Ambiente

Agricoltura: i contadini guadagnano poco e noi paghiamo molto

Gli agricoltori sostengono alti costi di produzione a fronte di bassi ricavi, ma i prezzi al consumo sono elevati. Il caso dei carciofi pugliesi
Credit: Farsai Chaikulngamdee  

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2 aprile 2024 Aggiornato alle 18:00

Durante le settimane più intense delle proteste dei trattori, che si sono diffuse in Italia come in Europa, è emerso un nodo in particolare che sembrava apparentemente senza possibili soluzioni imminenti. I coltivatori che La Svolta ha sentito in quel periodo l’hanno detto chiaramente: “Non si arriva a fine mese, non si può continuare così”.

Infatti di fronte alle richieste di sostenibilità da parte delle istituzioni europee, in linea con le indicazioni del Green Deal, i contadini ribattevano facendo pesare le discrepanze tra gli elevati costi sostenuti per la produzione, gli scarsi guadagni ricavati e l’alto prezzo finale pagato dai consumatori.

E così le verdure e i frutti rischiano di rimanere fermi nei campi. Un indicatore esemplificativo della situazione è il carciofo, che insieme a broccoli e finocchi viene interrato, perché questa pratica converrebbe più della vendita.

Si tratta di un alimento rinomato i cui prezzi sono aumentati oltre 7 volte dal campo alla tavola, una forbice sempre più larga che parte da 0,15 euro a capolino in campagna fino a 1,10 euro sui banchi di mercati e grande distribuzione. Questo prodotto tra l’altro ha già subito una riduzione del 60% del raccolto a causa di condizioni climatiche come siccità, scirocco e gelo.

A chiedere ora con insistenza controlli serrati per verificare l’origine dei prodotti in vendita - perché “nei vari passaggi dal campo alla tavola si annidano speculazioni che vanno stanate” - è soprattutto Coldiretti Puglia che è tornata a parlare di “un’invasione di cibo straniero”, denunciando la diffusione sul mercato all’ingrosso di carciofi provenienti da Egitto, Tunisia e Marocco ma anche di grano russo, turco e canadese.

“Una concorrenza sleale che si ripercuote sui prezzi del pregiato violetto di Brindisi”, che sono crollati a 15 centesimi a capolino e non riescono a coprire gli aumentati costi di produzione, con la complicità del rallentamento dei consumi degli ortaggi.

Per l’associazione, è “una situazione inaccettabile in uno scenario di crisi che andrebbe affrontata con maggiore serietà senza speculare sugli anelli più deboli della filiera, gli agricoltori e i consumatori”.

Nella regione, la prima del Sud Italia per importazioni, si producono 1.245.400 quintali di carciofi, di cui 475.000 solo nella provincia di Brindisi, un’area che si è assicurata il riconoscimento comunitario della Igp (Indicazione Geografica Protetta).

L’inflazione, il conseguente calo del potere d’acquisto e della spesa delle famiglie e i costi della logistica che arrivano a incidere per un terzo sul totale dei prezzi al consumo per frutta e verdura sono tutti fattori che ingenerano i rincari dei prezzi: il risultato finale è una differenza enorme tra il costo dei prodotti in campagna e quelli al dettaglio.

Sul piano degli accordi commerciali, secondo Coldiretti Puglia, vanno bloccate “le importazioni sleali” e affermato il principio di reciprocità, per fare in modo che tutti i prodotti in entrata nell’Unione rispettino gli stessi standard dal punto di vista ambientale, sanitario e delle norme sul lavoro previsti nel mercato interno.

Inoltre serviranno accordi di filiera tra imprese agricole e industriali con precisi obiettivi qualitativi, quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione.

Nel frattempo l’Unione europea, come ha spiegato il commissario all’Agricoltura Janusz Wojciechowski, sta vagliando l’ipotesi di modificare proprio la direttiva sulle pratiche commerciali sleali con un doppio obiettivo: includere il divieto di pagare gli agricoltori meno dei costi di produzione e introdurre quindi un giusto margine sui prezzi di vendita dei prodotti.

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