Culture

3 libri sul diritto alla salute

La storia di come il diritto alla salute si è evoluto negli anni. Un approfondimento sul gender health gap che penalizza le donne anche dal punto di vista medico. Una riflessione su un Pianeta malato che condiziona anche la salute umana

Il 7 aprile 1948 nasceva l’Oms, l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Per questo, ogni anno in questa data, a partire dal 1950, si celebra la Giornata mondiale della salute.

Il tema del World Health Day 2024 è La mia salute, un mio diritto e punta a “difendere il diritto di tutti, ovunque, ad avere accesso a servizi sanitari, istruzione e informazione di qualità, nonché ad acqua potabile sicura, aria pulita, buona alimentazione, alloggi di qualità, condizioni lavorative e ambientali dignitose e libertà dalla discriminazione”. In tutto il mondo, infatti, dice l’Organizzazione Mondiale della Sanità, “il diritto alla salute di milioni di persone è sempre più minacciato”, a causa di malattie, disastri, conflitti, crisi climatica, inquinamento, disuguaglianze.

Almeno 140 paesi riconoscono la salute come diritto umano nella loro costituzione, compreso il nostro. Eppure, l’Oms sostiene che non stiano approvando e mettendo in pratica leggi per garantire alle loro popolazioni la tutela dello stesso e l’accesso ai servizi sanitari. Almeno 4,5 miliardi di persone - più della metà della popolazione mondiale - non erano completamente coperte dai servizi sanitari essenziali nel 2021.

Se parliamo di diritto alla salute, è impossibile non vedere come sia continuamente negato anche a causa di disuguaglianze che impediscono a una enorme parte della popolazione, quella più vulnerabile e marginalizzata, di accedervi pienamente: donne, persone razzializzate, persone Lgbtqai+, con disabilità, che vivono in zone vittime di razzismo ambientale, in carcere o con problemi di salute mentale.

Per questo, oggi vogliamo celebrare questa giornata suggerendoti 3 libri che vanno al cuore del diritto alla salute e alle radici delle disuguaglianze che lo negano. Per ricordarci che quello che spesso diamo per scontato non lo è e che, visto da una diversa prospettiva, ciò che crediamo un diritto riconosciuto a tuttǝ molto spesso è ancora un privilegio di pochi.

Storia del diritto alla salute, di Giorgio Giulio Santonocito, Franco Angeli, 212 p., 27€

Nell’introduzione a questo volume, l’autore prima di tutto ci dice cosa non è questo libro: “non è una storia della medicina e non è una storia del diritto sanitario”. Cosa è allora? “È un racconto della evoluzione del diritto alla salute nella storia. È, cioè, la ricostruzione storica dell’affermarsi di uno dei diritti oggi ritenuti essenziali per la dignità dell’uomo: il diritto a ricevere le cure”.

Un diritto che oggi diamo per scontato, naturale. Ma che non è sempre esistito e che in alcuni luoghi o in alcuni contesti non esiste neanche oggi. Dall’epoca in cui curare “tutti” significava curare una parte assai piccola della società, quella che occupava verosimilmente la vetta della piramide sociale egizia, greca o romana, mentre tutti gli altri erano “incurabili”, passando per la “medicina caritatevole” tesa all’evangelizzazione e la concezione illuminista del diritto alla salute non più come fatto individuale ma sociale, il libro ci porta fino ai giorni più recenti della nostra storia. Dove, come spesso accade, questo diritto è spesso svuotato dall’interno a causa di disuguaglianze e ingiustizie che ne precludono l’effettiva fruibilità.

La salute è un diritto di genere, di Alessandra Vescio, People, 208 p., 16€

L’uomo (bianco, occidentale, ricco, eterocisgender) è il metro di tutte le cose. Tutto quello che uomo non è viene considerato minoranza. Anche le donne, che pure una minoranza non sono, visto che costituiscono il 49,5% della popolazione mondiale.

Se parliamo di accesso alla salute, quello che emerge è un enorme gender health gap che penalizza donne e persone Afab (assegnate alla nascita al genere femminile) in diversi modi: dalla difficoltà a credere al dolore delle donne allo stigma delle mestruazioni, dalla violenza ostetrica fino alla patologizzazione della menopausa e all’odio culturale verso le donne grasse, passando per sottofinanziamenti, meno spazio nella ricerca e invisibilizzazione delle specificità di genere in medicina.

Attraverso dati ed excursus storici, testimonianze dirette e interviste a persone esperte, il libro di Alessandra Vescio fa un quadro su questo enorme divario di accesso alla salute, cercando di capire se (e come) è possibile iniziare a chiuderlo.

Infiammazione. Medicina, conflitto e disuguaglianza, di Rupa Marya e Raj Patel, Feltrinelli, 416 p., 25€

Il nostro mondo è infiammato. La società è infiammata. I nostri corpi sono infiammati. L’infiammazione è la cifra del nostro tempo. Patologie, disuguaglianze, razzismo, violenza, cambiamento climatico che spinge un numero sempre più alto di persone a migrare. Non è un caso.

«L’infiammazione nelle vostre arterie e l’infiammazione del Pianeta sono collegate - dicono l’economista politico Raj Patel e il medico dell’Università della California Rupa Marya - e le connessioni casuali diventano sempre più chiare». La nostra salute e i nostri corpi, individuali e collettivi, sono collegati a doppio filo alle strutture dell’ingiustizia.

Il libro, però, non si limita a fare la diagnosi di un Pianeta (e dei suoi abitanti) malato, attraverso lo studio dell’impatto duraturo del colonialismo e della discriminazione, esaminando come le percezioni, la comprensione e gli interventi nella medicina moderna si sono formati da entrambi, ma fornisce anche una possibile cura: la deep medicine, la medicina profonda della decolonizzazione.

Leggi anche