Diritti

La pace della discordia

Davanti all’ambasciata russa a Roma si è tenuto ieri un sit-in contro la guerra. Tappa di una lunga serie di manifestazioni che stanno facendo litigare le opposizioni
Credit: ANSA/FABIO FRUSTACI
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
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14 ottobre 2022 Aggiornato alle 16:00

Ieri si è svolta a Roma la manifestazione per la pace in Ucraina. Anzi, una delle manifestazioni, visto che da qui a inizio novembre quelle in calendario sono numerose, tutte simili ma in realtà diverse. O forse no.

Avere un quadro davvero chiaro della situazione è complesso perché mentre nei palazzi vanno in scena le elezioni dei presidenti di Camera e Senato condite da psicodrammi, misteri e trame surreali, fuori non va meglio.

Si litiga sulla pace e anche se sembra una contraddizione in termini è proprio quello che sta accadendo, con i partiti dell’opposizione singolarmente impegnati a portare avanti la propria idea di pace, a smarcarsi dalle altre e di conseguenza a partecipare o meno a questa o quella manifestazione.

Ma andiamo con ordine partendo dagli ultimi fatti.

La manifestazione davanti all’ambasciata russa

Ieri alle 18.30 davanti all’ambasciata russa a Castro Pretorio a Roma diverse associazioni tra cui Mean (Movimento europeo di azione nonviolenta), Base Italia, LiberiOltre e il Comitato Giovani per l’Ucraina hanno indetto un sit-in di protesta per chiedere il ritiro delle truppe russe.

«Ci sembrava che la risposta primaria dopo un bombardamento di 81 missili sui civili fosse ribadire che la pace è l’obiettivo di tutti, chiarendo con forza che il responsabile di ciò che sta accadendo si chiama Vladimir Putin», spiega Marco Bentivogli, coordinatore nazionale di Base Italia, che insieme alle altre sigle organizzatrici ha fissato ulteriori obiettivi prioritari. Fermare l’escalation nucleare, riprendere il percorso del disarmo dalle armi atomiche e riconoscere la piena indipendenza e autonomia dell’Ucraina con i confini riconosciuti dalla comunità internazionale prima del 2014 e dell’invasione russa della Crimea. Infine, garantire la libertà di parola e di obiezione di coscienza ai giovani russi.

Insieme ai molti cittadini italiani, ucraini, ma anche bielorussi desiderosi di non essere considerati il braccio destro di Putin, erano presenti anche tanti volti noti del centrosinistra, come annunciato alla vigilia.

Le posizioni di Pd, + Europa, Azione e Verdi

Tra i primi ad arrivare Enrico Letta, accompagnato da Laura Boldrini, Luigi Manconi e molti altri esponenti. Il segretario Pd ha ribadito la posizione dei dem: «Sono qui perché noi partecipiamo a tutte le manifestazioni che vogliono la fine della guerra e la pace e che non siano equidistanti ma dicano con chiarezza che c’è un aggredito, il popolo ucraino, e un aggressore, la Russia. Non vogliamo mettere il cappello su iniziative altrui e non è assolutamente nostra intenzione strumentalizzare niente e nessuno, ma semplicemente rendere più forte l’urlo di pace e contro la Russia».

Particolarmente applaudita Emma Bonino di +Europa, affiancata da Benedetto della Vedova, Riccardo Magi e dal leder dei Verdi Angelo Bonelli, che ha affermato che «Putin prima o poi debba essere trasferito all’Aja, come accadde per Milosevic e i massacratori della guerra in Jugoslavia».

Della partita anche il Terzo Polo, la cui vicinanza alla causa è stata testimoniata dall’arrivo di Carlo Calenda, che in una sorta di staffetta con Letta, uno è arrivato quando l’altro è andato via, ha reso noto quanto il gelo tra i due, causa strappo della mai nata coalizione elettorale, sia ancora piuttosto evidente. Anche se il leader di Azione minimizza: «Letta se n’è andato quando sono arrivato? Un caso. Io ero in ritardo e Letta è una persona educata».

I 5 Stelle in piazza il 5 novembre

Assenti senza sorpresa i 5 Stelle, che saranno invece alla manifestazione del 5 novembre organizzata dalla Rete italiana per la pace e il disarmo, che raccoglie molte sigle tra le quali Arci, Acli, Libera e Cgil.

Quel giorno Calenda non ci sarà, visto che nonostante la volontà degli ideatori di smarcarsi dalle bandiere politiche, l’evento sta involontariamente legando la propria immagine a quella di Giuseppe Conte, che ne è un forte sostenitore. Lo strappo delle opposizioni sulle manifestazioni per la pace ruota tutto o quasi sulla posizione del partito guidato dall’ex premier, che se in un primo momento aveva votato a favore di un finanziamento bellico al popolo di Zelensky, oggi ne è un fervido oppositore.

E se il leader di Azione giudica «orrendo manifestare per la pace e non sostenere l’invio di armi a Kiev perché se voti contro questa misura e chiedi la pace stai chiedendo la resa», Enrico Letta è più morbido. Nonostante i vertici del partito siano ancora cauti e giudichino equivoca la manifestazione, che non distinguerebbe bene le responsabilità dell’aggressore russo, ha dichiarato: «la manifestazione del 5 novembre ci interessa. Non so se è la manifestazione di Conte, so che è organizzata da Arci e Acli».

Una frase sibillina che poco lascia intendere ma che dà tutta l’impressione che le cose possano ancora cambiare diverse volte prima di quella data. Anche perché nel frattempo il 21, 22 e 23 ottobre circa un centinaio di piazze italiane prenderanno parte alla mobilitazione di Europe for peace.

Come se non bastasse anche il governatore della Campania Vincenzo De Luca pensa a una sua manifestazione a Napoli, probabilmente il 28 ottobre, e lo stesso Calenda avanza l’ipotesi di scendere in piazza a Milano, a data da destinarsi.

Insomma l’autunno delle manifestazioni sulla pace sembra particolarmente caldo.

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