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L’Oms vuole spiegazioni sull’origine del Covid

Due anni dopo l’inizio della pandemia sono ancora troppi i misteri sul salto di specie del virus. E si “cerca” sempre nel laboratorio di Wuhan, sperando nella collaborazione di Pechino
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9 febbraio 2022 Aggiornato alle 13:00

Oltre 2 anni dopo l’inizio della pandemia da Covid-19, con quasi 6 milioni di morti alle spalle (5,7), ancora non si ha alcuna certezza sull’origine del virus. Un mistero che per essere risolto necessita di una “forte collaborazione”, ha detto l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) alla Cina, in occasione delle Olimpiadi invernali. In questi giorni infatti il capo dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus ha incontrato il premier cinese Li Keqiang per tentare di avviare una nuova collaborazione che porti a sviluppi nell’indagine sull’origine della pandemia.

«Abbiamo discusso del Covid e della necessità di una sforzo deciso per l’equità dei vaccini quest’anno, per immunizzare il 70% di tutta la popolazione - ha scritto su Twitter il capo dell’Oms - e abbiamo anche discusso della necessità di una più forte collaborazione sulle origini del virus, fondata sulla scienza e sulle prove».

Già in passato Ghebreyesus aveva sollecitato la Cina a essere più disponibile con dati e informazioni precise relative all’origine del virus. Mentre la pandemia continua ad avere un enorme impatto sia in termini di vittime che come ripercussioni sull’economia globale, restano ancora forti dubbi su dove, come e quando abbia avuto origine il virus.

Secondo l’Oms a dicembre Pechino ancora non aveva rilasciato dati necessari a comprenderne la provenienza ed è necessaria una ulteriore indagine per scoprire la fonte del Sars-Cov-2. A oggi restano in piedi sia la teoria, più accettata, di origini naturali, sia la possibilità di una fuga da laboratorio.

Nonostante l’Oms lo scorso anno abbia lanciato il Scientific Advisory Group on the Origins of Novel Pathogens (SAGO) per cercare di trovare risposte, gli inviti rivolti finora alla Cina per fornire nuovi dati sono stati troppo spesso rifiutati, in più casi secondo Pechino per questioni di regole sulla privacy dei pazienti.

Allo stesso tempo la Cina continua a respingere le accuse della possibilità di un incidente nel laboratorio specializzato della città di Wuhan, dove il virus è stato identificato per la prima volta alla fine del 2019. In uno studio congiunto del 2021 Cina e Oms concordavano sulla teoria di infezioni probabilmente dovute a una origine naturale, legate a zoonosi e commercio di specie selvatiche, mentre alcuni rapporti statunitensi affermavano invece la possibilità di un’origine legata alla fuga da laboratorio. L’intelligence americana, su ordine del presidente Joe Biden, sta continuando nel frattempo la sua indagine.

Nel frattempo, mentre l’Oms spinge per una maggiore collaborazione, uno studio internazionale rilanciato dalla Reuters racconta come ripristinare la normale mobilità della popolazione nelle regioni con restrizioni zero-Covid (come quelle cinesi) causerà circa 2 milioni di morti in un anno.

Scienziati cinesi ed esperti hanno ribadito la necessità di mantenere controlli severi, spiegando che i rischi di trasmissione sono ancora troppo elevati e che l’infezione di massa eserciterebbe una pressione intollerabile sul sistema sanitario. Lo studio si basa su alcune ricerche che vanno dal Cile alla Gran Bretagna sull’efficacia dei vaccini e sostiene che anche con un tasso di vaccinazione globale del 95%, se la mobilità della popolazione fosse riportata ai livelli del 2019, in tutte le regioni Covid-zero si arriverebbe a più di 234 milioni di infezioni entro un anno, inclusi 64 milioni di casi sintomatici e 2 milioni di decessi.

La miglior arma per difendersi dal Covid resta dunque lo sviluppo dei vaccini, sostengono i ricercatori cinesi, in particolare aumentando l’efficacia contro le infezioni. «La chiave per controllare il Covid-19 risiede nello sviluppo e nell’uso diffuso di vaccini più efficaci nel prevenire le infezioni» fanno sapere gli esperti. A oggi la Cina è l’unica grande economia che si attiene a una politica zero-Covid nonostante gli avvertimenti che alla lunga ciò potrebbe danneggiare la crescita del Paese.

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