Futuro

Le startup che investono sulla sostenibilità

La storia di cinque progetti animati da un principio comune: a beneficiare di un’idea originale o di un’innovazione non deve essere solo una parte ma tutte le parti in gioco. Il messaggio è chiaro: la sostenibilità è win win o non è vera sostenibilità
Credit: oneinchpunchphotos
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11 agosto 2022 Aggiornato alle 17:00

Il tema della sostenibilità è molto sentito tra gli imprenditori delle startup italiane, molte delle quali nascono come startup benefit e ottengono la certificazione di B-Corp.

Entrambe le qualifiche richiedono che l’impatto ambientale e sociale venga addirittura inserito nell’oggetto sociale e legato direttamente allo Statuto della società.

Paradossalmente essere una startup benefit non comporta nessun beneficio fiscale e societario, ma solo ulteriori adempimenti. E questo è un paradosso dell’attuale normativa sulle startup innovative, che ragionevolmente premia la ricerca e lo sviluppo tecnologico, ma meno ragionevolmente ignora completamente la componente sociale, confondendo la tecnologia, che dovrebbe uno strumento, con l’oggetto sociale del business che dovrebbe invece essere il fine ultimo e che dovrebbe essere riprogettato sulla base delle priorità politicamente rilevanti, tra cui ambiente, società, democrazia, disuguaglianza e qualità della vita. Nonostante l’assenza di benefici statali, le startup a impatto sociale iniziano a farsi strada nell’ecosistema.

Abbiamo allora provato a stilare una lista di 6 startup che affrontano la sostenibilità da svariati punti di vista, ma con un filo conduttore unico: a beneficiare di un’idea originale o di un’innovazione non deve essere solo una parte ma tutte le parti in gioco. Il messaggio chiaro di queste startup è chiaro: la sostenibilità è win win o non è vera sostenibilità.

Vezua

Vezua è un marketplace di prodotti sostenibili, una sorta di Amazon green. La startup ha prodotto un algoritmo che permette di certificare l’impatto ambientale dei prodotti che vengono venduti e permette ai compratori di fare acquisti consapevoli.

L’algoritmo utilizza e incrocia varie fonti: la documentazione e le certificazioni fornite dalle aziende venditrici, i dati relativi ai prodotti e ai metodi di produzione utilizzati e gli obiettivi dell’agenda di sostenibilità delle Nazioni Unite.

La sfida di Vezua sarà riuscire a scalare e generare margini sufficienti.

Chi e cosa spingerà gli utenti a scegliere la sostenibilità come stile di consumo?

Nel frattempo però esprimiamo il nostro apprezzamento per l’idea di offrire una vetrina ai produttori sostenibili e al tentativo di creare un algoritmo che ne definisce i requisiti. Vezua è una startup di colore rosa, tra i fondatori figura la giovanissima Giulia Faleri. La piattaforma è in una fase iniziale, ma sul sito si trovano già moltissimi prodotti.

Tech

La rivoluzione della sostenibilità passa attraverso strati e strati di ideologia. Uno di questi è che basta convertirsi a un produzione sulla carta più green per risolvere i problemi.

Basta dunque convertire l’automotive all’elettrico e la produzione di energia nelle case al fotovoltaico? In realtà, non è proprio così.

Le auto elettriche utilizzano batterie estremamente potenti che richiedono l’utilizzo di minerali rari la cui estrazione è deleteria per l’ambiente.

E il fotovoltaico è basato su materiali il cui smaltimento potrebbe avere enorme impatto ambientale.

Nel corso degli ultimi 20 anni sono stati installati milioni di pannelli, la cui durata media si aggira intorno ai 20-25 anni.

Ci stiamo avvicinando dunque alla prima grande milestone di questa nuova tecnologia energetica, nonché a una prova importante circa la sua reale sostenibilità: lo smaltimento dei materiali di cui sono realizzati i pannelli.

