Diritti

L’immigrazione non è più da prima pagina

Secondo il X rapporto Carta di Roma 2013-2022 Notizie dal fronte tigì e giornali se ne occupano marginalmente. Tuttavia, il nuovo Decreto flussi potrebbe autorizzare l’arrivo di 80.155 lavoratori extracomunitari
Credit: Patrizia Cortellessa/Pacific Press via ZUMA Wire
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
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19 dicembre 2022 Aggiornato alle 15:45

Gli immigrati non fanno più notizia e la politica li usa sempre meno come strumento di propaganda.

A dirlo è il X rapporto Carta di Roma 2013-2022 Notizie dal fronte, che ha monitorato la presenza di news a tema sui media, scoprendo come nell’ultimo decennio si sia registrato un calo a dir poco drastico.

Da gennaio a ottobre 2022, nei telegiornali del prime time delle reti generaliste Rai, Mediaset e La7, sono state rilevate 1.310 notizie in merito, - 14% rispetto ai primi 10 mesi del 2021 e il livello minimo più basso dopo il 2014.

La maggiore copertura si è verificata nel 2018 e 2019, gli anni di Matteo Salvini Ministro dell’Interno, dei porti chiusi e dell’immigrazione usata come sinonimo di delinquenza. Una narrazione che, non a caso, ha coinciso con l’aumento della percezione di insicurezza nelle persone, scollegata dall’effettiva portata dei flussi migratori ma conseguente, invece, alla narrazione mediatica e politica del periodo.

Nel biennio 2020-22 si è assistito invece a un calo drastico dell’attenzione causato prima dalla pandemia, poi dal conflitto in Ucraina, che hanno monopolizzato per lunghi periodi Tg e giornali.

Nell’anno in corso sono 563 gli articoli sulle prime pagine dei quotidiani dedicate al tema immigrazione, il dato più basso degli ultimi 8 anni e il 17% in meno rispetto al 2021. Di questi, solo il 3% dei titoli ha avuto toni allarmistici e la conseguenza è che attualmente solo il 7% della popolazione considera l’immigrazione un’emergenza.

Forse anche a causa di questa evidente inversione di tendenza, c’è una notizia di cui si parla pochissimo, e che di fatto notizia quasi non è: il nuovo Decreto flussi che dovrebbe essere varato dopo le festività.

Se da un lato la premier Giorgia Meloni, insieme al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e a quello delle infrastrutture Matteo Salvini continua ad annunciare, seppur con minore enfasi, imminenti giri di vite, dall’altro il Governo si appresta a consentire l’arrivo di 80.155 lavoratori extracomunitari, di cui 48.300 stagionali.

Numeri non certo contenuti, ben più alti di quelli dello scorso Decreto Flussi a firma Mario Draghi che aprì le porte a 69.7000 persone, e di molti dei precedenti. La misura più imponente è datata 2007, con 170.000 ingressi, e da allora la curva è sempre stata discendente, salvo poi salire di nuovo con Draghi e ancora con Meloni.

L’incremento risponde alla richiesta del mercato del lavoro anche se non sembra soddisfarla a pieno, visto che imprenditori, associazioni ed enti del turismo, insieme a molti governatori regionali tra i quali Luca Zaia in Veneto, chiedono sforzi ulteriori.

A farlo, alcuni mesi fa, è stato anche l’ex ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, sempre in forza Lega, dimostrando ancora una volta come anche parte della destra stia facendo una notevole giravolta sull’immigrazione, smettendo di trattarla come fenomeno negativo e riconoscendo non solo che i lavoratori proveniente da altri Paesi siano essenziali per la sopravvivenza delle attività produttive, ma anche che il proprio elettorato sia pronto a ricevere questa informazione senza scossoni o cambi di fede politica.

Lo dimostra anche l’ultima campagna elettorale, con Giorgia Meloni che ha accarezzato solo in parte il tema, preferendo di gran lunga dare spazio a istanze divenute in questi mesi identitarie, come il ritorno del contante e l’abolizione del reddito di cittadinanza.

Quest’ultimo è tra gli obiettivi primari, al punto che si è cercato di inserirlo anche nel Decreto Flussi, che allo stato attuale rimane l’unica o quasi via per entrare in Italia legalmente, anche se accedervi è difficilissimo e le trafile sono tutt’altro che semplici.

Parte della celebre e criticatissima legge Bossi-fini, prevede infatti che i datori di lavoro facciano richiesta di manodopera straniera, e dopo opportune verifiche questure, prefetture e ispettorati decidano se un lavoratore possa entrare in Italia.

Questo nella teoria, la pratica è molto diversa perché raramente si riescono a individuare potenziali lavoratori all’estero e nella maggior parte dei casi il Decreto Flussi è usato per mettere in regola persone già sul territorio. Passaggio anch’esso non immediato visto che la sanatoria 2020 che avrebbe dovuto regolarizzare 220.000 lavoratori stranieri nel nostro Paese, in due anni ha rilasciato solo 83.000 permessi di soggiorno, pari al 37,7% del totale.

Nonostante queste premesse poco incoraggianti, pare che Piantedosi volesse introdurre nel prossimo decreto Flussi un ulteriore elemento di difficoltà, ovvero che i datori di lavoro fossero obbligati a verificare prima la disponibilità all’impiego di un percettore del Reddito di cittadinanza occupabile.

Di fronte alle tempistiche strette si è desistito, mantenendo solo la verifica preventiva, tramite i centri per l’impiego, dell’indisponibilità di un lavoratore italiano.

Sempre al Ministro non sarebbe dispiaciuto dare priorità ai Paesi maggiormente impegnati alla lotta all’immigrazione irregolare, e quindi dai rimpatri facili, piuttosto che a quelli che possono fornire lavoratori più “idonei”.

Così facendo però, a beneficiarne non sarebbe certo stata la produttività, e proprio per questo nella bozza non v’è traccia di queste eventuali modifiche, ma solo del vincolo di ingressi ai 32 Paesi che hanno sottoscritto accordi di cooperazione in materia migratoria con l’Italia, esattamente come previsto dal decreto Draghi.

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