Diritti

4 passi con le scarpe altrui

Quest’anno la Pasqua coincide con la Giornata internazionale della visibilità transgender. Un’occasione per riflettere ed esercitarsi, sul serio, all’empatia
Credit: Baran Lotfollahi
Tempo di lettura 3 min lettura
30 marzo 2024 Aggiornato alle 06:30

Immagina di sentirti in trappola in un corpo che senti sbagliato. Non lo odi, ma una parte importante di questo corpo manda un messaggio sociale diverso da quello che vorresti. In modo alternato, pensi che nulla in te si sbagliato, ma alle volte pensi che lo sia tutto.

Una parte importante di te, della tua identità non collima con quello che sei o che gli altri pensano che tu sia.

Intorno a te, sono tutti e tutte abituate a definirsi sulla base del loro genere e una frase ti rimbomba in testa: “Maschi e femmine li creò” ma tu no. Tu sai che alle volte nasciamo in un corpo da maschi e ci sentiamo femmine, altre al contrario maschi in corpi di femmine. Altre volte ancora, non ci sentiamo solo maschi o femmine ma un pezzo di ciascuno dei due. Quella frase così semplice nasconde, oscura e sminuisce la tua complessità.

Hai vissuto, sulla tua pelle, la teoria del minority stress. Appartieni a una minoranza e hai subito una maggiore discriminazione da parte del tuo ambiente sociale, un evento che ti ha portato a conoscere la depressione, i disturbi d’ansia e hai - purtroppo - familiarità con i pensieri suicidi.

Per molte persone che hai conosciuto crescere è stato più semplice, è bastato conformarsi alle aspettative che gli altri avevano. Per te è stato molto più difficile perché hai dovuto scoprire e definire delle aspettative personali su di te. L’emozione di sentire del rispetto quando qualcuno si rivolge a te con il genere che senti di avere. L’emozione - ancora più grande - di sentire la tua famiglia vicina, di supporto o - in altri casi, spesso più frequenti, purtroppo - il dispiacere enorme di non sentirsi accettati proprio dalle persone a cui si vuole più bene al mondo.

Trovare un lavoro, sentirsi apprezzati per quello che si è, contribuire, dare una mano, desideri che per te sono stati più difficili che per altri. Eppure, le difficoltà che hai dovuto affrontare ti hanno reso un ottimo problem-solver, che ben conosce i suoi punti di forza.

Qualcuno che pensa che la tua condizione ti renda più disponibile sessualmente, quasi facile. Qualcuno che si approfitta di questa fragilità o che ha degli stereotipi che gli fanno pensare di potersi comportare come vuole.

Il 31 marzo, quest’anno, la Santa Pasqua coinciderà anche con la Giornata internazionale della visibilità transgender.

Cristo, per chi ha fede, è morto sulla croce per l’intera umanità. In quegli istanti prima di morire ha camminato con le scarpe (e scalzo) con miliardi di persone, molte delle quali ancora dovevano venire al mondo, e ha sentito dentro di sé ciascuna e ciascuno di loro. Anche me e anche te. Sentendo tutto quello che abbiamo provato, vissuto e pensato. Sentendo tutte le nostre fragilità e provando amore smisurato per questo. Il più grande esercizio di empatia dell’umanità.

L’inclusione inizia con l’empatia, che non significa provare emozioni positive nei confronti degli altri, ma fare qualche passo con le scarpe dell’altro. Spogliarsi di sé stessi e indossare l’altro. Abbracciare la sua storia, le sue emozioni, la sua diversità.

Provare a guardare il mondo con i suoi occhi, spiegandolo con le sue parole. Essere, per qualche istante, quel mondo. Includere, inizia con qualche passo con le scarpe altrui.

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