Ambiente

Se le aziende fanno marketing sulla sostenibilità

Invece di puntare a operazioni d’immagine, dice l’esperta di Risk Management, le imprese dovrebbero investire sulla gestione del rischio ambientale. Che impatta sulle risorse naturali ed economiche del Paese
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10 febbraio 2022 Aggiornato alle 08:00

Sostenibilità: capita sempre più spesso di incrociare questa parola quando navighiamo in Rete, guardiamo la tv, facciamo acquisti, persino al bar e al ristorante. Quando l’utilizzo di questo termine è realmente giustificato e quando invece è solo di facciata? Quando si tratta di greenwashing e quando di impegno reale?

Oggi nelle imprese le politiche ambientali nascono per lo più con un’ottica commerciale e vengono create a tavolino da esperti di marketing. La conseguenza di questo è che in ambito ambientale si investe soprattutto in quegli aspetti che danno un immediato ritorno di immagine, come a esempio ridurre la plastica negli imballaggi, usare materie prime riciclate, ecc.

In questo stesso contesto il nostro Paese ha stanziato con il PNRR 500 milioni di euro per la bonifica e il ripristino di più di 260 siti industriali contaminati. Una somma importante che ha l’obiettivo di bonificare e ripristinare le risorse naturali danneggiate. Questi fondi si sarebbero potuti risparmiare con una migliore gestione dei rischi ambientali? Se non totalmente, certamente una parte avrebbe potuto essere risparmiata e investita diversamente.

Il mancato Risk Management ambientale ha conseguenze potenzialmente catastrofiche non solo sulla sopravvivenza dell’azienda ma anche sullo stato delle risorse naturali, sulla qualità della vita delle persone e naturalmente sulle finanze di un Paese.

Dall’analisi di 1031 casi di danno all’ambiente causati da aziende, occorsi nel periodo 2000-2019, gestiti dal Pool Ambiente, emerge come il 73% non si sarebbe mai verificato se l’azienda avesse un sistema di gestione del rischio ambientale (come quello indicato nella nuova certificazione UNI Ambiente Protetto).

Questo si traduce, per i casi analizzati in 752 eventi di danno risparmiati e 104 milioni di euro che non si sarebbero spesi per bonifiche e ripristino. Tali casi hanno comportato: gravi contaminazioni del terreno e della falda da idrocarburi e prodotti chimici, distruzione di habitat naturali, deterioramento di fiumi, laghi e del mare, emissioni tossiche nell’aria, gravi danni alla salute delle persone e di intere comunità.

Quando si chiede ai consumatori cosa sia prioritario tra proteggere le risorse naturali da eventuali danni, ridurre la produzione di rifiuti, migliorare l’efficienza energetica di un’impresa, la risposta è sempre all’unanimità la prima. Perché, quindi, se la prevenzione dei danni all’ambiente è prioritaria per il consumatore questo aspetto è sistematicamente trascurato dalle imprese, comprese quelle più impegnate per la “sostenibilità”?

Il Risk Management ambientale può contribuire a una maggiore e reale sostenibilità delle aziende? La risposta è Sì, ma il paradosso è che nonostante in Italia sia vigente una delle normative più severe d’Europa in casi di danno all’ambiente, mancano degli obblighi normativi in materia di prevenzione.

Il Master in “Risk management ambientale per lo sviluppo sostenibile dell’impresa” di CINEAS, giunto alla 14a edizione, si rinnova quest’anno proprio per andare incontro alle esigenze delle imprese, per una sostenibilità reale e perché temi come prevenzione e riparazione dei danni all’ambiente diventino parte integrante non solo delle politiche ambientali ma anche dei processi decisionali dei vertici dell’impresa.

Perché questo accada occorre formazione, in particolare delle figure chiave che in azienda si occupano di rischi e della loro gestione ma idealmente anche di chi fa comunicazione sui temi ambientali.

Lisa Casali è Coordinatrice del Master CINEAS “Risk management ambientale per lo sviluppo sostenibile dell’impresa”, Manager di Pool Ambiente

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