Ambiente

Stampare è sostenibile?

La carta, come la conosciamo, è il passato. Per salvare il pianeta serve digitalizzare l’editoria. Ne è convinta la Oxford University Press, che per il 2025 si pone 3 obiettivi di sostenibilità in un’ottica di dematerializzazione
Credit: Perfecto Capucine
Tempo di lettura 4 min lettura
25 dicembre 2022 Aggiornato alle 09:00

Dematerializzazione. Una parola lunga, quasi difficile da pronunciare. Sembra uno scioglilingua. Proviamo a scomporla in sillabe: de-ma-te-ria-liz-za-zio-ne. 8 sillabe per una parola, che fatica.

Se volessimo analizzare la parola per dare un significato semplice partiremmo sicuramente dal prefisso “de-”, che segnala una sottrazione, una separazione, per poi concentrarci sulla seconda parte, le altre 7 sillabe. “Materializzazione”.

Adesso è più facile comprenderla: in maniera semplicistica potremmo dire “togliere materiale”. Alleggerire quindi.

E se, ora che ne conosciamo meglio il significato, volessimo applicare il parolone della dematerializzazione al mondo dell’editoria? La prima immagine che viene in mente è quella di centinaia di migliaia di fogli e libri pesantissimi gettati in aria, mentre si trasformano in qualcosa di leggero, compatto, piccolo, digitale.

Ecco, la dematerializzazione dell’editoria è il digitale. Un passaggio lungo decenni che oggi ci restituisce enormi saperi a portata di mano. Un’ottimizzazione di conoscenze, ma anche di risorse.

Quelle della Terra, che consumiamo ogni volta che decidiamo di stampare qualcosa.

Per la produzione di carta e cartone per le pagine e le copertine dei libri, sfruttiamo la polpa di legno, ricavata da foreste di paesi che vanno dal Brasile alla Finlandia. Questo, inevitabilmente, contribuisce alla deforestazione e al degrado forestale, uno dei principali motori della perdita di biodiversità che rappresenta anche circa un decimo delle emissioni globali di gas serra.

Per ogni singola pagina di carta stampata, possono volerci fino a 13 litri di acqua, mentre per estrarre i metalli come l’alluminio per produrre lastre da stampa, oppure oro e rame per la stampa a caldo, stiamo mettendo a repentaglio la biodiversità e stiamo provocando l’erosione del suolo e la contaminazione dell’acqua e del suolo.

Per non parlare dei danni che stiamo causando sfruttando i combustibili fossili, principali protagonisti del cambiamento climatico, ma essenziali per la maggior parte delle operazioni di cartiera e stampa.

Nel 2022, nel mezzo dell’ era digitale in cui tutto è dematerializzato, online, astratto, anche l’editoria può e deve adattarsi al cambiamento per una sopravvivenza del pianeta.

Tra chi ha compiuto i primi passi verso un futuro di dematerializzazione del mondo editoriale c’è la Oxford University Press (Oup), che ha fissato tre obiettivi di sostenibilità da raggiungere entro il 2025.

Tra questi, il primo obiettivo è quello di ridurre i volumi di stampa, a esempio utilizzando la stampa su richiesta per ridurre gli sprechi dovuti a ordini eccessivi e passando al digitale ove appropriato.

Oup ha, poi, orgogliosamente prefissato un secondo obiettivo: quello di utilizzare carta sostenibile certificata al 100% entro il 2025 e, in qualità di membri della collaborazione industriale del Book Chain Project, di sostenere la ricerca del progetto Book Chain sugli impatti ambientali comparativi, comprese le impronte di carbonio, di diversi tipi di carta.

Infine, il terzo obiettivo della Oxford University Press, da raggiungere entro i prossimi 3 anni, è quello di azzerare il numero di rifiuti da conferire in discarica nei mercati in cui esistono le infrastrutture necessarie. Ciò include lo smaltimento responsabile di eventuali scorte in eccesso e invendibili, anche se, realizzando il primo obiettivo di transizione digitale, con libri e riviste online il rischio di eccessi in magazzino non dovrebbe più sussistere.

3 traguardi da tagliare nel giro di meno 3 anni, in un’ottica di dematerializzazione editoriale e digitalizzazione: due nomi diversi che, a pensarci, indicano parti di uno stesso processo, fondamentale per salvaguardare il pianeta.

Eppure, sebbene l’editoria digitale abbia un impatto inferiore sull’ambiente rispetto alla stampa, comunque lascia il segno: “lo sviluppo, l’hosting e l’utilizzo di contenuti digitali richiede potenza di elaborazione e server, e la maggior parte di questa potenza attualmente proviene dalla combustione di combustibili fossili. Nel tempo, l’impatto dovrebbe diminuire man mano che l’accesso all’elettricità rinnovabile aumenta a livello globale, sia per i fornitori di dati cloud che per i consumatori”, spiega la Oxford University Press.

In ogni caso, una stima approssimativa è che le emissioni di carbonio associate alla produzione, all’hosting e all’uso di un e-book sono circa un decimo di quelle del suo equivalente stampato.

De-ma-te-ria-liz-za-re conviene!

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