Diritti

Perché l’Europa vuole bloccare i fondi di coesione per l’Ungheria?

La proposta, avanzata dalla Commissione, congelerebbe 7,5 miliardi di euro destinati a Budapest. Ora il Consiglio europeo ha un mese per approvare o negare la mozione
Credit: EPA/ZOLTAN FISCHER/HUNGARIAN PM'S PRESS
Tempo di lettura 3 min lettura
21 settembre 2022 Aggiornato alle 15:00

Si intensifica lo scontro fra le istituzioni dell’Unione europea e il governo ungherese di Viktor Orbán.

Domenica la Commissione Ue ha proposto, esplicitamente, di congelare il 65% dei fondi di coesione destinati all’Ungheria, per una valore di circa 7,5 miliardi di euro pari al 5% del Pil ungherese. La decisione finale poi spetterà al Consiglio europeo che ha un mese di tempo per approvare o negare la mozione, a maggioranza qualificata.

La richiesta di congelamento è stata dettata dalla continua violazione dello stato di diritto europeo da parte del governo di Budapest e dalle preoccupazioni riguardanti la corruzione endemica presente: «Riguarda le violazioni dello stato di diritto che compromettono l’uso e la gestione dei fondi della Ue. Non possiamo concludere che il bilancio della Ue sia sufficientemente protetto», ha affermato il Commissario al Bilancio Johannes Hahn, il quale però allo stesso tempo ha sostenuto che «siamo realmente confidenti che… vedremo significative riforme in Ungheria, le quali in effetti rappresenteranno un cambio di direzione».

Questo atto è solo l’ultimo capitolo di uno scontro che va avanti da anni e coinvolge anche altri esecutivi dell’Est Europa come il governo polacco. Il quale ha sempre fatto da sponda all’Ungheria, compresa questa volta: «La Polonia si opporrà fermamente a qualsiasi azione delle istituzioni europee che intendano privare illegalmente i fondi agli Stati membri, in questo caso l’Ungheria in particolare», ha ammonito il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki.

Ma se da una parte la Polonia tenta di proteggere per convenienza nazionale l’agire ungherese, dall’altra parte molti membri dell’Unione sono sempre più insofferenti di fronte alle azioni di Orbán che stanno minando definitivamente le procedure democratiche interne, con continui attacchi contro l’opposizione parlamentare, le Ong e gli attivisti della comunità Lgbtq.

Di fronte a questa deriva diversi membri del Parlamento europeo hanno dichiarato in un report simbolico che la nazione ungherese non è più una democrazia funzionante: «Ci rammarichiamo che l’assenza di un’azione decisa da parte dell’Unione europea abbia contribuito alla disintegrazione della democrazia in Ungheria, facendone un regime ibrido di autocrazia elettorale», ha affermato l’eurodeputata Gwendoline Delbos-Corfield.

Nonostante le accuse e le preoccupazioni a livello continentale, è probabile che verrà raggiunto un accordo in extremis per impedire il blocco dei fondi tramite l’implementazione di varie riforme da parte del governo di Budapest. «La decisione finale richiede la maggioranza qualificata nel Consiglio ed è quindi puramente politica. Molti Paesi saranno cauti nel compiere un passo così drastico. Se l’Ungheria adotterà qualche riforma, cosa che in realtà ha già fatto, mi aspetterei un accordo che consentirà al Consiglio di respingere la mozione della Commissione», ha fatto notare Piotr Buras, membro del Warsaw office for the European Council on Foreign Relations (Ecfr).

Leggi anche
esteri
di Maria Michela D'Alessandro 3 min lettura
politica
di Maria Michela D'Alessandro 5 min lettura