Futuro

Impact Investing: perché fa bene alle imprese?

È un modello di investimento che punta all’innovazione sostenibile e sociale delle startup. L’obiettivo, far crescere progetti che abbiano un impatto collettivo e ambientale positivo
Credit: oltreimpact
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5 settembre 2022 Aggiornato alle 11:00

Se oggi buona parte delle startup italiane e internazionali si occupano di sostenibilità non è solo merito di una nuova generazione di startupper e imprenditori sensibili e lungimiranti, ma anche a un nuovo modello di investimento chiamato Impact Investing.

L’Impact Investing nasce dal punto di vista lessicale nel 1990 con la pubblicazione del libro Impact Investing:Transforming How We Make Money While Making A Difference. Ma è solo a partire dal 2005 che questa forma di investimento inizia ad acquisire una specifica fisionomia.

Da sempre le startup crescono e si evolvono grazie al mondo dei fondi di Venture Capital. È solo grazie ai suoi grandi nomi statunitensi che Google, Facebook, PayPal e Amazon hanno conquistato il mondo. A differenza dei finanziamenti tradizionali, il Venture Capital investe su aziende con modelli di business non ancora ben definiti ma straordinarie potenzialità di crescita e di astronomici profitti futuri.

Contrapposto al mondo del capitale di ventura, aggressivo e affamato di profitti straordinari, si è sviluppato nel corso degli ultimi due decenni, l’Impact Investing, che in un certo senso prova a unire la logica della filantropia con quello del venture capitalist. Questo non investe a fondo perduto, come Fondazioni ed Enti Filantropici. Ma allo stesso tempo non si aspetta i ritorni di investimenti del Venture Capital tradizionale. Ma soprattutto è dove investe che fa la differenza.

Il portafoglio delle società partecipate dai fondi di Impact Investing è composto da imprese sociali, che hanno un positivo impatto sociale o ambientale o entrambi. Nel 2018 sono stati investiti oltre 500 miliardi da Fondi di Impact Investing verso imprese sociali, B-Corp e startup che si occupano di sostenibilità.

L’Italia non è rimasta indietro in questo ambito. Non solo nel corso degli anni sono nati diversi fondi di Impact Investing, ma alcune delle startup finanziate hanno avuto successo e stanno avendo un grande impatto positivo sul nostro Paese.

La realtà storica dell’Impact Investing in Italia è Oltre Venture. Nel portafoglio di Oltre Venture troviamo la catena di poliambulatori Sant’Agostino e i supermercati Erbert, che stanno cominciando a diffondersi in Lombardia. Erbert propone un nuovo modello di supermercato attento alla salute che si pone a metà tra un normale supermercato della grande distribuzione organizzata e un servizio di consulenza nutrizionista.

Tra le altre realtà finanziate troviamo startup che si occupano di agricoltura idroponica, microcredito e energia riciclabile. Sull’onda del successo di Oltre Venture, sono nate altre realtà di Impact Investing, tra cui Aim Impact e Opes Lcef, che investono in progetti basati sull’inclusione sociale, le opportunità lavorative e il turismo sostenibile.

Intorno ai fondi di Impact Investing sta nascendo un’intera filiera di progetti che sostengono l’innovazione sostenibile, fatta di acceleratori e incubatori di idee che supportano le startup nella fase iniziale per prepararle alla crescita. A Milano Impact Hub e a Torino Social Fare sono realtà di riferimento per il mondo delle startup sostenibili.

Una delle grandi sfide è quella di misurare non solo il ritorno dell’investimento delle startup partecipate, ma anche il ritorno di investimento sociale.

Un tempo le società venivano misurate su un unico parametro, l’ultima riga del bilancio: l’utile d’azienda. Si chiama top line ed è ciò che interessa agli azionisti. E se vogliamo è alla base del capitalismo. L’intreccio infinito degli interessi individuali genera un vantaggio per la collettività, attraverso una qualche legge invisibile dell’economia, così pensava l’economista Adam Smith. Oggi però si è capito che non è così.

L’Impact Investing si occupa in grande misura di quelle aziende che sono in grado di misurare, ridurre e minimizzare i “costi sociali”, ovvero generare costi sociali positivi o comunque minori del profitto.

I carbon credit sono un esempio di questo nuovo modello capitalistico più sostenibile. Le aziende che hanno troppe emissioni di Co2 devono comprare servizi che aumentano la capacità del pianeta di assorbire le emissioni. In termini ideali questo meccanismo andrebbe esteso a tutte i costi/danni sociali: materiali inquinanti, scorie, polveri sottili, sostanze cancerogene. Al momento tuttavia non è così.

Si tratta dunque di una trasformazione che è solo agli inizi. Eppure non si può non riconoscere il ruolo importantissimo dell’Impact Investing sia nell’investire in società che hanno impatto positivo, che nel far venire a galla il vero bilancio extra economico delle società in termini di benefici e costi sociali.

Una delle critiche che vengono mosse, però, è che alcune misurazioni dell’impatto sociale di un’azienda non sono basate su modelli scientifici e chiari. Un’altra obiezione è che, non disponendo degli enormi capitali del Venture Capital tradizionale, l’Impact Investing non riesce a sostenere la crescita dei nuovi Google, Facebook e Amazon green. E così sostanzialmente non è in grado di incidere in maniera significativa sull’economia mondiale.

Il punto, tuttavia, è che secondo molti esponenti dell’Impact Investing è lo stesso modello monopolistico basato sulla crescita infinita delle aziende e sposato dai Venture Capital tradizionali una delle cause delle attuali iniquità sociali ed economiche.

Nel frattempo, obiezioni a parte, questo modello continua a crescere. Nella sola Europa, gli investimenti di impatto hanno superato i 100 miliardi nel 2020, crescendo del 56% rispetto all’anno precedente, secondo i dati di Bloomberg’s. A livello mondiale, ci si aspetta che gli investimenti di impatto superino 1.500 miliardi di dollari nel 2028, secondo il centro di ricerca Insight Partners.

Insomma, si tratta ancora di una parte minoritaria del totale degli investimenti in capitali di ventura, ma sempre più rilevante e centrale per le nuove startup mondiali.

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