Ambiente

Negli ultimi 15 anni quali Paesi hanno rispettato gli impegni sul clima?

Uno studio apparso su Nature tiene traccia, rispetto alla Cop15 del 2009 a Copenaghen, degli obiettivi dichiarati, centrati oppure ancora lontani, di circa una trentina di Paesi. E l’Italia stupisce (in positivo)
Credit: Carlos "Grury" Santos  

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17 aprile 2024 Aggiornato alle 17:00

Ogni anno, alle grandi Conferenze delle parti sul clima (Cop), i vari Paesi del mondo si impegnano in obiettivi climatici ben precisi: già, ma quanti li rispettano veramente?

Se l’è chiesto un team di ricercatori dell’University College of London (Ucl) e dell’University Tsinghua che in un recente articolo apparso su Nature ha provato a tenere traccia degli sforzi dichiarati, per esempio per ridurre le emissioni, e di quelli realmente compiuti finora.

Il metro di riferimento è la Cop15, quella che si è svolta nel 2009 a Copenaghen, in cui diversi stati hanno fissato impegni climatici per il 2020.

Secondo lo studio solo diciannove Paesi su trentaquattro sono davvero riusciti a rispettare gli impegni assunti ormai quindici anni fa.

Tra i Paesi che sono riusciti a rispettare quanto affermato – confrontando le emissioni nette di carbonio effettive e gli obiettivi di riduzione delle emissioni stesse - c’è anche l’Italia, una buona notizia.

Delle 34 nazioni studiate 15 hanno raggiunto pienamente i loro obiettivi: tra queste Bulgaria, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia, Svezia, Regno Unito e Stati Uniti.

Dodici hanno invece fallito nell’intento: fra queste Australia, Austria, Canada, Cipro, Irlanda, Giappone, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo, Slovenia, Spagna e Svizzera.

Poi ci sono sette Paesi a metà cammino, perché hanno ridotto le emissioni all’interno del proprio territorio ma peccano ancora per via del fatto che, causa commercio, hanno spostato le emissioni producendole di fatto in altri Paesi. Fra questi Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Ungheria, Lussemburgo, Malta e Polonia.

In questo caso si parla di “trasferimento di carbonio”, una sorta di esternalizzazione delle emissioni che è stato calcolato in base ai consumi.

Se per le nazioni come l’Italia c’è il plauso nell’essere riusciti a centrare gli obiettivi, preoccupano invece i Paesi che arrancano.

Per l’autore dello studio, il professor Jing Meng, “la nostra preoccupazione è che i Paesi che hanno faticato a raggiungere gli impegni presi nel 2009 incontreranno probabilmente difficoltà ancora più consistenti nel ridurre ulteriormente le emissioni”.

In generale, scrivono i ricercatori, “i fattori chiave per raggiungere gli obiettivi sono stati la riduzione dell’intensità dell’energia e il miglioramento del mix energetico. Tuttavia, gli sforzi di molti Paesi non sono stati all’altezza dei loro ultimi contributi determinati a livello nazionale. Il monitoraggio e la revisione tempestivi degli sforzi di mitigazione sono fondamentali per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi”.

Ovviamente poi va sottolineato che gli impegni presi dai vari governi a Copenaghen erano differenti a seconda dei Paesi, dato che si trattava di obiettivi individuali di riduzione delle emissioni: la Croazia, tra i promossi, puntava per esempio a ridurre le emissioni solo del 5%, un impegno modesto che ha centrato, mentre la Svizzera, bocciata, non ha raggiunto lo scopo elevato di abbassare le emissioni del 20-30% entro il 2020.

Ci sono poi Paesi che non sono stati in grado di raggiungere i loro obiettivi soprattutto per via dell’“aumento dei consumi associato all’aumento del Pil pro capite” e alla crescita della popolazione che ha superato i loro sforzi per aumentare l’efficienza.

Come chiosa un altro autore, professor Dabo Guan, nella battaglia al riscaldamento globale va ricordato che “ridurre le emissioni è fondamentale per combattere la crisi climatica in corso. Per fare ciò, è fondamentale disporre di un resoconto accurato e affidabile delle emissioni, e questa ricerca mostra alcune delle sfide che i Paesi devono affrontare nel ridurre le emissioni pur mantenendo la crescita economica. Inoltre i Paesi sviluppati hanno un duplice ruolo: ridurre rapidamente le proprie emissioni e fornire aiuti finanziari e sviluppo di capacità ai paesi in via di sviluppo, che la maggior parte di loro non fornisce in modo sufficiente”.

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