Diritti

Il prezzo della morte di Daphne Galizia

Per la prima volta dopo 4 anni, George Degiorgio, accusato di aver fatto esplodere l’autobomba che uccise la giornalista a Malta, nel 2017, ha confessato l’omicidio in un’intervista
Credit: Sachelle Babbar/ZUMA Wire
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
8 luglio 2022 Aggiornato alle 09:00

«Se avessi saputo chi era, avrei chiesto 10 milioni di euro, non 150.000». È la paga che avrebbe voluto ricevere George Degiorgio per aver fatto esplodere una bomba sotto la macchina della giornalista Daphne Caruana Galizia, assassinata la mattina del 16 ottobre del 2017 a Bidnija, nella parte centro-settentrionale di Malta.

A parlare, inaspettatamente, è uno dei sospettati dell’omicidio su commissione che sconvolse l’Europa ormai cinque anni fa: insieme a lui, le autorità maltesi hanno accusato suo fratello Alfred e Vince Muscat, che avrebbero agito per volere di un importante uomo d’affari dell’isola. Si tratta di Yorgen Fenech, accusato a novembre del 2019 di aver incaricato i tre uomini di uccidere la giornalista.

La confessione di Degiorgio è arrivata durante un’intervista all’agenzia di stampa britannica Reuters, condotta dal giornalista Stephen Grey, che sta realizzando un podcast sull’accaduto, dal titolo “Who Killed Daphne?”: «Sono riuscito a intervistare George Degiorgio, l’uomo accusato di aver fatto esplodere la bomba che l’ha uccisa. Finora aveva negato l’accusa. Ma ora ha confessato», scrive Grey su Twitter.

Degiorgio e suo fratello, infatti, hanno sempre negato il coinvolgimento nell’omicidio. Muscat, invece, si è dichiarato colpevole delle accuse di omicidio nel 2020 ed è stato condannato a 15 anni di carcere in cambio della sua testimonianza su questo e altri crimini.

Gli avvocati di Degiorgio hanno tentato per quattro anni di ottenere la grazia in cambio di una testimonianza sul suo ruolo nell’omicidio della giornalista e in altri presunti crimini che coinvolgono personaggi di spicco maltesi, ma senza successo.

A giugno la corte d’appello di Malta aveva respinto i ricorsi legali di Degiorgio, che aveva cercato di contestare le prove a carico suo e del fratello Alfred, aprendo la strada a un processo.

A Reuters il reo confesso ha detto che, per cercare un accordo simile a quello ottenuto da Muscat, si sarebbe dichiarato colpevole prima di qualsiasi processo con giuria e che avrebbe fornito una testimonianza su altre persone che avrebbero preso parte all’omicidio e a un tentativo precedente di uccidere Caruana Galizia.

Degiorgio non sapeva molto della sua vittima né della sua famiglia prima di accettare di prendere parte al suo omicidio, pensava fosse una criminale: «Non l’ho mai incontrata in vita mia», e «per me erano solo affari. Sì. Affari, come al solito», ha specificato nell’intervista, aggiungendo che era dispiaciuto per l’accaduto.

Come raccontava Grey nel 2019, per anni Caruana Galizia aveva gestito un blog (tuttora) online divenuto famoso per le opinioni politiche taglienti e le accuse di corruzione verso personaggi noti, anche tra le fila dei ministri del governo laburista dell’isola. Cosa che le aveva fatto guadagnare molti nemici.

Era stata la prima a svelare il possibile coinvolgimento del primo ministro maltese Joseph Muscat in illeciti finanziari legati allo scandalo dei Panama Papers, che aveva scovato una rete di evasione fiscale internazionale legata anche all’isola di Malta. Muscat venne scagionato nel 2018.

Ma l’anno dopo, a seguito dell’arresto di Fenech, prima accusato di aver pagato alcune tangenti attraverso una società offshore, e poi di essere il mandante dell’omicidio della giornalista, molte persone scesero in piazza per chiedere le dimissioni del primo ministro. La sua vicinanza ai membri del governo maltese, accusati di aver concluso affari con Fenech, lo ha spinto a dimettersi nel 2020.

I dettagli sull’assassinio, come il prezzo della commissione, sono stati rivelati da Muscat nel 2018: la bomba, posizionata sotto il sedile del conducente, sarebbe stata acquistata da gangster maltesi e fornita dalla mafia italiana. Sarebbe stato troppo complesso spararle, ha detto.

E così, quella mattina, ha inviato un sms dallo yacht su cui si trovava al dispositivo collegato alla bomba. E l’auto su cui era appena salita la giornalista è esplosa sotto casa, dove stava suo figlio Matthew, in una mattina di ottobre.

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