Ambiente

La lotta delle “amazzoni” ecuadoriane contro l’industria Oil & Gas

Ecuador: minacciate le giovani attiviste che hanno sfidato la potente industria legata alle fonti fossili
Credit: Johis Alarcon/ unwomen.org  

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3 aprile 2024 Aggiornato alle 17:00

La nazione dell’Ecuador è il quinto produttore sudamericano di petrolio, ma questa attività in espansione sta comportando pesanti conseguenze per la salute delle popolazioni indigene e per l’ecosistema locale.

Circa 4 anni fa un gruppo di adolescenti stanche di subire gli effetti negativi di questa industria ha creato l’associazione Acción Ecológica, con il compito di citare in giudizio le istituzioni e chiedere la chiusura di una serie di infrastrutture dei siti Oil & Gas.

Nel febbraio del 2020 le 9 ragazze, soprannominate anche “Niñas Amazonas” (”Amazonian girls”), avevano presentato la richiesta al Ministero dell’Energia e al Ministero dell’Ambiente, e nel luglio 2021 una corte locale aveva dichiarato che «lo Stato ecuadoriano viola i diritti alla vita in un ambiente sano ed ecologicamente equilibrato, alla salute, all’acqua e i diritti della Natura».

I giudici, sulla base di questa sentenza, avevano anche ordinato l’eliminazione progressiva di tutte le 447 torce a gas situate nei giacimenti petroliferi installati nella foresta amazzonica, oltre che un risarcimento a favore della popolazione indigena colpita dall’inquinamento.

A 3 anni dalla sentenza, nessuna delle azioni previste è stata effettuata dal governo e nel frattempo si sono moltiplicati gli attacchi contro le giovani attiviste Jamileth Jurado, Leonela Moncayo, Rosa Valladolid, Skarlett Naranjo, Kerly Herrera, Denisse Núñez, Dannya Bravo, Mishell Mora e Jeyner Tejena.

Le installazioni petrolifere, in particolare le torri dove avviene il “gas flaring” (processo di estrazione del petrolio che rilascia il metano nell’atmosfera) sono rimaste pienamente operative e sono aumentate di numero fino ad arrivare a 486 torri in funzione.

L’inquinamento prodotto dai giacimenti petroliferi viene riversato sulla provincia amazzonica di Orellan e su quella di Sucumbíos, dove è situata la Riserva Biologica di Limoncocha che rappresenta uno dei territori più ricchi di biodiversità al mondo.

Ogni anno la produzione di migliaia di barili di petrolio prevede il rilascio di gas alteranti come la CO2, il monossido di carbonio, ossidi di zolfo e di azoto, metano, propano, butano e benzene.

Oltre ad alimentare la crisi climatica, queste emissioni finiscono per inquinare le località circostanti con ripercussioni gravi sulla salute degli abitanti, tra cui l’aumento delle malattie respiratorie e dei tumori nella popolazione. L’attivista Jamileth Jurado che vive a circa 200 metri da una delle torri con le torce di gas, definite anche “accendisigari”, ha affermato che ogni giorno, 24 ore su 24, si respira l’inquinamento: «È nauseabondo perché gli odori sono troppo forti e non riesci nemmeno a dormire».

Nonostante l’emergenza ambientale in atto il governo centrale ha scelto ripetutamente di ignorare le proteste delle attiviste, mentre sono subito aumentati gli attacchi contro il gruppo, specialmente dopo la sentenza del tribunale.

L’attivista Leonela Moncayo ha subito un attacco di ammonimento con materiale esplosivo davanti alla sua abitazione e nei mesi successivi si sono moltiplicate le intimidazioni.

Durante un viaggio verso la capitale Quito, con lo scopo di tenere un sit-in davanti alla Corte Costituzionale, 5 delle 9 ragazze sono state arrestate per diverse ore dalle forze dell’ordine.

Le minacce, le accuse e i feroci commenti contro le “Niñas Amazonas” non hanno però fermato la loro battaglia: «Alzerò la voce fino a che l’ultimo “accendisigari” non sarà eliminato dall’Amazzonia», ha ribadito Jamileth Jurado.

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