Futuro

I TikToker mettono su casa

Si chiamano collab house e sono ville o loft ultra moderni in cui gruppi di giovanissimi creators digitali vivono e danno libero sfogo alla creatività. Nate a Los Angeles, ne esistono diverse anche nel nostro Paese
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
17 aprile 2022 Aggiornato alle 17:00

La creatività si alimenta in una casa condivisa? Forse. O almeno è quello che sostengono gli inventori delle Collab House, meglio note come case dei Tiktoker.

Sulla stampa tradizionale vi è poca traccia del fenomeno ma le nuove generazioni lo conoscono benissimo, a dimostrazione ancora una volta dello scollamento sempre più evidente tra vecchi e nuovi media e utenti degli uni e degli altri.

Definire le collab house delle semplici case probabilmente è riduttivo visto che si tratta di vere e proprie ville dotate di ogni possibile comfort, nelle quali gruppi di giovanissimi creators vivono stabilmente, facendosi compagnia ma soprattutto producendo giornalmente materiale per i social network. TikTok in primis ma anche Instagram e You Tube.

La più nota di queste comuni 2.0 è la Hype House, che si trova sulle colline di Los Angeles e conta circa una ventina di occupanti fissi, oltre a molti influencer di passaggio che stazionano nelle sue stanze alcuni giorni o anche solo qualche ora, giusto il tempo di un video o un selfie che immortali il momento e catturi quanti più like possibili.

La punta di diamante è Charli D’Amelio, la Tiktoker più famosa al mondo che a soli 17 anni vanta oltre 130 milioni di follower. Originaria del Connecticat non ha mai vissuto stabilmente nella casa californiana ma vi ha soggiornato quanto basta per farne crescere l’appeal.

Come raccontato in un dettagliatissimo reportage del New York Times, la magione extra lusso è stata allestita alla fine del 2019, poco prima dell’inizio della pandemia che ha reso di fatto molto più complesso per chiunque si muova sul web visitare nuovi luoghi dai quali attingere materiale da condividere. Se il mondo là fuori è inaccessibile perché quindi non crearne uno privato?

Una sorta di premonizione dal timing perfetto, originale ma non troppo però visto che Mark Zuckemberg agli albori di Facebook si ritirò per un’estate intera con i suoi primi collaboratori in una villa, sempre Silicon Valley, e che sono datate 2014 e 2015 le esperienze simili dei membri del progetto Our Second Life che hanno vissuto e lavorato insieme nella 02L Mansion e dei talenti di Vine, che si trasferirono al 1600 di Vine Street.

A rendere le collab house di oggi forse differenti da quei primi tentativi di creatività condivisa è soprattutto il fatto che esistano regole ben precise per gli abitanti. Chi si immagina l’equivalente social di una confraternita universitaria americana, infatti, si sbaglia di grosso, almeno stando a quanto dichiarato all’esterno.

Si possono ospitare amici ma in piccoli gruppi e senza trasformare le visite in vere e proprie feste, se qualcuno rompe qualcosa deve ripagarlo e, soprattutto, ogni inquilino è obbligato a realizzare e postare almeno un video al giorno. Insomma, non un luogo di vacanza ma di lavoro a tutto vantaggio, si auspica, della buona riuscita dei contenuti finali, che sempre più spesso non sono fini a se stessi ma utili per promuovere progetti e aziende specifiche e vincolati da contratti a diversi zeri.

Quella di Los Angeles non è l’unica collab house del pianeta. Negli Stati Uniti gli esempi simili sono diversi, come la Sway House e la Club House, quest’ultima fondata sulle colline di Bel Air da Daisy Keech ex inquilina della Hype.

Nemmeno il nostro Paese però è da meno, visto che la prima casa dei Tiktoker del vecchio continente è nata proprio in Italia, a Milano, con il nome di Def House. Spazi ampi e un design ultra moderno e colorato caratterizzano un ambiente ad alto tasso di instagrammabilità.

Oltre a essere la residenza di tiktoker famosissimi per la Gen Z italiana, recentemente il progetto ha fatto un salto in avanti, con l’apertura di un sito e-commerce con merchandising brandizzato che spazia dalle cover per smartphone all’acqua in cartone.

Dodici giovani creativi vivono invece in provincia di Como, nella Stardust House. Le regole alle quali devono sottostare sono le stesse dell’originale a stelle e strisce anche perché qui si fa sul serio. Da semplice luogo di residenza di creators, infatti, il progetto si è allargato notevolmente e oggi conta circa 500 talent sotto contratto e collaborazioni con marchi prestigiosi che chiedono ai ragazzi della crew di promuovere le loro novità, soprattutto in ambito musicale. La richiesta più gettonata, infatti, è la realizzazione di balletti a hoc per far diventare virale il singolo del momento.

Seguendo sui social gli abitanti delle varie case, capire cosa succeda davvero in quei microcosmi è difficile e se sia tutto oro quello che luccica non è dato a sapersi. Indubbiamente si tratta di un modo nuovo di intendere la vita e il lavoro, in cui la linea di confine tra reale e non si assottiglia sempre più.

Un unicum che per i nativi digitali è una certezza che non merita nemmeno riflessioni extra e al quale anche gli adulti, soprattutto se a capo di aziende in cerca di nuovi business, si stanno abituando facilmente.

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