Futuro

Identikit delle startupper italiane

Sono innovative, green e attente al benessere dei dipendenti. Ma solo il 2% ottiene un finanziamento pubblico o privato. Ecco il ritratto delle nuove imprenditrici elaborato da Cariplo Factory
Credit: Cariplo Factory
Caterina Tarquini
Caterina Tarquini giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
28 gennaio 2022 Aggiornato alle 11:00

In Italia 4 imprese su 5 sono guidate da uomini, ma si registrano alcuni segnali positivi, soprattutto per quanto riguarda le startup. Lo rivela una ricerca compiuta da Cariplo Factory - l’hub creata dall’omonima fondazione - su un campione di oltre 100 realtà innovative. Nel 74% dei casi, i progetti vengono lanciati da due o più socie, l’86% è alla ricerca di un investitore che possa finanziarne la crescita, ma circa il 40% dichiara di faticare ad attrarre capitali o risorse qualificate.

Le imprenditrici si concentrano perlopiù al Nord (64%) e in centro Italia (24%), mentre arrancano nel Mezzogiorno e sulle isole (solo il 10%). Il campione preso in esame comprende startup tra loro molto varie: per la maggioranza si occupano di piattaforme digitali (26%), benessere (20%) ed economia circolare (18%), e, in percentuali minori, di istruzione, tecnologia, intrattenimento e alimentazione. Anche il mercato a cui si rivolgono si diversifica abbastanza, per il 60% è su scala nazionale, per il 32% internazionale, per l’8% locale.

«Crediamo fortemente che una leadership più inclusiva e partecipativa possa essere un volano di accelerazione per il cambiamento e crescita delle imprese italiane. In questa corsa serve il contributo di tutti, nessuno escluso, perché si tratta essenzialmente di un cambiamento culturale che deve partire dai singoli ed essere sostenuto da imprese e istituzioni» afferma Riccardo Porro, Chief Operating Officer di Cariplo Factory. Ragionando in termini strettamente numerici, infatti, se l’occupazione femminile salisse al 60%, secondo le stime della Banca d’Italia, avremmo un aumento del PIL pari al 7% (circa 130 miliardi di euro). Anche per questo, il Dipartimento per le pari opportunità ha recentemente deciso di approntare nuove politiche a sostegno del lavoro e dell’imprenditoria femminile.

Pochissime donne, appena il 2%, sono riuscite a ottenere un finanziamento dedicato all’imprenditorialità al femminile. «È difficile riuscire a beneficiare di fondi governativi, mentre quelli privati richiedono già un prototipo per poter essere valutati… Quindi in 3 anni di attività mi sono autofinanziata investendo ogni singolo centesimo dei miei risparmi. Ma sono felice d’averlo fatto, perché avere un business è come un figlio, i sacrifici fanno parte del gioco, e diventa la tua priorità assoluta» ha commentato Mara Vendramin, CEO, founder di My-Money, startup fintech proprietaria di un brevetto nel campo dei pagamenti biometrici.

Le imprenditrici intervistate, per fronteggiare le difficoltà nel reperimento di risorse, optano per soluzioni alternative, per esempio, nell’82% dei casi impiegano le proprie energie in attività di networking. «Partendo dalla nostra esperienza, quello che abbiamo notato è che molte delle realtà simili alla nostra sono guidate da donne che credono nel ritorno sociale e ambientale della propria attività e che supportano il nostro lavoro. Fare rete, cooperare e sostenerci tra donne è per noi importantissimo e alla base della nostra attività quotidiana, oltre che uno dei nostri principali obiettivi come azienda: creare un network di settore dentro al quale le donne abbiano un ruolo di leadership» ha dichiarato Ottavia Belli, Founder e a di Sfusitalia S.r.l., startup che si occupa di zero waste e prodotti sfusi.

Le startupper seguono un modello imprenditoriale nuovo, caratterizzato da percorsi di empowerment, welfare, flessibilità oraria e formazione gratuita per i propri dipendenti. Un modello a cui l’imprenditoria femminile sembra adattarsi con straordinaria agilità. Non è un caso che il 44% delle intervistate abbia già attivato programmi di tutela o riduzione dell’impatto sull’ambiente.

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