Ambiente

Eppur si muove, la mobilità green

Annunciata la prima tranche di 100 milioni per Shift4Good, il fondo europeo che nei prossimi 5 anni investirà sulle startup che operano nel settore dei trasporti sostenibili
Credit: Yoav Aziz/Unsplash
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27 ottobre 2022 Aggiornato alle 14:00

Cresce Shift4Good il fondo europeo di Impact Venture Capital dedicato a mobilità sostenibile e economia circolare. Nei giorni scorsi è stata infatti completata un’operazione finanziaria a cui hanno partecipato il Fondo Europeo per gli Investimenti (Fei) e il programma di investimento InvestEU che hanno portato nel fondo europeo di VC (Venture Capital) dedicato alla green economy la prima tranche di 100 milioni (prima parte di un finanziamento complessivo che arriverà a 300 milioni di euro) che serviranno per sostenere la crescita di startup europee che operano principalmente nella mobilità sostenibile e nella decarbonizzazione.

Nel corso dei prossimi 5 anni Shift4Good investirà in circa 30 startup, puntando ad accelerarne lo sviluppo e l’internazionalizzazione con l’obiettivo finale ridurre l’impronta di carbonio del settore della mobilità.

Al fondo contribuiscono vari partner: quelli istituzionali come Fei e InvestEU, 2 strutture finanziarie operative emanate direttamente dalla Commissione Europea, che hanno in dote diverse decine di miliardi da erogare ad aziende, grandi imprese e startup, attraverso e in partnership con altri intermediari finanziari (tra cui i fondi come Shift4Good). Invest EU ha indicato nella sostenibilità e nella decarbonizzazione gli obiettivi strategici del fondo e da solo ha una copertura di oltre 26 miliardi di euro per sostenere l’economia reale. Dall’altra parte ci sono i partner privati del fondo come Gruppo Renault e BPI France.

L’ecosistema europeo della sostenibilità sta acquisendo una sua configurazione precisa. La Commissione Europea imprime una direzione strategica, fornendo liquidità a strutture operative finanziarie che, a loro a volta, distribuiscono denaro ai fondi privati di venture capital, in partnership con grandi gruppi industriali strategici (banche, automotive, assicurazioni, etc), che di fatto rappresentano potenziali beneficiari e sbocchi finali dell’innovazione.

Su questa specifica operazione si è espresso anche il commissario per l’economia della Commissione Europea Paolo Gentiloni che ha dichiarato di essere lieto «che, con questi investimenti, Invest EU riesce a sostenere la decarbonizzazione di un settore che ha un ruolo cruciale da svolgere nel garantire la transizione verde».

Non c’è dubbio che è in corso una grande trasformazione. Fino a un paio di anni fa, dei 100 miliardi investiti in Europa a vantaggio di startup, scaleup e unicorni, solo una manciata avevano un profilo di impatto sociale e ambientale. Oggi invece l’orientamento sta cambiando. La politica di investimento di fondi privati e istituzionali include per definizione l’attenzione alla sostenibilità. In pratica, la green economy è in tutto e per tutto “The next big thing”. Per lo meno in Europa. E l’Italia va a ruota.

Nelle settimane scorse, l’equivalente nazionale di Invest EU, cioè Cassa Depositi Prestiti (CDP), ha indicato nella sostenibilità, nel cambiamento climatico e nell’inclusività gli obiettivi primari della strategia di investimento nazionale. In un certo senso non si può che accogliere positivamente questo spostamento d’accento. L’Europa si sta impegnando in maniera significativa negli obiettivi di sviluppo sostenibile definiti nelle Nazioni Uniti nell’ambito della cosiddetta Agenda 2030.

Ma purtroppo, come ogni agenda, anche quella Onu 2030, nella sua declinazione europea, contiene tanto alcune priorità quanto alcune lacune. Una tra tutte riguarda il tema della decentralizzazione tecnologica, che in molti conoscono nella sua versione monetaria, ovvero il mondo delle criptovalute, che sta creando un’economia parallela e che molti fanno ancora finta di ignorare. La decentralizzazione è oggi una delle misure più importanti per evitare pericolose concentrazioni di potere. Favorire processi decentralizzati significa essere consapevoli dei rischi di troppa centralizzazione, che questo avvenga in ambito monetario, tecnologico, finanziario o digitale.

Un’altra è quella delle implicazioni sociali dell’automazione. Da anni molti esperti di automazione e intelligenza artificiale stanno cercando di portare all’attenzione dei decisori politici e delle masse le implicazioni sociologiche dell’automazione spinta, in primo luogo il rischio occupazionale. L’intelligenza artificiale non è un settore a sé stante, ma una tecnologia che per sua natura automatizza i processi riducendo la necessità di lavoro umano. È probabile - se non certo - che a breve ci sarà un problema occupazionale significativo.

Lo affronteremo nell’emergenza o lo capiremo per tempo? Anche queste sono tematiche di impatto.

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