Ambiente

Alla scoperta dei tessuti del futuro

Bucce d’arancia e alghe (ma non solo). L’ultima tendenza della moda sostenibile è utilizzare fibre naturali ricavate dai rifiuti. Tra i primi a sperimentare anche Salvatore Ferragamo
Credit: orangefiber.it
Tempo di lettura 4 min lettura
30 gennaio 2023 Aggiornato alle 12:30

Cos’hanno in comune le bucce d’arancia, i fondi di caffè e le proteine di scarto dei prodotti caseari?

Sono tutti materiali che possono diventare i vestiti che indossiamo tutti i giorni.

Sono diversi i marchi della moda, come Stella McCartney, Balenciaga, Patagonia e Algiknit, che stanno sperimentando tessuti non convenzionali. L’ultima tendenza della ricerca è tentare di estrarre delle fibre naturali da quelli che tradizionalmente consideriamo rifiuti. Le prime sperimentazioni stanno coinvolgendo anche nomi illustri, come Salvatore Ferragamo.

I vantaggi sono moltissimi. Rispetto ai tessuti tradizionali, sono molto meno impattanti a livello di CO2 e di consumo di acqua dolce, durante la produzione. Non richiedono l’utilizzo di grosse quantità di energia o di sostanze chimiche. Durante il lavaggio, non rilasciano microplastiche nell’ambiente, come i tessuti sintetici e, alla fine del loro ciclo di vita, non si pone il problema del loro smaltimento: sono infatti biodegradabili.

L’industria della moda, così come la conosciamo oggi, infatti è responsabile di circa il 5% delle emissioni globali di gas serra. Solo per produrre una normalissima camicia di cotone vengono rilasciati almeno 2,1 chilogrammi di anidride carbonica. Se questo stesso capo fosse di poliestere la cifra sarebbe addirittura superiore, di 5,5 chilogrammi. C’è poi il problema dell’acqua: per coltivare solo 1 chilogrammo di cotone, ne servono 10.000 litri.

Da questo punto di vista le fibre sintetiche, come acrilico e nylon usati prevalentemente nella fast fashion, sono molto più convenienti, perché consumano circa un centesimo di questa cifra. Il risparmio è però vanificato dall’enorme utilizzo di energia che richiede la loro produzione. Quanto ai tessuti misti, sono estremamente difficili da riciclare.

Per risolvere questi problemi, i brand di abbigliamento stanno investendo per incorporare nei loro prodotti sempre più fibre sostenibili. I pionieri sono Patagonia, Mud Jeans, Ninety Percent, Plant Faced Clothing e Afends, ma ben presto si attendono gli investimenti dei giganti della moda.

Qualsiasi fonte di cellulosa o proteine infatti può essere trasformata in fibra per i tessuti. Una di queste sono le bucce d’arancia: l’azienda italiana Orange Fiber è riuscita a ricavare dagli scarti della produzione di succo di agrumi un filato setoso e leggero che può essere utilizzato da solo o miscelato. Il tessuto è stato recentemente utilizzato in una collezione in edizione limitata dello stilista Salvatore Ferragamo.

Tra le nuove frontiere della moda sostenibile c’è anche la caseina, cioè la proteina del latte. I primi esperimenti per trasformarla in una fibra vegetale risalgono alla Seconda Guerra Mondiale.

Il materiale però ammuffiva rapidamente ed emanava un odore sgradevole. Gli svizzeri di Swicofil hanno sviluppato una tecnica di filatura a umido che incorpora micro ioni di zinco nella fibra proteica, migliorandone la forza e la stabilità batterica. Le operazioni di tintura sono molto veloci e, dalle prime opinioni, sembra che il tessuto idrati la pelle in modo simile a un bagno di latte.

Anche Seacell, la fibra di alghe dell’Islanda e lyocell (derivata dalla cellulosa) al tatto è molto delicata. Sviluppato Nanonic Incorporated e Smart Fiber AG, è un filato traspirante ed elastico che si sta diffondendo nell’abbigliamento sportivo.

S.Cafe invece viene realizzato dall’azienda Singtex Industrial Co. a partire dai fondi scartati delle caffetterie. Miscelato ad altri materiali di cellulosa, si asciuga facilmente, assorbe gli odori e ha una buona protezione dai raggi UV.

Il riutilizzo dei rifiuti però non si ferma solo ai prodotti biodegradabili: stanno diventando sempre più comuni i piles e gli altri capi prodotti con bottiglie di plastica.

Anche le fibre sintetiche riciclate riducono il consumo di energia e prodotti chimici, usati per la produzione di materiali nuovi. Il vantaggio aggiuntivo è quello di mitigare l’inquinamento da plastica nell’ambiente e risparmiare sulle tinture, visto che molti materiali sono già colorati.

La sfida per il prossimo futuro è aumentare le sperimentazioni in questa direzione. Con le nuove tecnologie anche l’arancio che abbiamo mangiato a pranzo o il caffè che abbiamo bevuto a colazione possono diventare i nostri nuovi vestiti.

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