Diritti

Seconde generazioni: italiani di fatto, ma non di diritto

I figli di immigrati sono l’11% di tutti gli under 18. Vivono e crescono insieme ai loro coetanei, ma per la legge sono stranieri
Credit: EPA/TATYANA ZENKOVICH
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8 novembre 2022 Aggiornato alle 20:00

Gli insulti razzisti alla giocatrice della nazionale di pallavolo femminile Paola Egonu hanno nuovamente acceso i riflettori sui cosiddetti “italiani di seconda generazione”: chi, nella definizione sociologica, è nato in Italia da genitori immigrati o chi da minore è giunto nel territorio italiano al seguito dei genitori. Italiani di fatto ma non di diritto, perché manca loro il riconoscimento ufficiale della cittadinanza.

Secondo i dati Istat 2021, più di un milione di loro sotto i 18 anni abita nel nostro Paese senza cittadinanza, circa l’11 % del totale della popolazione in quella fascia d’età. 3 su 4 sono nati in Italia e concentrati per il 73% in 6 regioni: Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte, Lazio, Toscana e Lombardia, dove risiede un quarto di loro.

Giovani che, nella gran parte dei casi, sono visti, con pregiudizio, come stranieri, benché si muovano con disinvoltura tra 2 culture - quella di origine e quella italiana - perché di fatto ne fanno parte, perché un’appartenenza non esclude l’altra.

Ma quali sono le peripezie burocratiche che questi figli e queste figlie di seconda generazione devono attraversare per avere la cittadinanza italiana?

Secondo la legge 91 del 1992, possono chiedere di acquistare la cittadinanza italiana, a condizione che vi abbiano risieduto legalmente e ininterrottamente fino ai 18 anni, entro un anno dalla maggiore età e con un reddito stabilito. Un iter che dura in media 2 anni e che per molti cittadini di origine non Europea si allunga notevolmente. Non è un diritto, ma una concessione individuale, spesso rifiutata. La normativa è la stessa che regola lo ius sanguinis, il principio secondo cui è italiano chi nasce da almeno un genitore in possesso della cittadinanza e ne “eredita il sangue”.

Per tutti gli altri è previsto il rinnovo di un permesso di soggiorno di 2 anni. La mancanza della cittadinanza li penalizza, oltre che sul piano simbolico e in termini di costruzione della propria identità, anche sul piano pratico: come, per esempio, non poter accedere al mondo del lavoro o non poter votare.

Negli anni si sono susseguite molte proposte per riformare la legge: tra queste, lo ius soli, che prevede il diritto di cittadinanza per nascita sul territorio di uno Stato, indipendentemente dalla nazionalità dei genitori, applicato da Brasile, Canada, Usa e in forma modificata da Regno Unito, Germania e Francia. O lo ius scholae, la possibilità di fare richiesta per la cittadinanza ai bambini arrivati in Italia prima di aver compiuto 12 anni e che abbiano portato a termine un percorso scolastico di 5 anni.

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