Ambiente

Madagascar, la biodiversità è in pericolo

In mancanza di strategie di conservazione tempestive, lo Stato insulare africano affronterà presto un’ondata di estinzione che cancellerà dalla faccia della Terra 23 milioni di anni di storia evolutiva
Credit: Hans-Jurgen Mager/ Unsplash
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25 gennaio 2023 Aggiornato alle 23:00

Incastonata nell’Oceano Indiano, a circa 400 km dalle coste del Mozambico, la quinta isola al mondo per estensione si è separata dal continente africano circa 160 milioni di anni fa e, grazie a una peculiare situazione di isolamento, le specie che vi abitano hanno sviluppato caratteristiche uniche che non si riscontrano in nessun altro luogo del Pianeta.

Ben il 95% dei rettili, l’89% delle piante - corrispondenti a più di 12.000 specie diverse - e il 92% dei mammiferi malgasci, infatti, sono endemici e unitamente alla varietà dei suoi ecosistemi, tra cui spiccano foreste pluviali, deserti e praterie, sono valsi all’isola il nome di “ottavo continente”.

Qui, tra baobab giganteschi e piante che vengono comunemente usate nella cura contro il cancro, come la pervinca rosa, vivono animali capaci di alimentare, per il solo fatto di esistere, un’industria turistica che nel 2020 ha generato 202 milioni di dollari.

Si tratta dei lemuri, primati altamente sociali e dall’impressionante varietà: se ne contano, infatti, oltre 100 specie diverse, dal minuscolo microcebo pigmeo, a quelli con la coda ad anelli fino al rarissimo lemure Aye aye che, secondo la cultura tradizionale, possiede poteri oscuri e, per questo, è stato a lungo perseguitato.

Purtroppo, però, quest’incredibile varietà biologica sta scomparendo velocemente. A dirlo è uno studio pubblicato a inizio gennaio su Nature communication che ha evidenziato come negli ultimi 2.000 anni si sono estinte almeno 17 specie di lemuri giganti e, a oggi, più di 3500 specie di piante e animali, corrispondenti al 41% del totale, sono classificate come minacciate dalla Lista Rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione (Iucn).

Tra queste, il 95% delle specie di lemuri risulta in pericolo critico, in pericolo o vulnerabile, una situazione che li rende il gruppo di mammiferi più minacciato del Pianeta. Rintracciare il responsabile è un compito quasi banale visto che i principali fattori di perdita sono quelli su cui i principali organismi scientifici internazionali pongono l’accento da decenni: conversione del suolo a uso agricolo e conseguente degrado e frammentazione dell’habitat, introduzione di specie aliene invasive, cambiamenti climatici e sovrasfruttamento. Tutte attività antropiche che, dall’arrivo di Homo sapiens 3500 anni fa, hanno fatto sì che delle rigogliose foreste malgasce rimanesse solo un mero 15% e svariate specie appartenenti alla megafauna andassero incontro all’estinzione.

Una situazione che potrebbe addirittura peggiorare nei prossimi anni se, come previsto, l’impronta umana continuerà ad aumentare. Secondo lo studio, infatti, in mancanza di azioni di conservazione strategiche, il Madagascar andrà presto incontro a un episodio di estinzione così forte da avere un impatto molto più importante e diffuso di quello che ha fatto seguito all’arrivo iniziale dell’uomo sull’isola e che richiederà milioni di anni di evoluzione affinché l’isola africana possa tornare a una situazione di varietà biologica simile a quella pre-antropica.

Fortunatamente, così come conosciamo le cause abbiamo a portata di mano anche le soluzioni e, per salvare Re Julien e i suoi compagni - co-protagonisti di Madagascar, il film della Dreamworks campione d’incassi nel 2005 - sarebbe sufficiente lavorare per ampliare il numero di aree protette, approvare politiche di tutela e azioni di controllo diffuso nonché promuovere l’educazione e lavorare per migliorare le condizioni socio-economiche di una popolazione che, a oggi, è tra le dieci più povere al mondo.

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