Diritti

Alfre Woodard: «combattere è una cosa che impari»

«Parlare di uguaglianza. È il modo in cui i miei genitori mi hanno cresciuta» spiega l’attrice statunitense a La Svolta, mentre racconta degli ostacoli razziali incontrati nei suoi 30 anni di carriera
Alfre Woodard alla Women's March di Los Angeles nel gennaio 2018
Alfre Woodard alla Women's March di Los Angeles nel gennaio 2018 Credit: Lionel Hahn/ABACAPRESS.COM
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22 luglio 2022 Aggiornato alle 17:00

Trent’anni di una carriera disseminata di grandi successi, quella dell’attrice americana Alfre Woodard (12 Anni Schiavo, The Core, La Foresta Silenziosa, The Forgotten). Un centinaio di titoli che dimostrano uno dei suoi più grandi talenti: la capacità di trovarsi a proprio agio tanto diretta da Spike Lee in Crooklyn, quanto accanto a Jason Momoa nella serie futuristica Sea su AppleTv, che diretta dai fratelli Russo in The Gray Man, mega produzione Netflix, la più costosa nella storia del colosso americano, disponibile da oggi in Italia.

«In Gray Man interpreto una specie di corrispettivo di M per Bond - racconta Alfre Woodard a Ostuni, ospite dell’AlloraFest - Ho accettato questo ruolo perché volevo impressionare i miei figli, sia per il cast, Ryan Gosling, Chris Evans, (già incontrato in Capitan America: Civil War) e Ana de Armas, che per i posti bellissimi dove avrei girato, Londra, Hong Kong, etc. Solo dopo mi hanno detto che il mio personaggio sarebbe stato fermo in America! Comunque, ho avuto modo di avere il mio momento di gloria».

In questi nuovi film action finalmente anche le donne hanno ruoli più di azione, cosa ne pensa?

Noi siamo sempre state donne forti, è che il cinema non ci ha mai rappresentato in questo modo. Solo ultimamente, i registi cominciano a capirlo, e gli sceneggiatori a scrivere ruoli più legati alla realtà.

Il suo curriculum è ampio, e non interpreta mai lo stesso tipo di personaggio due volte. Come ci riesce?

Mi offrono tante sceneggiature e tanti ruoli, ma il lavoro che mi piace accettare è quello dove il personaggio ha qualcosa che qualcun altro potrebbe trascurare, qualcosa che lo porta in vita in modo più specifico e lo rende un essere umano. Per questo cambio spesso, è la bellezza di fare lo straordinario lavoro dell’attore, essere sempre qualcun’altra da te.

Nella serie Luke Cage, nuova collaborazione tra Marvel e Netflix, lei interpreta un vero “villain”. Come si è trovata nella parte della cattiva?

Benissimo. I villain sono diventati più interessanti rispetto ai supereroi. Sono stati resi più definiti. Devi capire cosa dà forza a queste persone, cosa guida le loro azioni per interpretarli. Riflettono molto di più la vita nelle città e le loro difficoltà sembrano più veritiere.

Come Viola Davis anche lei ha parlato di avere avuto problemi nella sua carriera, non solo perché nera, ma anche perché troppo nera.

Ancora oggi sono percepita diversamente: sono fra le attrici nere più avanti con gli anni, con la pelle più scura, e dall’aspetto etnico. Fin dall’inizio mi si diceva: “Stiamo cercando una giovane donna nera attraente”. Ma combattere è una delle cose che impari quando nasci al Sud. Nessun pregiudizio, mi toglierà la mia libertà di espressione.

Ha sempre reagito?

Ci sono persone che puoi rinchiudere sul fondo dell’oceano con una catena attorno, e troveranno comunque il modo per uscirne. Questa è l’eredità che è stata lasciata alla mia generazione e l’insegnamento di mio padre: “c’è questo ostacolo? Dovrai solo trovare un modo per aggirarlo. Qualunque cosa tu voglia, puoi ottenerla”.

È sposata dal 1983 con lo scrittore Roderick Spencer con il quale ha adottato due figli. Una unione mista che le ha creato dei problemi. È così?

Non è sempre stato facile. Un matrimonio interrazziale nel 1983 era un avvenimento che attirava molta attenzione. Quando decidemmo di sposarci, anche le nostre famiglie protestarono. Nonostante tutto ciò, il nostro amore ha superato la prova del tempo, rimaniamo felicemente sposati dopo più di tre decenni.

Usa la sua voce per difendere le cause in cui crede, fin dall’inizio degli anni ‘90, quando ha fondato con Danny Glover l’Artists for a New South Africa, associazione che promuove la libertà e l’uguaglianza. Una scelta importante?

Per me non è una scelta. È la mia lingua, la mia vita, è il modo in cui i miei genitori mi hanno cresciuta. Parlare di uguaglianza, combattere per i diritti, non potrebbe essere altrimenti.

È membro anche della Creative Coalition, associazione americana di artisti dello spettacolo attivi nel campo della difesa dei diritti civili, con cui si è molto prodigata soprattutto contro Trump

Certo. Avremo difficoltà a ripulire l’atmosfera da ciò che ha fatto Trump, ha legittimato gli americani a esprimere odio, a essere razzisti, maschilisti e peggio ancora. Cose di cui noi americani siamo ancora molto imbarazzati. Anche perché non è così alle spalle come si pensa. Ma ho fiducia nella prossima generazione notevolmente più progressista, che sarà abbastanza forte e intelligente da combattere la tossicità di questi ultimi anni

La sua carriera è cominciata negli anni Settanta, un viaggio che da Tulsa, nell’Oklahoma, l’ha portata fino a Los Angeles, tra teatro e cinema. Ricorda cosa la spingeva?

Sono passati tanti anni, è vero, ma spesso torno a quei giorni e cerco di ricordare la luce che avevo negli occhi quando ho cominciato a fare questo mestiere. Avevo speranza, entusiasmo, grinta. Sto molto attenta a non perdere quella luce, perché è fondamentale per continuare a fare bene.

Il suo segreto?

Mi guardo ancora in giro per trovare ispirazione, per capire come modellare il personaggio, come muovermi, e in che situazione emotiva si trova. Non do niente per scontato, questo è il segreto. Lasciarsi andare e non prendersi troppo sul serio. Bisogna essere professionali, ma non crederci troppo… nessuna seduta di autocoscienza, immedesimazione, divertirsi ancora e sempre, questo sì.

Un curriculum impressionante, corredato da 4 Emmy, un Golden Globe,e molti altri premi, ma che inspiegabilmente ha avuto una sola nomination all’Oscar, nel lontano 1983, per La foresta silenziosa di Martin Ritt. Le ha provocato dispiacere?

Non è così importante come si crede, sa? (Ride di gusto, ndr) Spesso mi confronto a teatro direttamente con il pubblico, l’affetto che mi dimostrano è l’unico premio che per me vale la pena vincere.

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