Un migrante nella sua stanza nello squat di Vitry-sur-Seine, sgomberato dalla polizia ad aprile
Un migrante nella sua stanza nello squat di Vitry-sur-Seine, sgomberato dalla polizia ad aprile (EPA/MOHAMMED BADRA )
Diritti

Parigi, sfrattati centinaia di migranti: le associazioni denunciano una “pulizia sociale” pre-Olimpiadi

A metà mese lo squat di Vitry-sur-Seine è stato sgomberato. Secondo la Onlus Médecins du Monde e le altre Ong del collettivo Le revers de la médaille, questi interventi puntano ad allontanare e “rendere invisibile chi vive in situazioni precarie” prima dei Giochi
di Luisida De Ieso
Tempo di lettura 7 min lettura
29 aprile 2024 Aggiornato alle 20:00

A meno di 100 giorni dalle Olimpiadi che si svolgeranno in Francia, l’ultimo grande squat (insediamenti informali) di Parigi è stato sgomberato dalla polizia: nella struttura a Vitry-sur-Seine (non lontano dall’aeroporto di Orly) vivevano circa 300 persone, l’80% migranti regolari, tra cui richiedenti asilo, rifugiati, persone con un permesso di soggiorno, secondo i dati dell’associazione United Migrants; circa 150 persone prive di documenti avevano lasciato lo squat prima dell’intervento della polizia. Secondo la prefettura di Val de Marne, ai residenti sono state proposte soluzioni in base “ai loro profili” individuali, come anche il trasferimento verso i cosiddetti Sas, centri di accoglienza temporanea in altre Regioni.

In 3 anni, circa 1 migliaio di persone hanno vissuto nell’edificio di Vitry-sur-Seine, proprietà di un ente pubblico fondiario che doveva essere sgomberato per permettere di avviare i lavori di una nuova linea di autobus. «Avevamo chiesto l’esame delle situazioni individuali - ha spiegato a La Svolta Milou Borsotti, responsabile vigilanza sanitaria e assistenza psicologica di Médecins du Monde a Parigi - ma non è stata rispettata la richiesta di permettere ai bambini che vivevano nello squat di terminare l’anno scolastico. Inoltre, l’esame delle singole situazioni è stato fatto una settimana prima, in modo leggero e incompleto».

Nel 2023 circa 400 persone erano state allontanate dallo squat di Unibéton, sull’Ile Saint Denis, a pochi passi dal villaggio olimpico; a giugno era stata la volta della struttura di Rosny-sous-Bois (una ventina di chilometri a est di Parigi) dove avevano trovato riparo le persone espulse da Unibéton. In seguito c’era stato lo sgombero dello squat di Thiais (non lontano da Vitry-sur-Seine) dove vivevano quasi 200 persone.

Médecins du Monde, insieme ad altre 80 organizzazioni non governative del collettivo Le revers de la médaille (Il rovescio della medaglia) denunciano una vera e propria “pulizia sociale”, attraverso le espulsioni da insediamenti informali (squat, bidonville, campi) in vista delle Olimpiadi per “rendere invisibile chi vive in situazioni precarie”.

Il collettivo rivendica la creazione di un centro di prima accoglienza umanitario per le persone migranti, come avvenuto per i profughi ucraini, di altri 7.000 posti nelle strutture d’accoglienza di emergenza nella regione Ile de France, mentre le autorità ne prevedono soltanto 200 in più. Si stima che soltanto a Parigi le persone senzatetto siano 3.500 secondo i dati dell’ultima Notte della solidarietà organizzata lo scorso febbraio.

Inoltre il collettivo chiede l’istituzione di un fondo di solidarietà olimpico di 10 milioni di euro per poter far fronte alle attività di adattamento durante il periodo dei Giochi. «Questo fondo ci è stato negato», ha spiegato Borsotti, elencando le difficoltà che ora dovranno affrontare le persone migranti: il costo del biglietto dei trasporti pubblici (quasi raddoppiato durante il periodo dei Giochi), la saturazione dei trasporti e i maggiori controlli della polizia che freneranno l’accesso ai servizi di distribuzione alimentare e ai servizi sociali forniti dalle associazioni.

Il collettivo calcola che tra il primo novembre 2022 e il 31 ottobre 2023 siano avvenute 135 espulsioni nella regione Ile de France: oltre 16.000 persone, 44 al giorno in media, allontanate da insediamenti informali. Nel 49% dei casi non è stata proposta alcuna sistemazione, mentre per le restanti persone le soluzioni sono state quasi sempre temporanee.

