Diritti

Giappone: sì alla pillola abortiva, ma con il consenso coniugale

Il Giappone è uno degli undici Paesi al mondo in cui viene richiesto il consenso a terzi per abortire. La nuova legge potrebbe inserire l’obbligo anche nel caso della pillola abortiva, ancora illegale nel Paese
Credit: Ryoji Iwata/unsplash
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
1 giugno 2022 Aggiornato alle 09:00

Abortire in Giappone è già cosa complessa. Entro la fine di quest’anno, e siamo nel 2022, le autorità potrebbero approvare la pillola abortiva. Ma solo con il consenso del partner.

È quanto riporta l’agenzia di stampa internazionale Bloomberg: il Giappone sta valutando la prescrizione – e probabilmente la approverà - di un farmaco attualmente disponibile in oltre 70 Paesi nel mondo (in Italia dal 2009). Ma potrebbe esserci questa clausola.

Ad oggi è uno degli undici Stati in cui viene richiesto il consenso a terzi per abortire: si tratta di Bahrain, Indonesia, Kuwait, Marocco, Qatar, Repubblica di Corea, Arabia Saudita, Siria, Timor Est, Turchia, Emirati Arabi Uniti, Yemen. Da anni l’Organizzazione Mondiale della Sanità e il Comitato delle Nazioni Unite chiedono di porre fine a questa pratica discriminatoria, senza risultati.

«In linea di principio riteniamo che il consenso del coniuge sia necessario, anche se un aborto è indotto da un farmaco orale», ha detto durante una commissione parlamentare Yasuhiro Hashimoto, direttore del Child and Family Policy Bureau del ministero della Salute.

Nel Paese l’aborto è consentito al di sotto delle 22 settimane di gestazione solo in determinati casi. Se la donna non è sposata, il consenso di un terzo non serve, ma alcune istituzioni potrebbero richiedere il consenso dei genitori per le minorenni.

Attualmente, solo gli aborti chirurgici sono consentiti in Giappone: ma, anche in questo caso, la Legge sulla salute materna (che risale al 1948) richiede ai medici di ottenere il consenso del coniuge o del partner della paziente prima di permetterle di accedere al farmaco, e le eccezioni sono pochissime.

Secondo i dati del ministero della Salute, nel Paese sono stati effettuati 140.000 aborti chirurgici nel 2020, un numero che diminuisce anno dopo anno: nel 2017 erano più di 164.000.

«È strano richiedere l’approvazione di un coniuge quando si prende una pillola. Il Giappone vive ancora nel medioevo?» si è chiesta durante l’udienza parlamentare Mizuho Fukushima, deputata del Partito socialdemocratico di opposizione, esprimendo preoccupazione per il prezzo elevato degli aborti rispetto ad altri Paesi.

La pillola abortiva, infatti, spiegano gli attivisti pro-aborto, non sarà coperta dall’assicurazione sanitaria nazionale e questo la renderà proibitiva per molte donne. Il prezzo, nelle prime 11 settimane, si aggirerà attorno tra i 100.000 e i 150.000 ¥, ovvero tra i 728 e i 1.000 euro, che è circa lo stesso costo dell’aborto chirurgico. Dopo le 12 settimane da 400.000 a 600.00 yen, tra i 3.000 e i 4.000 euro, ma una minima parte delle spese mediche viene coperta dalle istituzioni mediche.

Il Paese del Sol Levante ha approvato i contraccettivi nel 1999, dopo un percorso durato 9 anni, ma sono bastati sei mesi e un governo guidato dal Partito Liberal Democratico conservatore per dare il via libera al Viagra della Pfizer Inc. Attualmente coloro che acquistano pillole abortive online rischiano fino a un anno di carcere.

Come riporta il quotidiano britannico Guardian, gli attivisti e le attiviste si sono uniti per chiedere a gran voce alle autorità sanitarie di abbandonare questa regola che costringe già le donne (e le costringerà anche nel caso della pillola abortiva) a chiedere un consenso scritto prima di ricevere la prescrizione del medico.

«Il cosiddetto “consenso coniugale” diventa un problema quando c’è un disaccordo con il coniuge o il coniuge costringe la donna a partorire contro la sua volontà», ha spiegato Kumi Tsukahara, membro fondatore di Action for Safe Abortion Japan. «Per le donne, essere costrette a portare avanti una gravidanza che non vogliono è una violenza, una forma di tortura».

Lo dimostra un fatto di cronaca avvenuto lo scorso anno: una donna di 21 anni è stata arrestata dopo che il suo neonato era stato trovato morto in un parco del Giappone centrale. La donna non aveva potuto interrompere la sua gravidanza perché non poteva ottenere il consenso scritto dal suo partner: i medici avevano insistito, ma il ministero della Salute aveva poi dichiarato che il consenso in quel raro caso non serviva perché non era possibile contattare il partner.

I media giapponesi parlano anche di casi in cui i medici hanno rifiutato di concedere la pillola a donne che erano state aggredite sessualmente: è intervenuto il ministero della Salute che ha chiarito alla Japan Medical Association, la più grande associazione professionale di medici autorizzati in Giappone, per chiarire che il consenso non è richiesto nei casi di stupro.

Questi casi di cronaca e la mancata approvazione, fino alla fine del 2022, di un farmaco destinato alle donne fa riflettere sulla scala di priorità di un Parlamento a maggioranza maschile, scrive il Guardian.

Il parlamentare d’opposizione Fukushima ha dichiarato che «le donne non sono proprietà degli uomini. I loro diritti, non quelli maschili, dovrebbero essere tutelati. Perché una donna dovrebbe aver bisogno dell’approvazione del suo partner? È il suo corpo». Non tutti l’hanno capito.

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