Ambiente

Aumentano le cause climatiche contro governi e istituzioni

Nella Capitale, la prima udienza di “Giudizio Universale”, la campagna contro l’inazione dell’Italia nell’affrontare la crisi climatica. Intanto, giovani europei si schierano contro la Carta europea dell’energia, considerata un ostacolo alla lotta al climate change
Attivisti di “Giudizio Universale”
Attivisti di “Giudizio Universale” Credit: Dalla loro pagina instagram: https://www.instagram.com/giudizio__universale/
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23 giugno 2022 Aggiornato alle 07:00

In un mondo dove la crisi climatica non viene affrontata a dovere, nonostante il Pianeta continui a inviarci segnali inequivocabili (come in questi giorni), c’è chi prova a invertire la rotta del surriscaldamento con lo strumento della legge.

Sono sempre di più infatti le climate litigation, cause che vengono fatte nei confronti degli Stati nel tentativo di ottenere una reazione all’inadempienza e l’inazione nell’affrontare la crisi climatica.

Quasi in contemporanea, mentre a Roma andava in scena il primo passaggio in aula di “Giudizio universale”, la campagna sostenuta da 203 ricorrenti e guidata dall’associazione A Sud per fare causa allo Stato Italiano riguardo alla sua inadempienza nel perseguire gli obiettivi climatici e di abbassamento delle emissioni, alla Corte europea dei diritti umani un gruppo di giovani rimasti vittime di eventi della crisi climatica ha iniziato una azione legale al tribunale europeo per i diritti umani, una causa contro un trattato sull’energia che continua a proteggere di fatto gli investitori in combustibili fossili.

In questo caso si tratta di cinque persone fra 17 e 31 anni che avevano subito inondazioni, incendi boschivi, uragani e altri impatti collegabili alla crisi climatica: si sono schierati contro l’adesione dei propri governi alla ECT (Energy Charter Treaty, Carta europea dell’energia), un sistema che a loro dire costituisce un ostacolo nella lotta al surriscaldamento.

Così, per la prima volta, alla corte di Strasburgo viene chiesto di rivalutare di fatto il trattato, un sistema che secondo i ricorrenti difende gli investitori in società di combustibili fossili, permettendo loro persino di chiedere conto ai governi in caso di mancati profitti.

«Semplicemente non può essere che l’industria dei combustibili fossili sia ancora più protetta dei nostri diritti umani», ha sostenuto Julia, studentessa tedesca di 17 anni che vive in una regione della Germania fortemente colpita dalle inondazioni, quelle che uccisero (anche in Belgio) oltre duecento persone. «Ho deciso di unirmi a questa azione legale per combattere il trattato sulla carta dell’energia che protegge ancora l’industria dei combustibili», ha spiegato.

In totale la causa cita in giudizio 12 Stati membri perché ospitano società che sono “utenti attivi” della ECT, una Carta che potrebbe consentire alle aziende del fossile persino di citare in giudizio i governi fino al 2050 a titolo di risarcimento per la chiusura anticipata di impianti a carbone, petrolio e gas.

Un privilegio che secondo i giovani mina la transizione ecologica, impedendo per esempio proprio i processi di decarbonizzazione.

Si tratta di un primo passo, così come quello compiuto a Roma da “Giudizio universale”, una causa che vede coinvolte 24 associazioni, 193 individui e 17 minori. Come hanno detto gli avvocati, si tratta di «una azione civile con la finalità di condannare lo Stato a porre in essere misure adeguate contro la crisi climatica». Durante l’udienza il giudice si è riservato di consultare la documentazione fornita e ha rinviato a un appuntamento futuro.

Per Marica Di Pierri, portavoce di “A Sud”, principale associazione che guida la causa, «la nostra impressione è che lo Stato non abbia in questi mesi avuto alcuna intenzione di fornire evidenze scientifiche che argomentino la sufficienza delle politiche climatiche messe in atto finora e non si è nemmeno sforzato di confutare le nostre posizioni. Forse vogliono solo evitare un processo, che invece noi in questa che si preannuncia già come una delle estati più calde di sempre, crediamo sia una necessità urgente».

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