Ambiente

Europa: parte la corsa alle terre rare

I Rare earth metals, 17 elementi della tavola periodica impiegati per le rinnovabili e non solo, diventeranno nei prossimi anni cruciali nella conversione energetica. L’Ue, ma anche l’Italia, ha iniziato a muoversi
Credit: REUTERS/Stringer
Caterina Tarquini
Caterina Tarquini giornalista
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19 ottobre 2022 Aggiornato alle 11:00

L’Unione europea sta correndo ai ripari per evitare una replica dell’emergenza gas.

Stavolta il rischio riguarda le terre rare, che la stessa Ursula von der Leyen ha definito fondamentali sul piano energetico. La presidente della Commissione europea nel presentare l’ “European Critical Raw Materials Act”, ha affermato che «Presto il litio e le terre rare diventeranno più importanti del petrolio e del gas. La nostra domanda di terre rare aumenterà di 5 volte entro il 2030. Per evitare di diventare nuovamente dipendenti, l’Ue punta a identificare progetti strategici lungo tutta la filiera, dall’estrazione alla raffinazione, dalla lavorazione al riciclo».

Le cosiddette terre rare, o Ree (acronimo di Rare earth metals) sono un gruppo di 17 elementi – Scandio, Ittrio e i 15 lantanoidi ovvero, nell’ordine della tavola periodica, Lantanio, Cerio, Praseodimio, Neodimio, Promezio, Samario, Europio, Gadolinio, Terbio, Disprosio, Olmio, Erbio, Tulio, Itterbio e Lutezio – appartenenti alla popolosa famiglia dei metalli.

Pur non godendo della stessa fama del gas e di altre risorse, sono destinate ad avere un ruolo sempre più cruciale nell’economia globale del futuro, soprattutto nella conversione alle fonti green. “Rare” non perché scarse sul nostro Pianeta, ma perché di difficile identificazione, hanno numerosi impieghi: nell’automotive per le batterie ricaricabili, come magneti permanenti nelle turbine eoliche e per la costruzione di motori elettrici. Ma possono anche servire come fosfori per Tv e Lcd e in generale per molti dispositivi elettronici.

Senza contare poi il loro utilizzo per lo sviluppo di tecnologie avanzatissime nel campo dell’aerospazio, della difesa, del settore medico e delle energie rinnovabili.

Attualmente spetta alla Cina il primato in termini di esportazione, con una produzione annua di circa 130.000 tonnellate e il controllo sul 37% delle riserve mondiali. Seguono gli Stati Uniti – in risalita – con il 12%, il Myanmar (10,5%) e l’Australia (10%).

Il principale terreno di contesa tra Usa e Cina è sorprendentemente la Groenlandia, il cui sottosuolo è in assoluto il più ricco di terre rare.

I numeri della Cina sembrerebbero essere in realtà molto più elevati, frutto delle estrazioni illegali. Non esistendo ancora delle regolamentazioni precise, il mercato di questi metalli subisce forti oscillazioni e i prezzi stabiliti sono ampiamente discrezionali.

Di fronte alla prospettiva, nel giro di pochi anni, di un raddoppio della domanda di terre rare, qualche settimana fa il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti e quello della Transizione ecologica Roberto Cingolani hanno firmato un decreto interministeriale che formalizza il tavolo tecnico “Materie Prime Critiche”, con cui si vogliono creare condizioni normative ed economiche per un reperimento sicuro e sostenibile.

Ci sono già alcuni giacimenti in Svezia, Finlandia e Portogallo, ma entro il 2030 l’Europa avrà bisogno di quantità di litio 18 volte superiore a quelle attuali. Il problema sarà gestire le legittime preoccupazioni delle popolazioni locali – non a caso, le ultime elezioni hanno visto la vittoria indiscussa in Groenlandia della sinistra ambientalista Inuit Ataqatigiit – sulla sicurezza e l’impatto sull’ecosistema dei giacimenti minerari in programma.

L’obiettivo a livello comunitario è quindi quello di diversificare il più possibile le forniture. Proprio Von Der Leyen ha affermato che spingerà per la ratifica degli accordi commerciali conclusi con Cile, Messico e Nuova Zelanda e cercherà di portare avanti i negoziati con Australia e India.

Un’altra valida fonte di approvvigionamento potrebbe essere rappresentata dal recupero e il riciclo dei metalli contenuti negli strumenti elettronici, ma occorrerà sviluppare una filiera industriale completa, in grado di raccogliere e lavorare le materie prime.

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