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Antisemitismo, “Ada e le stelle”: guardare il cielo per continuare a sognare

Il libro racconta la storia della famiglia Crema e di una bambina che fu costretta a nascondersi in un granaio durante la Seconda Guerra Mondiale. Solo quando calava la notte poteva “incontrare” di nuovo i genitori, dando alle costellazioni i loro nomi
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9 aprile 2024 Aggiornato alle 14:00

Se guardiamo nel passato, a centinaia di anni fa, possiamo trovare una testimonianza dell’odio nei confronti degli ebrei nel 1500 con Martin Lutero e il suo trattato Degli ebrei e delle loro menzogne. Fu però con la formazione del Terzo Reich che questa ostilità assunse una forma più definita, radicandosi sempre più nella società tedesca. E non solo.

Questa storia si svolge a Taino, in Lombardia, dove durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale vivevano 2 famiglie ebree, gli Ascoli e i Crema, che erano ben volute e rispettate da tutti i cittadini. Appena, però, le persecuzioni razziali si fecero più feroci, Arrigo Crema fuggì in Svizzera mentre la moglie, non essendo di religione ebraica, decise di rimanere in Italia insieme ai figli.

Tuttavia, per proteggerli, i bambini vennero nascosti in diverse località della Regione, tra cui la stessa Taino. La piccola Ada, una delle figlie di Crema, trovò rifugio in un granaio di Cheglio (frazione di Taino), insieme alla sorellina e alla loro tata (di fede cattolica, ma che scappò con loro per accudirle); il fratello Rino, invece, si nascose da amici a Varese mentre l’altro, Franco, da un cugino della madre a Domodossola.

La storia di Ada viene raccontata in Ada e le stelle di Lorenzo Franzetti (Bolis edizioni, 152 pagine, 14 euro): il libro riportato nero su bianco tutto ciò che è avvenuto ai piccoli Crema. La Svolta ne ha parlato proprio con Ada.

Perché il libro si intitola proprio Ada e le stelle?

Quando il buio ci rassicurava, io, la mia sorellina di tre anni e la nostra tata Piera uscivamo dal nostro tugurio per correre nei prati, sgranchirci le gambe e respirare un po’ di aria fresca, guardando con il naso all’insù e contando le stelle che chiamavamo con il nome dei nostri cari: come quello di mamma, dei nostri fratelli lontani, nascosti altrove o del nostro papà, fuggito in Svizzera. Come tutti i bambini di quell’età avevo una fervida immaginazione e mantenevo, nonostante la triste situazione, la voglia di giocare e di fantasticare. Chiamare le stelle con il nome dei miei cari me li faceva sentire vicini e mi rendeva felice.

I cittadini di Taino e, in generale, della zona sono rimasti in silenzio oppure qualcuno ha provato a denunciarvi?

Il paese non sapeva della nostra presenza, del nostro nascondiglio, solo la proprietaria del granaio, che rischiava tanto per la sua generosità. Nessuno sapeva, perché altrimenti qualche spione ci avrebbe denunciate.

Perché gli Ascoli sono fuggiti e voi no?

Perché tutta la famiglia Ascoli era ebrea e quindi fuggì in Svizzera per mettersi al sicuro. La famiglia Crema, invece, era di religione ebraica solo da parte di mio padre, che appunto andò in Svizzera per cercare di salvarsi. Mia madre che era cattolica pensò di rimanere insieme a noi, battezzati all’inizio della persecuzione, sperando di sfuggire al pericolo, ma così non fu purtroppo. Così io, la tata e la mia sorellina ci rifugiammo nel granaio; mia madre di notte ci faceva visita per portarci cibo e per sapere come stavamo. Tutto ciò fu possibile con l’aiuto di persone che, dietro pagamento, garantivano la buona riuscita di queste visite.

Come è stato per te rivivere quello che hai passato, quando hai raccontato la tua storia per la stesura del libro?

Per me è stato molto doloroso e pesante. Ho raccontato quello che mi tornava alla mente, senza ricerca di altri particolari. Nel libro ci sono anche riferimenti all’organizzazione della nostra fucilazione in riva al lago, tutti e 4 noi bambini, il primo maggio 1945. Per fortuna qualche giorno prima gli americani liberarono l’Italia.

Ricordi qualche torto compiuto verso di voi? Qualche episodio negativo?

Ricordo quando un soldato tedesco scoprì le mie origini, figlia di un uomo ebreo: voleva uccidermi. Per fortuna, in quel momento, fui protetta da un grosso albero e, quindi, per me non ci furono violenze fisiche, ma avvenne lo stesso alla mia amica che passeggiava con me che venne ferita al polpaccio. Le persone malvage esistono da sempre: ero anche stata battezzata, proprio perché speravamo di non dover fuggire in Svizzera come tutti gli altri.

Questa esperienza cosa ti ha insegnato sull’odio o la generosità dell’essere umano?

Questa esperienza unica mi ha insegnato a essere prudente prima di dare fiducia a una persona, ma quando posso cerco di regalare, con generosità, aiuto morale e “pratico”, in base alle mie possibilità.

Quali sono le emozioni che provi quando leggi il tuo passato raccontato nel libro, impresso nero su bianco?

Le emozioni che provo rileggendo il mio passato in Ada e le stelle sono due: arrivata a 92 anni, la prima impressione è la sorpresa e mi congratulo con me stessa per aver superato quando ero così piccola tanti rischi. Poi mi ritrovo a essere felice di poter raccontare ancora con lucidità e precisione cioè che è accaduto, così tanti anni fa, con la speranza che nessuno debba più narrare vicende simili.

Hanno fatto anche uno spettacolo sulla tua storia

Al teatro Comunale di Varese c’è stato uno spettacolo: c’era la banda di Ispra (vicino Taino, ndr) e un’attrice bravissima che ha raccontato la mia storia. Il primo spettacolo è stato fatto a Cheglio/Taino nel cortile dove c’era il granaio: un gruppo di bambini ha intonato un canto ebraico e una signora ha rielaborato la mia storia.

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