Futuro

È stato creato un ponte tra due buchi neri. Forse

I ricercatori di 3 università americane hanno annunciato di aver “simulato” la trasmissione di un messaggio tra due minuscoli corpi celesti, grazie a un tunnel nello spazio-tempo
Credit: Maria Spiropulu
Tempo di lettura 3 min lettura
12 dicembre 2022 Aggiornato alle 14:00

Qualche giorno fa su Nature è stato pubblicato l’articolo “Traversable wormhole dynamics on a quantum processor” che coinvolge l’Università di Harvard, il Massachusetts Institute of Technology (Mit), il California Institute of Technology (Caltech), Google Quantum AI e Fermilab.

I ricercatori hanno annunciato di aver “simulato” due minuscoli buchi neri in un computer quantistico e di aver trasmesso un messaggio tra loro attraverso quello che equivale a un tunnel nello spazio-tempo, un wormhole.

Un worhole unisce due punti distanti dell’universo, accorciando il tempo di viaggio per andare da una parte all’altra; quindi, teoricamente ci si potrebbe spostare tra galassie in poche ore o addirittura minuti.

Non sono mai stati osservati sperimentalmente ma sono stati descritti da Albert Einstein e Nathan Rosen, negli anni ’30 del secolo scorso, per questo vengono anche chiamati ponti di Einstein-Rosen. Mentre il termine warmhole è stato coniato dal fisico John Wheeler negli anni ’50.

Il coautore dello studio, Joseph Lykken, ha detto che “c’è una differenza tra qualcosa che è possibile in linea di principio e possibile nella realtà”: infatti, si parla di “simulazione” e non viene creato nessun sistema fisico.

Per questo gli autori preferiscono il termine “esperimento quantistico”, perché sono stati in grado di usare il computer quantistico Sycamore di Google per esplorare l’equivalenza dei warmhole con il teletrasporto quantistico. Ma è davvero così?

Per cercare di capire cosa significhi questo esperimento dobbiamo fare un passo indietro. Circa 30 anni fa i fisici teorici hanno introdotto il principio olografico per superare il “problema” della scomparsa di informazioni di “cose” che spariscono nei buchi neri.

Le regole della meccanica quantistica però non prevedono la perdita di informazioni; quindi, i buchi neri non possono “distruggere” nulla. Infatti, i buchi neri nella meccanica quantistica sono oggetti estremamente complessi. Stephen Hawking, ha introdotto la nozione di “radiazione di Hawking”, una sorta di radiazione termica prodotta dai buchi neri. Questa radiazione viene dispersa dal buco nero che contemporaneamente riduce la sua massa fino a “scomparire”. Secondo il principio olografico le informazioni del buco nero potrebbero essere codificate e restare al suo “interno”.

Il principio olografico è stato poi esteso all’intero universo che, quindi, potrebbe essere un ologramma di informazioni contenute altrove. Quindi gli autori dell’articolo, da poco pubblicato su Nature, hanno modificato alcune particelle quantistiche nel normale spazio-tempo e si ipotizza che quel sistema abbia una doppia descrizione tramite un warmhole.

Da qui ad arrivare a simulare un vero e proprio wormhole, però, la strada è ancora lunga. Come ha dichiarato la coautrice Maria Spiropulu di Caltech ha definito il loro studio un nuovo “protocollo di teletrasporto tramite wormhole”, ma per spostarci fisicamente da un punto all’altro dovremo attende ancora qualche decennio. Forse.

Leggi anche
spazio
di Caterina Tarquini 3 min lettura