Culture

Su Netflix ha debuttato la storia (poco nota) di Shirley Chishlom

Politica e attivista statunitense, è stata la prima donna afroamericana eletta al Congresso degli Stati Uniti. A raccontarne le battaglie è il film Shirley di John Ridley
Credit: Netflix  

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17 aprile 2024 Aggiornato alle 20:00

A pochi mesi dall’uscita nelle sale cinematografiche e quasi in contemporanea con il rilascio sulle piattaforme del film di successo C’è ancora domani di Paola Cortellesi, debutta su Netflix l’ultima pellicola del regista John Ridley, Shirley, che racconta la storia di Shirley Chishlom (1924-2005), prima donna afroamericana eletta al Congresso degli Stati Uniti, e delle battaglie che ha portato avanti nel combattere discriminazioni razziali e di genere e rimarca l’importanza del voto.

Il film ruota soprattutto attorno alla campagna elettorale per le presidenziali Usa e prima ancora a quella per le primarie del Partito Democratico del 1972, che hanno vista impegnata Shirley Chishlom (1924-2005), interpretata da Regina King, vincitrice nel 2019 dell’Oscar come migliore attrice non protagonista di Se la strada potesse parlare.

Il voto è il vero protagonista della pellicola, inteso come scelta individuale ma anche diritto universale e principale strumento per attuare un cambiamento, come ricorda in più scene Shirley Chishlom, secondo la quale era inutile alzare la voce in mezzo alle piazze, se non si esprimeva il proprio voto al fine di fare realmente la differenza.

Negli Stati Uniti il problema della discriminazione razziale è stato sempre molto sentito e il regista lo affronta ponendo il focus sul voto come mezzo fondamentale per annientarlo e, al contempo, combattere anche la disparità di genere.

La protagonista durante tutto il film è circondata da poche persone che le mostrano fiducia ma molte che le si oppongono, per lo più uomini di mezza età bianchi. È notevole la capacità di Ridley di riuscire a descrivere attentamente la vita privata e quella politica di Chishlom, mostrando come ognuna delle due influenzi l’altra.

Un altro aspetto interessante è la reale percezione della fatica, dei sacrifici e dei rischi che ci sono dietro a una campagna elettorale attuata in prima persona. Se da una parte infatti per ottenere qualche voto in più bisogna giocare di squadra e dissipare i reciproci disaccordi, è necessario anche stare attenti agli oppositori, soprattutto se violenti, come quelli con cui ha avuto a che fare Chilshlom sopravvissuta a tre tentativi di omicidio nel 1972, e il collega George Wallace, rimasto invalido a seguito di un altro attacco nello stesso periodo.

Il merito principale del regista è di fare luce su un personaggio importantissimo e al contempo non molto conosciuto della storia politica americana, una donna che ha sempre voluto parlare agli studenti e ai giovani, una figura con un pensiero nuovo e dinamico, che ha avuto il coraggio di unire le tradizioni con un’invidiabile freschezza d’idee.

Il film propone un’immagine di Shirley Chilshlom, come dice il suo stesso personaggio durante il film, al pari dell’attivista per i diritti civili Rosa Parks e di Harriet Tubman, conosciuta come il “Mosè degli Afroamericani”, grazie al suo impegno nel difendere e nel battersi per il diritto fondamentale dell’uguaglianza, che prescinde dal colore della pelle e dal genere, nonostante l’appoggio di pochi e l’opposizione di molti.

Ridley sembra racchiudere il senso del suo film in una frase che fa dire a Regina King: «gli uomini sono così abituati ad avere il controllo che per loro l’uguaglianza è il caos».

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