Ambiente

Amazon Fund: c’è intesa tra Biden e Lula?

Dopo lo stallo causato dalla presidenza Bolsonaro, il nuovo governo brasiliano verrà aiutato dagli Usa per contrastare la deforestazione dell’Amazzonia
Credit: EPA/Sarah Silbiger
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13 febbraio 2023 Aggiornato alle 22:00

Durante l’incontro diplomatico avvenuto pochi giorni fa negli Stati Uniti fra il Presidente brasiliano Lula da Silva, appena eletto, e il presidente americano Joe Biden, è emersa una piccola luce di speranza per la Foresta Amazzonica, sottoposta da decenni a un’intensa attività di deforestazione che sta intaccando gravemente l’ecosistema brasiliano. L’amministrazione statunitense avrebbe promesso di contribuire in futuro all’Amazon Fund, un fondo volto a finanziare svariate attività per preservare la più grande foresta tropicale del Pianeta.

Un passo necessario secondo il presidente brasiliano: «Non ho discusso specificamente dell’Amazon Fund: ho discusso del fatto che i Paesi ricchi devono assumersi la responsabilità di finanziare le nazioni che ospitano le foreste. Solo in Sud America, oltre al Brasile, ci sono Ecuador, Colombia, Perù, Venezuela, Guyana - cioè , ci sono diversi Paesi di cui dobbiamo prenderci cura. Quello che posso dire è che lui (Joe Biden) finanzierà l’Amazon Fund. Dobbiamo avere una governance globale con maggiore autorità; con altri Paesi che possano partecipare al Consiglio di sicurezza dell’Onu, in modo che alcune decisioni sul clima possano essere prese a livello internazionale. Ho percepito la volontà del Presidente Biden di contribuire a questo sforzo», ha dichiarato Lula.

Il Fondo era stato creato da un’iniziale donazione norvegese nel 2009, a cui poi si sono aggiunte le donazioni economiche da altre nazioni europee come la Germania e il Regno Unito, fino a raggiungere un bilancio di oltre 1,3 miliardi di dollari.

Successivamente, le azioni negative del precedente Presidente brasiliano Bolsonaro avevano determinato uno stallo e un congelamento dei finanziamenti, che sono stati sbloccati solo con la vittoria di Lula e la nomina di Marina Silva a capo del Ministero dell’Ambiente: «Il Brasile è ancora una volta un attivo protagonista nei colloqui sui cambiamenti climatici e sta cercando l’impegno e l’aiuto finanziario di altri Paesi», ha affermato Michel Arslanian, segretario per le Americhe presso il Ministero degli Esteri brasiliano.

Il possibile ingresso degli Usa nel Fondo rappresenterebbe un punto di svolta globale, oltre che una mossa politica per attrarre altre nazioni. Ma per avere una reale efficacia, l’amministrazione Biden dovrà fronteggiare la problematica delle importazioni americane di carne dal Brasile, che contribuiscono all’estensione degli allevamenti a danno dell’Amazzonia. «Come l’Unione europea, gli Stati Uniti dovrebbero mettere in atto misure per limitare le importazioni di prodotti che alimentano la deforestazione in Amazzonia. Tali misure sono sempre controverse, ma in questo caso la posta in gioco determinata dall’inazione degli Stati Uniti è semplicemente troppo alta», ha ammonito Charles Barber, consulente senior per la biodiversità presso il think tank ambientale World Resources Institute.

Nel frattempo, per la prima volta dopo anni, la deforestazione dell’importante foresta tropicale ha rallentato con un calo del 61% rispetto al gennaio del 2022: «È positivo vedere un calo così rilevante a gennaio. Tuttavia, è ancora troppo presto per parlare di un’inversione di tendenza, poiché parte di questo calo potrebbe essere correlato a una maggiore copertura nuvolosa», ha dichiarato Daniel Silva, specialista della conservazione ambientale del WWF Brasil.

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