Futuro

Su TikTok gli influencer ti spiegano la guerra

Il conflitto in Ucraina è il primo raccontato sull’app dai millennials. Alcuni leader, come Biden e Zelenskiy, la stanno legittimando. Altri temono le fake news
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
22 marzo 2022 Aggiornato alle 07:00

«Chi può fermare la guerra? Le persone. Queste persone sono tra voi, ne sono certo: attivisti, giornalisti, musicisti, attori, atleti, scienziati, medici, blogger, cabarettisti, TikToker e molti altri».

Così il presidente ucraino Volodymyr Zelenskiy, nel discorso pronunciato il 23 febbraio, un giorno prima dell’invasione russa, faceva un appello anche agli influencer e agli utenti del social lanciato nel 2016, che l’anno scorso ha raggiunto quota un miliardo di iscritti. Così come Joe Biden, che a metà marzo ha avuto il primo incontro in collegamento via Zoom con le 30 star della piattaforma per rispondere alle domande sul conflitto e sul ruolo degli Stati Uniti. «Le persone della mia generazione ottengono tutte le nostre informazioni da TikTok», ha detto il ventunenne creator Kahlil Greene al Washington Post quando ha ricevuto l’invito dalla Casa Bianca, per niente stupito che il Presidente degli Stati Uniti volesse coinvolgere persone come lui in questo breefing.

I contenuti relativi all’Ucraina su TikTok sono esplosi dal 24 febbraio in avanti, con video che hanno raggiunto 30 miliardi di visualizzazioni negli ultimi giorni. Secondo un rapporto del New York Times, i contenuti ucraini sulla piattaforma superano quelli delle omologhe che contano più del doppio delle sue iscrizioni, come Facebook, che vanta 2,9 miliardi di utenti a livello globale.

Nonostante i grandi numeri e la legittimazione da parte dei leader mondiali, alcuni continuano a credere che sia una piattaforma frivola: come riporta il Guardian, l’incontro online tra Washington e i TikTokers è stato deriso su Twitter da utenti increduli, e su Fox News da un senatore repubblicano che ha rimproverato Biden di aver chiesto “agli adolescenti di fare il lavoro al posto suo”.

Ma, secondo gli esperti come Abbie Richards, una ricercatrice che studia i meccanismi dell’applicazione, «TikTok è costantemente trascurato e svincolato dalle persone che non si prendono il tempo per capirlo. Molti dei problemi che stiamo riscontrando oggi derivano da questa falsa idea che sia solo un’app per ballare». Oltretutto, una delle altre accuse al social è che si tratta di un calderone di fake news: molti video sono stati condivisi come se provenissero dall’Ucraina o riguardassero scena di vita quotidiana dei civili (e invece si trattava di filmati provenienti da videogiochi) e spesso si è trattato di propaganda russa impossibile da fermare una volta divenuta virale.

Un’indagine di NewsGuard, la startup che misura l’affidabilità dei media, ha rilevato che, dopo appena 40 minuti dalla registrazione su TikTok, agli utenti vengono forniti contenuti falsi e fuorvianti sulla guerra in Ucraina, senza il bisogno che eseguano attivamente alcuna ricerca sull’argomento. La piattaforma ha anche scoperto che la ricerca di contenuti attraverso termini generici come “Ucraina” o “Donbass”, proponeva all’utente notizie false tra i primi 20 risultati suggeriti.

L’assenza di un’efficace categorizzazione e moderazione dei contenuti, più la capacità dell’app di proporre agli utenti contenuti che li invogliano a continuare la navigazione, hanno reso la piattaforma un terreno fertile per la diffusione di fake news. Lo dimostra anche uno studio pubblicato dallo Shorenstein Center on Media dell’Università di Harvard, un centro di ricerca che esplora l’intersezione e l’impatto dei media, della politica e delle politiche pubbliche in teoria e pratica: l’app ha una serie di funzionalità che lo rendono particolarmente suscettibile a questi problemi.

Per esempio, gli utenti possono pubblicare video e clip audio senza esplicitarne l’origine, cosa che rende difficile contestualizzarli e verificare i video (il lavoro dei factchecker, coloro che accertano la veridicità di fatti e contenuti, è più intenso su TikTok). Inoltre, gli utenti pubblicano prevalentemente sotto pseudonimo e la data di caricamento dei video non è visibile. Poi, il feed di notizie è disordinato e viene interamente occupato da un video alla volta (così è più difficile cercare fonti aggiuntive). Video che, nella schermata principale, non sono condivisi da persone e amici che si conoscono, ma sono veicolati dall’algoritmo dell’azienda. «E più una piattaforma si basa su algoritmi piuttosto che su un newsfeed cronologico, più può essere suscettibile alla disinformazione. Questo perché gli algoritmi favoriscono i contenuti che ottengono più coinvolgimento», spiegano da Harvard.

Ma TikTok non è rimasta in silenzio: come le altre società di social media, ha cercato dei metodi per combattere la disinformazione legata al conflitto: la portavoce Jame Favazza ha detto al Guardian che viene utilizzata «una combinazione di algoritmi e moderatori umani per gestire la piattaforma, con squadre che parlano più di 60 lingue e dialetti, tra cui russo e ucraino. Abbiamo anche affrettato il lancio di una politica sui media controllata dallo stato per affrontare la propaganda diffusa dalle entità russe».

In questo scenario, il ruolo degli influencer su TikTok assume ancora più rilevanza: uno studio realizzato dall’azienda Question Pro, che offre un software di sondaggi online progettato per consentire di prendere decisioni aziendali migliori, ha dimostrato che i consumatori si fidano molto di più di un consiglio dato da qualcuno che seguono sui social rispetto a una pubblicità tradizionale. I “divulgatori via social” sanno bene di avere una grande responsabilità, più di quanto non lo sappiano gli stessi social che ne veicolano i contenuti: tanto che una ragazza di 18 anni con più di 10 milioni di followers invitata da Joe Biden alla video call sulla guerra si è definita “una corrispondente della Casa Bianca per la Generazione Z”. E poi c’è l’ucraina Valeria, aka “valerisssh”, la tiktoker di 20 anni che ha raccontato la sua storia di rifugiata in fuga verso la Polonia. In uno dei suoi primi video, la ragazza mostrava un bunker. Ora è salva.

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