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Pablo Picasso era misogino?

Per la critica femminista, il pittore ha abusato in diversi modi (fisicamente e psicologicamente) le sue tante compagne e amanti. Ma la figlia Paloma lo difende: è stato educato nella Spagna del XIX secolo
Credit: EPA/ANDY RAIN  
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26 aprile 2024 Aggiornato alle 11:00

Di Pablo Picasso si è detto tanto: la sua notoria crudeltà verso le donne è probabilmente famosa tanto quanto i suoi dipinti. Il pittore è stato giudicato spesso misogino nei rapporti con le varie compagne, mogli e amanti della sua vita: se ne contano almeno 13 tra le più importanti.

Ogni volta che si apre una nuova esposizione o si tiene una celebrazione collegata a Picasso, torna regolarmente una domanda: ha senso definire come genio e grande artista un uomo che nelle relazioni con le donne dalle quali traeva ispirazione vitale per la sua creatività era possessivo e abusante? La questione è tornata “calda” con la recente apertura all’interno del Museo Picasso di Parigi di una retrospettiva dedicata alla scrittrice e pittrice Françoise Gilot, quasi sempre sminuita e ricordata soltanto come la musa o la compagna di Picasso.

Per Adrian Searle, critico d’arte del Guardian: “You can’t have Picasso without Picasso”, “Non puoi avere Picasso senza Picasso”. Come a dire che quello è l’uomo, dobbiamo accettarlo se amiamo l’artista. Un uomo, però, che lasciò dietro di sé “abbandoni, tradimenti, suicidi. Abbiamo il vampiro, il macho andaluso, il manipolatore carismatico, il sociopatico, il narcisista” e tutti questi tratti hanno determinato la complessità del suo lavoro.

Nel tentativo di smontare le critiche rivolte al pittore è intervenuta persino la figlia, Paloma Picasso, nata nel 1949 dalla relazione con Gilot. In un’intervista al quotidiano francese Le Figaro ha dichiarato: «Mio padre non è il satiro che si vorrebbe far credere». Secondo Paloma, la critica sbaglia a definirlo un “abusatore patriarcale” perché non tiene conto del fatto che suo padre, pur essendo un artista moderno e rivoluzionario, è cresciuto ed è stato educato nella Spagna del XIX secolo. Perché suo padre «avrebbe dovuto essere un modello di virtù? La virtù è di moda, ma il mondo dell’arte si posiziona al di fuori della morale e delle convenzioni», ha aggiunto.

È davvero così? Per farsi un’idea è utile ripercorrere la biografia del pittore scorrendo la lunga lista delle sue relazioni amorose e sessuali. Paloma Picasso sembra dimenticare che quando la madre, Françoise Gilot, lasciò il pittore nel 1953 lui fece di tutto per ostacolare la sua carriera, convincendo fiere d’arte e gallerie a boicottare le sue opere. Provò anche a impedire la pubblicazione del memoir Life with Picasso, in cui Gilot descriveva la loro relazione decennale, ma non ci riuscì: il libro uscì nel 1964 e diventò subito un bestseller provocando un tale scandalo che Picasso decise di interrompere i rapporti con Gilot, Paloma e il fratello Claude.

Fernande Olivier, sua modella e amante tra il 1904 e il 1912, disse che la «gelosia morbosa» di Picasso l’aveva costretta a vivere da reclusa. La scrittrice Paula Izquierdo nel suo libro Le amanti di Picasso, scriveva che: “Poiché non si fidava abbastanza di Fernande, quando la lasciava sola a casa e lui usciva, la chiudeva dentro, togliendole persino le scarpe affinché non potesse scappare”. Anche Olivier scrisse un libro di memorie, Souvenirs intimes, che uscì soltanto dopo la morte del pittore nel rispetto delle sue volontà.

Della sua compagna successiva Eva Gouel sappiamo che si ammalò gravemente di tumore e che proprio in quel periodo, poco prima della sua morte, Picasso fuggì con la ballerina e cantante di cabaret Gaby Depeyre nel Sud della Francia, probabilmente a Saint Tropez.

La ballerina russa Olga Khokhlova, che il pittore sposò nel 1918, divenne in breve tempo gelosa e ossessiva. Picasso, esasperato, la trascinò per i capelli in giro per casa in più di un’occasione. Anche se si separarono nel 1935, il pittore non le concesse mai il divorzio, perché questo avrebbe significato darle la metà dei suoi beni, cosa che non era disposto a fare.

Verso la fine del matrimonio, Picasso iniziò una relazione con Marie-Thérèse Walter, una modella di 17 anni, con la quale rimase per un decennio. Il pittore la iniziò alle pratiche sadomasochistiche: la donna avrebbe anche detto che la obbligava ad avere rapporti sessuali prima di ogni seduta come modella. Prese il suo posto Dora Maar, giovane fotografa francese amica dei surrealisti; ma Marie-Thérèse non superò mai l’amore che provava per Picasso al punto da arrivare a suicidarsi 2 anni dopo la morte del pittore, impiccandosi nel garage.

Anche il rapporto con Dora Maar ha molte zone d’ombra. Nel quadro Dora e il Minotauro, il pittore esprime la sua passione erotica verso l’amante come una violenza sessuale. Sotto l’influenza dominante di Picasso, Maar arrivò a sfiorare la pazzia. Abbandonò la sua vera vocazione artistica, la fotografia, e perse progressivamente il suo estro creativo. Picasso amava definirla e dipingerla come “la donna che piange”.

Il genio può trascendere la misoginia? Probabilmente sì, almeno nel caso di Picasso. Il mondo dell’arte non ha mai smesso di riconoscere al pittore malagueño lo status di pittore più influente del XX secolo e sarebbe impensabile “cancellare” Picasso secondo i dettami della cancel culture.

Ma conoscere la sua opera oggi significa anche guardarla attraverso le critiche che ne ha fatto il femminismo. Julie Beauzac, femminista francese autrice di un podcast sul sessismo nell’arte, ricorda che: «In Picasso troviamo tutte le forme di abuso patriarcale: violenza sessuale, ma anche economica, fisica, morale. La famosa separazione tra l’uomo e l’artista è pura ipocrisia. Ciò perpetua semplicemente logiche di dominio». La sua vita, soprattutto sessuale, fu inseparabile dalla sua creazione.

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