Ambiente

Africa australe: l’aumento di colera è favorito dalla crisi climatica

Il continente sta registrando contemporaneamente un peggioramento dei parametri igienico-sanitari degli insediamenti informali e gli effetti della siccità, che spingono un numero sempre maggiore di persone verso i centri urbani. Un connubio perfetto per la diffusione di epidemie
Credit: ray rui  

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17 aprile 2024 Aggiornato alle 07:00

Il mix letale tra cambiamento climatico, esodi forzati e inurbamento di massa in Africa australe, sta generando una crisi igienico-sanitaria molto grave alla base di un significativo aumento di epidemie.

Tra queste, spicca il colera che sta facendo registrare dal 2022 una recrudescenza preoccupante che miete infezioni e tante vittime.

Secondo le statistiche Unicef più aggiornate, infatti, ben tredici Paesi dell’area regione stanno lottando contro una delle peggiori epidemie di colera che abbiano colpito la regione negli ultimi anni, e dal 2022 si calcola che circa 200.000 persone siano state infettate in Africa meridionale a causa di una serie di epidemie di colera che hanno causato più di 4.100 morti.

Lo Zambia ha dovuto fronteggiare la peggiore epidemia degli ultimi 20 anni, con 705 morti e oltre 21.000 contagiati dall’inizio delle piogge stagionali dello scorso ottobre.

In queste macro-aree la siccità sta diventando la quotidianità drammatica per decine di milioni di individui. Per moltissimi di loro l’unica soluzione praticabile è lasciare le campagne e i campi aridi e spostarsi verso le città.

La mobilità verso i grandi centri, un fenomeno sempre più attuale in quasi tutto il continente, aumenta a ritmi travolgenti il tasso di popolazione che vive in insediamenti informali e crea le condizioni perfette per la diffusione di malattie.

Come riporta The New Humanitarian, il presidente zambiano Hakainde Hichilema, un paio di mesi fa ha esortato i cittadini a trasferirsi dalle aree urbane densamente popolate, come il complesso di Chazanga, nei villaggi rurali per prevenire la diffusione del colera.

Peccato che lo Zambia, un Paese tra i più stabili d’Africa, che sta facendo registrare un livello interessante di crescita socio-economica, è finito purtroppo nel mezzo di una gravissima crisi ambientale innescata da El Niño che ha causato devastanti perdite di raccolto nelle aree rurali. L’appello del capo dello Stato, suona come un’esortazione impraticabile.

Tutta l’Africa del Sud è altamente vulnerabile ai cambiamenti climatici, molto peggio negli ultimi anni che nei decenni precedenti. In tutta la regione, dall’Angola al Mozambico, passando per Zimbabwe, Namibia, Malawi e altri, si stima che 24 milioni di persone rischiano di soffrire la fame a causa di El Niño, che ha portato ai periodi più secchi degli ultimi 40 anni.

Secondo il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) siccità, inondazioni, tempeste e caldo estremo sono le principali cause di migrazione climatica e il 70% dei migranti climatici si stabilisce nelle città.

Lo stesso rapporto afferma che entro il 2050 altri 2,5 miliardi di persone risiederanno nelle città, con gli insediamenti informali più a rischio, poiché la popolazione supera la capacità dei governi di fornire servizi di base.

«La maggior parte delle persone che dipendevano dall’agricoltura pluviale – ha dichiarato a The New Hmanitarian Gotlieb Sheyavari Timo di Development Workshop Namibia, una Ong che si occupa di aiutare i residenti delle aree più disagiate ad accedere a strutture igienico-sanitarie adeguate - sta cercando altri modi per migliorare il proprio sostentamento, quindi si trasferisce nelle aree urbane in cerca di lavoro. Ma le infrastrutture igienico-sanitarie sono già carenti e l’onere di fornirne altre è eccessivo».

E così la nuova virulenza del colera (ma anche dell’epatite) in Africa australe, finisce per essere derubricata sotto il titolo “effetti collaterali” dei cambiamenti climatici. L’urgenza di far regredire l’epidemia e mettere al sicuro la salute delle persone non dovrebbe, però, far perdere di vista il problema a monte del fenomeno.

«L’impatto del cambiamento climatico, aggravato da fenomeni come El Niño – spiega Etleva Kadilli, direttrice regionale dell’Unicef per l’Africa orientale e meridionale - sottolinea ulteriormente l’urgenza della situazione. Mentre estendiamo il nostro incrollabile sostegno alle iniziative governative in corso per garantire l’approvvigionamento di acqua potabile, la sicurezza dei servizi igienici, l’attuazione delle vaccinazioni e la collaborazione con le comunità, tra gli altri interventi critici, è fondamentale una risposta globale che non solo affronti la crisi sanitaria immediata, ma consideri anche le implicazioni più ampie per i bambini della regione».

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