Secondo la prefettura della regione Ile de France, che intende perpetuare il dispositivo dei trasferimenti in regione dopo le Olimpiadi, da aprile 2023 a oggi quasi 4.500 persone (tra rifugiati, richiedenti asilo, ecc.) sono state trasferite nei 10 Sas regionali con l’obiettivo di “decongestionare le strutture di accoglienza di emergenza dell’Ile de France che sono sature da diversi anni”.

Le unità di strada dell’associazione France Terre d’Asile ogni settimana segnalano alla prefettura le persone senza dimora affinché venga proposto loro una sistemazione di emergenza in un’altra regione. Secondo la prefettura, la proposta viene fatta con l’aiuto di interpreti il giorno stesso della partenza in autobus verso uno dei 10 Sas che hanno il ruolo di accogliere queste persone per 3 settimane e accompagnarle verso un alloggio.

Un iter considerato opaco da diverse associazioni, secondo le quali una parte dei migranti (non è ancora disponibile una stima precisa) torna a Parigi dove hanno contatti, assistenti sociali, un lavoro o semplicemente abitudini di vita. Ma nella Capitale rischiano di ritrovarsi a vivere di nuovo per strada, in piccoli accampamenti meno visibili per evitare di venire allontanati dalla polizia, e per questo più insicuri, oppure in alloggi in pessime condizioni.

Le associazioni affermano che non si fa altro che spostare il problema dell’alloggio di emergenza in regioni dove il sistema è già saturo. E chi si trova in situazione irregolare preferisce non partire, per paura di ricevere un ordine di allontanamento dal territorio francese a causa dei tempi troppo brevi previsti per l’esame della situazione amministrativa.

«Il trasferimento verso le regioni non viene fatto con il consenso delle persone e queste ultime si ritroveranno senza una soluzione perenne. Inoltre non abbiamo un quadro globale di quello che avviene nei Sas», ha detto Borsotti di Médecins du Monde.

«Al Sas di Lione vediamo che si cerca di fare al meglio il lavoro di orientamento sociale, vengono effettuate visite mediche, ma a non essere chiaro è se il funzionamento del dispositivo sia stato spiegato bene a queste persone prima di partire da Parigi - ha spiegato a La Svolta Justine Lehrmann, coordinatrice del servizio monitoraggio sociale e questioni abitative presso la Fédération des acteurs de la solidarité Auvergne-Rhône-Alpes - Noi osserviamo che non viene presa in considerazione la persona, il dispositivo non ci sembra efficace dal punto di vista dell’integrazione duratura di queste persone. Tutto ciò viene gestito nell’urgenza, per nascondere ciò che non si vuole vedere durante i Giochi, secondo una logica securitaria, a noi sembra che a queste persone venga imposta la scelta tra la strada o il trasferimento in regione». Come ha sottolineato Lehrmann, delle 220 persone arrivate al Sas di Lione fra settembre e dicembre del 2023, il 10% ha lasciato il centro: «non sappiamo dove vanno».

Anche il monitoraggio delle situazioni all’uscita dei Sas sembra essere poco chiaro. Come conferma Stéphane Bour, direttore di Solen, struttura di accoglienza a Aubenas (cittadina di 12.000 abitanti nel sud della Francia), 5 persone afghane, tutte in situazione regolare, sono state indirizzate qui dal Sas di Lione alla fine del 2023: «È un funzionamento piramidale, lo Stato ci ha imposto la requisizione di posti e ci siamo ritrovati in sovraoccupazione. Queste persone sono rimaste nella nostra struttura per pochi mesi perché si sono sentite perdute, avevano difficoltà a trovare un lavoro. Penso siano tornate a Parigi. Sarebbe importante coinvolgere i territori avviando una vera e propria riflessione sulla questione». E questo è proprio ciò che chiede anche il collettivo Le revers de la médaille: che lo Stato investa delle risorse per aiutare i territori ad accogliere in modo degno e perenne le persone migranti.

La questione è stata esaminata anche da Claire Hédon, défenseure des droits (autorità amministrativa indipendente che ha l’incarico di difendere i diritti e le libertà): è stata infatti avviata un’istruzione sia sui “rischi di violazione dei diritti” che su “eventuali discriminazioni” che potrebbero derivare dalle espulsioni dai luoghi pubblici prima delle Olimpiadi e dai trasferimenti verso i Sas regionali di accoglienza temporanea.

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