. Eppure…
Credit: Lucas Aguayo Araos/dpa
Tempo di lettura 6 min lettura
3 aprile 2023 Aggiornato alle 14:00

L’indipendenza va cercata nel sottosuolo. Per smarcarci dal doppio filo delle importazioni e per puntare realmente su una transizione energetica basata sulle rinnovabili è fondamentale l’approvvigionamento delle materie prime critiche.

Si parla di minerali e terre rare decisivi per batterie, pannelli, pale eoliche, auto elettriche e via dicendo, dal litio al cobalto, dal tungsteno alla grafite, passando per una trentina di elementi fondamentali per le industrie tecnologiche, decisive per gli sviluppi industriali ed economici dei prossimi anni.

Un po’ come prima poteva essere per il gas russo, dipendenza da cui l’Europa si sta liberando, oggi per queste materie prime critiche l’Ue e l’Italia sono dipendenti dalla Cina: la grande potenza ci fornisce quasi il 98% delle terre rare, il 93% del magnesio e il 97% del litio.

Di conseguenza - se davvero vogliamo trovare una indipendenza - l’Europa dovrà estrarre quel che ha: da riserve che si trovano anche sul nostro arco alpino sino a un grande giacimento di terre rare scoperto a inizio anno in Svezia, dobbiamo puntare sulle risorse di casa nostra.

Questo è l’obiettivo che di recente ha ribadito anche l’Europa attraverso il suo piano Net Zero Industry Act che ha lo scopo di riuscire a produrre almeno il 40% delle tecnologie pulite in Europa e per farlo deve poter contare sulle proprie risorse.

Come ha spiegato la Presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen, «per raggiungere questo obiettivo, avremo bisogno di maggiore indipendenza e diversità per quanto riguarda i fattori di produzione chiave necessari per la nostra competitività. Sappiamo che in questo settore dipendiamo da un unico fornitore, la Cina» e tenendo conto che «la nostra domanda di questi materiali salirà alle stelle con l’accelerazione della transizione digitale e verde, si prevede che le batterie che alimentano i nostri veicoli elettrici faranno aumentare la domanda di litio di 17 volte entro il 2050. Per questo motivo, abbiamo presentato una legge sulle materie prime critiche per contribuire a diversificare e garantire l’approvvigionamento».

Dunque, dal mercato cibernetico a quello marittimo, dal digitale a quello spaziale, dalla difesa all’innovazione, è tempo di iniziare a contare sulle nostre forze, quelle europee. Lo sa bene anche l’Italia che, come ha spiegato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso in una recente intervista, sa che la transizione energetica e non solo «parte dalla terra, dai materiali fondamentali per costruire batterie e per immagazzinare l’energia prodotta con l’intera gamma delle fonti rinnovabili».

Motivo per cui dobbiamo «dotarci di capacità estrattiva», quella che in Europa è sviluppata attraverso un regolamento in via di approvazione noto come Critical Raw Materials Act indicando come almeno il 10% del consumo annuale di materie prime critiche dovrà essere estratto dentro i confini europei.

Inoltre, dice il regolamento, almeno il 40% del consumo annuale dell’Ue di materie critiche dovrà essere lavorato in Europa, il 15% del consumo annuale dovrà provenire dal riciclo e non più del 65% del consumo annuale dell’Unione per ogni materia prima dovrà provenire da un singolo Paese terzo.

In Italia - secondo le stime - abbiamo circa la metà di queste materie prime critiche presenti, di cui otto potenzialmente estraibili nel giro di un lustro. Esistono possibili riserve di cobalto in Lazio e Piemonte, di rame in Liguria Toscana e Alpi, di litio in Lazio, di grafite in Calabria, di nichel e tungsteno in Sardegna, di titanio in Liguria e via dicendo.

Servono però piani, valutazioni di impatto ambientale, investimenti corposi e strategie chiare per poter estrarre davvero, punti dai quali - nonostante l’avvio di tavoli tecnici che coinvolgono più ministeri - siamo ancora lontani. Il ministro Urso però è convinto della necessità di produrre le materie critiche in Italia e la macchina per riuscirci, a suo dire, deve essere messa in moto.

Non è detto però che le tempistiche e le risorse europee siano sufficienti: per questo la Commissione sta anche pensando di implementare la collaborazione con partner extra-Ue produttori di terre rare, come Messico, Nuova Zelanda, Cile, Australia, Indonesia e altri paesi, e di semplificare le procedure per le autorizzazioni a estrarre.

«Questa legge - ha ribadito ancora Ursula von der Leyen - ci avvicinerà alle nostre ambizioni climatiche ed è nel nostro reciproco interesse aumentare la produzione in modo sostenibile e allo stesso tempo garantire il massimo livello di diversificazione delle catene di approvvigionamento per le nostre imprese europee».

Una partita molto delicata, quella necessaria per smarcarsi dal predominio cinese, che però nonostante i proclami potrebbe risultare altamente impattante a livello ambientale.

In attesa di capire come potranno i singoli paesi membri dell’Ue dare garanzie di approvvigionamento, oggi la speranza maggiore per l’Europa arriva dalla Svezia dove a inizio 2023 è stato scoperto il più importante giacimento di terre rare del Vecchio Continente, soprattutto per il litio.

Altre prospettive arrivano dal Portogallo (riserva da 270.000 tonnellate di litio a nord est del Paese), dalla Finlandia, la Repubblica Ceca e l’Austria. Poi - come ha ricordato un approfondimento dell’Enea - a fine conflitto fra Russia e Ucraina bisognerà anche valutare una possibile attenzione - dopo accordi strategici firmati nel 2021 - dell’Europa nei confronti delle materie prime e delle riserve ancora da esplorare in Ucraina.

Per quanto riguarda l’Italia nello specifico, in attesa della nuova Carta Mineraria Italiana, ci sono zone più di altre che andranno valutate con grande attenzione: a esempio Punta Corna in Piemonte ricca di cobalto e nickel, o ancora Gorno in Lombardia per zinco e piombo, oppure il litio in area Lago di Bracciano e in generale - sempre per il litio - la fascia vulcanica che va dalla Toscana alla Liguria fino alla Campania.

Per Ispra, ci sono circa 3.000 siti minerari censiti tra il 1870 e oggi e altre zone con grandi potenzialità per le materie prime critiche necessarie alla transizione, ma poterle ottenere include un percorso con tempi lunghi, tanta ricerca e valutazioni su impatti ambientali oltre alla necessità di tecniche estrattive alternative e sostenibili. Per smarcarci dalla Cina e ottenere l’indipendenza grazie al sottosuolo, la strada è dunque ancora lunga e complessa.

Leggi anche
Riciclo
di Giacomo Talignani 3 min lettura
Energia
di Caterina Tarquini 3 min lettura