Alcuni di questi materiali (rame, silicio e argento) sono scarsamente riutilizzabili ed eliminabili solo con specifici accorgimenti. Tech ha sviluppato un brevetto per lo smaltimento di questi specifici inquinanti e sta sviluppando i primi impianti di smaltimento. Ci convince perché lavora a monte della sostenibilità, per renderla veramente tale. Il progetto è ancora in fase iniziale, sono stati sviluppati i prototipi e sta iniziando la commercializzazione.

Babaco Market

La frutta e la verdura che troviamo al supermercato non è soltanto buona (a volte), ma anche bella, regolare, omogenea. Ma non nasce tutta così sugli alberi o nel terreno. Le mele non rotonde o troppo piccole, le zucchine con forme strane e le pesche oblunghe non si trovano sugli scaffali. Oltre a esserci un controllo qualità, c’è anche un controllo estetico nella grande distribuzione che genera una quantità di sprechi. Frutta e verdura che non superano il controllo estetico vengono eliminate.

Babaco Market, fondata nel 2020, ha stipulato accordi con i produttori locali agricoli per vendere ai consumatori finali frutta e verdura diversamente bella a prezzi scontati. Il modello di Babaco è quello della cassetta di frutta e verdura che si può ricevere settimanalmente dopo aver sottoscritto l’abbonamento sul sito. I prodotti vengono venduti a prezzi scontati e quelli in eccedenza vengono donati alle associazioni locali e cooperative che si occupano di assistenza ai poveri. Babaco Market ci convince perché agisce su molteplici punti della catena del valore della sostenibilità: lo spreco alimentare, i danni di una logica produttiva basata sul marketing e il sostegno alle famiglie bisognose con prezzi scontati o addirittura donazioni ai poveri. Il progetto è in fase di ampliamento sul territorio nazionale e ogni mese vengono inserite nuove località in cui vengono consegnati i prodotti.

MyFoody

Attiva dal 2015, MyFoody opera nel settore dello spreco alimentare. Si tratta di un’app che permette agli utenti di ricevere notifiche quando i supermercati convenzionati segnalano di avere prodotti in scadenza che vengono messi in promozione. La sostenibilità, come viene intesa da MyFoody, non è quella ambientale in senso stretto. I prodotti alimentari scaduti rappresentano più un problema economico che ambientale. Allo stesso tempo però moltissime famiglie e cittadini stanno affrontando una perdita di potere d’acquisto senza precedenti. L’inflazione galoppa e non tutti possono permettersi prodotti di pasticceria, o frutta e verdura. I prodotti prossimi alla scadenza mantengono le proprietà organolettiche originarie e possono essere venduti senza contro indicazioni a prezzi scontati e in specifiche box promozionali. MyFoody opera a due livelli, da un lato è uno strumento che sostiene la marginalità della grande distribuzione. Dall’altro aiuta il potere d’acquisto delle famiglie. La startup ha completato la prima fase della sua vita con successo ed è stata acquisita dal gruppo francese Phenix. Nel board sono presenti consiglieri di sesso femminile.

Erbert

Anche Erbert è una startup che opera nel settore della grande distribuzione.

Fondamentalmente si tratta di un nuovo tipo di supermercato che vende soltanto prodotti di alto valore nutrizionale. Rispetto ad altri supermercati biologici, Erbert non sposa tanto la filosofia del vegetarianesimo o del biologico, ma quella più pragmatica della salute.

Inoltre Erbert, che ha aperto nel corso degli ultimi anni alcuni supermercati in centro a Milano, offre al cliente percorsi dietetici con consigli di ricette e suggerimenti di nutrizionisti. È un modello a metà tra la Gdo e la consulenza nutrizionale.

Oggi il tema della salute è fondamentale.

In Italia e nei Paesi sviluppati, una percentuale altissima di over 50 è sovrappeso e obesa e si avvia verso una vecchiaia forse lunga ma anche piena di problemi di salute. Erbert è il primo supermercato che viene costruito sulla missione di una alimentazione sana, corretta ed equilibrata, al di là delle specifiche ideologie nutrizionali. Il progetto è in fase di crescita. Nel 2022 sono stati aperti nuovi supermercati in Lombardia e altri sono in fase di lancio.

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