Culture

Si scrive moda, si legge vintage

Il libro La rivincita dell’usato. Le nuove prospettive del primo pilastro dell’economia circolare indaga il mondo dell’abbigliamento second hand, tra realtà attuali e sfide future
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4 dicembre 2022 Aggiornato alle 13:00

Dopo anni di shopping compulsivo volto principalmente ad appagare un benessere materiale, oggi l’acquisto di beni di seconda mano è diventato sempre più attrattivo, anche nel nostro Paese.

A evidenziare il boom del commercio dell’usato, ci hanno pensato Pietro Luppi e Alessandro Giuliani, con il libro La rivincita dell’usato. Le nuove prospettive del primo pilastro dell’economia circolare (Edizioni Ambiente, 24 euro, 200 pagine). Al suo interno gli autori raccontano la dimensione del fenomeno in Italia, le cifre del mercato, l’evoluzione che negli anni ha avuto il riciclo dei materiali tessili e il boom ottenuto dal settore anche grazie al web e alle piattaforme che oggi permettono con facilità di vendere e acquistare beni di seconda mano senza spreco.

I concetti chiave dell’attento viaggio compiuto da Luppi e Giuliani sono proprio l’addio allo spreco e un calcio al consumismo e a quelle pratiche che hanno condotto alla crisi climatica che ogni giorno vediamo sotto i nostri occhi.

L’abbigliamento è uno dei settori che negli anni ha visto crescere in maniera esponenziale la richiesta dell’usato. Secondo il rapporto annuale sui Rifiuti Urbani di Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), dal 2010 al 2019 la quantità di rifiuti tessili raccolti in modo differenziato è pressoché raddoppiata passando da 80.000 tonnellate annue a 158.000 tonnellate annue.

Dalle pagine del libro si stima l’esistenza di circa 50.000 microimprese individuali o a conduzione familiare che impiegano in totale almeno 80.000 persone e il cui fatturato, ormai da tempo, si aggira stabilmente attorno ai 950 milioni di euro l’anno. Il risultato ambientale del loro lavoro è stimabile in non meno di 150.000 tonnellate annue reimmesse in circolazione.

Questi dati testimoniano che si è passati da un consumo vortice a uno più consapevole e protettivo. Anche la percezione dei consumatori è cambiata, e l’acquisto di capi usati è oggi visto come una scelta smart e cool e non di ripiego come a volte avveniva un tempo.

Non esiste una differenza di approccio sostanziale tra generazioni, ma a dare lo slancio iniziale e a interessarsi maggiormente al riutilizzo dei capi sono stati i più giovani, anche grazie a internet e alla facilità di vendere e compare online.

Ma c’è di più. Quasi 100.000 persone in Italia vivono della raccolta e del commercio di oggetti usati: vestiti, mobili, elettronica, arredamento, oggettistica, libri e persino veicoli. Oltre mezzo milione di tonnellate di materiali che ogni anno vengono sottratti alla discarica per diventare nuove risorse dalle innumerevoli vite.

Tutto questo porta non solo a creare valore economico, che nel 2020 fruttava oltre 23 miliardi di euro, ma anche a generare enormi benefici per l’ambiente. La second hand economy è infatti la pratica circolare per eccellenza per incidere positivamente sul futuro di persone e società e, di conseguenza, sul Pianeta.

Abbracciandola, il tempo torna ad avere un valore e la prova è visibile anche nella volontà degli autori di soffermarsi su un tema così attuale e pratico, raccontando con estrema efficacia e semplicità un fenomeno in espansione.

“Quando si ha fra le mani un tessuto del passato, è naturale pensare alla sua storia, a una palette diversa di colori, a una tradizione manifatturiera spesso sorpassata dalla tecnologia, ma preziosa – scrivono i due autori - Oggi, invece, avere a che fare con un prodotto tessile di una stagione da poco trascorsa fa rima con riuso e con nuove sfide: per le aziende, chiamate a tracciare percorsi alternativi per far fronte alla sfida sostenibile; per i decisori politici, impegnati a dare applicazione alle complesse normative europee sul tema. Infine, per i consumatori, cui è richiesto un nuovo senso di responsabilità nell’approccio alla moda, non solo per la difficile congiuntura economica che ci apprestiamo ad affrontare. Sullo sfondo c’è la salvaguardia del pianeta e delle sue risorse”.

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