Ambiente

L’80% delle emissioni mondiali di gas serra è legato a 57 società Oil&Gas

Il Carbon Majors Database ha individuato come principali motori della crisi climatica un ristretto gruppo di aziende e multinazionali
Credit: ZUMA Press  

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4 aprile 2024 Aggiornato alle 12:00

Ben l’80% delle emissioni globali di gas serra è direttamente collegato a un ristretto e potente gruppo di soli 57 produttori di petrolio, gas, carbone e cemento. La correlazione è frutto del Carbon Majors Database, uno studio compilato da ricercatori di fama mondiale. Si tratta perlopiù di aziende controllate da Stati e di grosse multinazionali con azionisti: stando ai dati, sono loro i principali motori della crisi climatica.

Carbon Majors traccia così oltre 1,42 trilioni di tonnellate di emissioni storiche cumulative - dal 1854 al 2022 - riconducibili a 122 produttori industriali, la cui quota di CO2 equivale al 72% delle emissioni internazionali legate a combustibili fossili e cemento a partire dal 1751, l’inizio della rivoluzione industriale.

Carbon Majors infatti è un database di dati storici sulla produzione di 122 dei maggiori produttori mondiali di petrolio, gas, carbone e cemento. Questi dati sono utilizzati per quantificare le emissioni operative dirette legate alla produzione e le emissioni derivanti dalla combustione dei prodotti commercializzati che possono essere attribuite a 75 società di proprietà di investitori, 36 società di proprietà statale, 11 Stati nazionali, 82 entità produttrici di petrolio, 81 entità del gas, 49 del carbone e 6 del cemento.

Il set di dati di Carbon Majors svolge un ruolo fondamentale nell’analizzare i produttori di combustibili fossili responsabili di un impatto sul clima dal punto di vista accademico, normativo e legale. Le informazioni fornite includono la quantificazione del contributo che queste attività hanno dato sul piano della temperatura superficiale globale, del livello del mare e dell’aumento della CO2 atmosferica, oltre a stabilire la responsabilità delle imprese per le violazioni dei diritti umani sempre in ottica climatica.

Il database classifica le società in tre tipologie: società di proprietà degli investitori, società statali e Stati-nazione. Storicamente, le prime rappresentano il 31% di tutte le emissioni monitorate dal database - 440 miliardi di tonnellate (GtCO2e) - con Chevron, ExxonMobil e BP indicate come i tre maggiori contributori. Le società statali invece sono collegate al 33% del totale del database (465 GtCO2e) con Saudi Aramco, Gazprom e la National Iranian Oil Company in “testa” alla classifica della loro categoria.

Gli stati-nazione infine costituiscono il restante 36% (516 GtCO2e) con la produzione di carbone della Cina e dell’ex Unione Sovietica in vetta alla graduatoria.

Nei sette anni successivi all’adozione dell’Accordo di Parigi alla fine del 2015, quindi dal 2016 al 2022, l’80% delle emissioni globali (251 GtCO2e) può essere ricondotto a sole 57 entità produttrici aziendali e statali. Durante questo periodo, i produttori di Stati-Nazione rappresentano il 38% delle emissioni nel database, mentre le entità statali costituiscono il 37% e le società di proprietà degli investitori il 25%.

Carbon Majors evidenzia dunque come la maggior parte delle aziende statali e di proprietà degli investitori abbia ampliato le proprie operazioni di produzione dopo l’Accordo di Parigi. Nei sette anni successivi, 58 delle 100 aziende sono state collegate a emissioni più elevate rispetto allo stesso periodo precedente.

Questo aumento è più pronunciato in Asia, dove 13 aziende su 15 (l’87%) tra quelle esaminate sono collegate a emissioni più elevate nel 2016-2022 rispetto al 2009-2015, e in Medio Oriente dove questo numero è di 7 aziende su 10 (70%). In Europa, 13 aziende su 23 (57%), in Sud America 3 aziende su 5 (60%) e in Australia 3 aziende su 4 (75%) sono state collegate a un aumento delle emissioni, così come 3 su 6 (50%) aziende in Africa. Il Nord America è l’unica regione in cui una minoranza di aziende, 16 su 37 (43%), è stata collegata all’aumento delle emissioni.

L’analisi dei dati di Carbon Majors in conclusione mostra che c’è stato un graduale spostamento dell’offerta di carbone nel periodo di sette anni successivo all’accordo di Parigi dalle società di proprietà degli investitori alle entità controllate dallo Stato.

Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), il consumo globale di carbone è aumentato di quasi l’8% dal 2015 al 2022, raggiungendo il massimo storico di 8,3 miliardi di tonnellate nell’ultima annata presa in considerazione.

Questa ricerca rileva che dal 2015 al 2022, le emissioni di CO2e legate alla produzione di carbone di proprietà degli investitori sono diminuite del 28%, mentre le emissioni di CO2e legate alla produzione di carbone delle aziende statali e degli Stati nazionali sono aumentate rispettivamente del 29% e del 19%.

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