Ambiente

Mississippi: il razzismo abbraccia l’ambiente

Jackson. Più dell’80% della popolazione è nera, da anni lotta contro un sistema idrico disastroso. Qualcuno si chiede - con più bianchi - se le cose andrebbero diversamente
Credit: Rogelio V. Solis | AP
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
16 settembre 2022 Aggiornato alle 09:00

Jackson è la città più grande del Mississippi. I suoi abitanti sono per l’82,5% neri. Il suo sistema idrico sta fallendo a causa di anni di abbandono e incuria. A fine agosto, mentre le temperature superavano i 30 gradi, non c’era acqua corrente e le scorte di quella in bottiglia erano prossime alla fine, lasciando bambini, malati e anziani senza acqua potabile. Quando parliamo di razzismo ambientale è esattamente a questo che ci riferiamo.

Le crisi idriche del passato hanno colpito in modo sproporzionato le comunità minoritarie più povere e marginalizzate - neri, latini, immigrati, nativi americani - che, in generale, vivono più spesso in prossimità di aree potenzialmente tossiche e hanno minore accesso a spazi verdi. Non solo: sono le categorie che più spesso sono costrette a subire un tasso di inquinamento più elevato e a dover fare i conti con infrastrutture datate o fallate, che continuano a logorarsi - diventando potenzialmente sempre più pericolose - a causa della mancata manutenzione.

Questo caso non fa eccezione. Le inondazioni del fiume Pearl, causate dalle piogge eccessive esacerbate dai cambiamenti climatici, hanno causato problemi in uno dei due impianti di trattamento delle acque della città. Il guasto delle pompe - e la conseguente bassa pressione - ha lasciato più di 150.000 persone senza acqua sicura e costante da bere, con cui lavarsi i denti o utilizzare i servizi igienici.

Il Presidente Biden ha dichiarato lo stato di emergenza il 31 agosto, un giorno dopo che l’aveva già fatto il governatore dello Mississippi Tate Reeves. «Non bevete l’acqua», era stato il messaggio di Reeves.

La situazione è attribuibile solo in minima parte agli ultimi fenomeni atmosferici straordinariamente intensi: per decenni, infatti, Jackson ha avuto a che fare con un sistema idrico obsoleto e fatiscente che negli anni ha sopportato problemi di ebollizione, inondazioni del Pearl River, un incendio e la scoperta di piombo nell’acqua utilizzata dalla comunità.

Dal 21 giugno 2015 al 28 maggio 2021, Jackson ha campionato la sua acqua per individuare la presenza di piombo 1.352 volte. Dei campioni prelevati, il 66% conteneva piombo, secondo i documenti esaminati dal quotidiano americano Clarion Ledger. Una cifra straordinariamente alta, se pensiamo che qualsiasi quantità di piombo è dannosa per l’organismo.

Più dell’80% dei residenti di Jackson sono persone nere - il risultato di un graduale esodo di residenti bianchi e più ricchi nei sobborghi dopo l’integrazione razziale delle scuole pubbliche nel 1970 - e circa un quarto vive in povertà, dice USA Today.

«È vergognoso. Non ho dubbi che se Jackson fosse bianca al 70%, ci sarebbe un maggiore investimento nelle infrastrutture idriche», ha detto Andre M. Perry - senior fellow presso il Brookings Institution Metropolitan Policy Program e autore di Know Your Price: Valuing Black Lives and Property in America’s Black Cities, esprimendo preoccupazione sia per l’equità razziale che per i foschi parallelismi con un’altra comunità nera che ha dovuto fare i conti con una crisi idrica. Quella di Flint, Michigan, che dopo l’abbandono della città da parte dell’azienda General Motors negli anni ’80 ha attraversato una grossa crisi economica e che oggi ha uno dei tassi più alti di abitanti che vivono sotto la soglia di povertà, pari al 40% del totale, e una popolazione nera al 50%.

Una mattina del 2014 i cittadini di Flint hanno scoperto che l’acqua che scorreva dal rubinetto era marrone, oltre a essere maleodorante e sgradevole al gusto. Giorno dopo giorno, i cittadini hanno continuato a lamentarsi per le condizioni dell’acqua e il Dipartimento di sanità del Comune a garantirne la sicurezza.

Solo dopo mesi è emerso che a causa di una cattiva gestione degli impianti l’acqua - che gli abitanti avevano continuato a bere e utilizzare quotidianamente per circa un anno e mezzo - era tossica e ricca di piombo, nonostante le continue rassicurazioni e senza che le autorità facessero nulla per fermare la contaminazione. Non solo: la crisi non era stata casuale, ma l’effetto di una scelta deliberata dell’amministrazione che aveva come unico scopo il risparmio.

«Se Flint fosse stata ricca e per lo più bianca, il governo del Michigan avrebbe risposto più rapidamente e in modo più aggressivo alle proteste sulla sua acqua inquinata dal piombo?» chiedeva il NY Times nel 2016.

Oggi, Perry aggiunge: a Flint «la gente non è stata ascoltata. E non sono sicuro che questa importanza della governance, della responsabilità condivisa per l’acqua sicura, sia stata appresa abbastanza bene».

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