Diritti

Uk, caso Assange: l’Alta Corte concede l’appello contro l’estradizione

I giudici di Londra hanno deciso che il fondatore di WikiLeaks avrà la possibilità di fare ricorso contro il suo trasferimento negli Stati Uniti, dove rischia fino a 200 anni di carcere per aver pubblicato migliaia di documenti riservati e diplomatici
Credit: Marc Asensio Clupes/ZUMA Press Wire
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
26 marzo 2024 Aggiornato alle 14:00

Julian Assange potrà presentare ricorso contro l’estradizione negli Stati Uniti: l’ha deciso l’Alta Corte di Londra martedì mattina, mentre una folla di sostenitori del fondatore di WikiLeaks era radunata fuori dal tribunale e mostrava cartelli con la scritta: “Julian Assange libero!”.

La sentenza, disponibile sulla piattaforma ufficiale delle Royal Courts of Justice, chiarisce che il giornalista australiano “non sarà quindi estradato immediatamente”: al contrario, se gli fosse stato negato il permesso di ricorrere in appello, Assange avrebbe potuto essere trasferito in pochi giorni per affrontare le accuse di spionaggio negli Stati Uniti per aver violato l’Espionage Act e per cui rischia fino a 175 anni di carcere.

Nel 2019 il giornalista Julian Assange, oggi 52enne, è stato accusato dagli Stati Uniti di aver divulgato dei documenti secretati riguardanti le guerre in Afghanistan e Iraq. Nel 2021 un giudice britannico ha stabilito che non potesse essere estradato negli Stati Uniti perché, se tenuto nelle dure condizioni carcerarie statunitensi e a causa delle sue condizioni di salute, avrebbe rischiato di suicidarsi. Nel giugno del 2022 la ministra dell’Interno britannica Priti Patel ha approvato la sua estradizione negli Usa, dando però ad Assange la possibilità di fare ricorso.

Martedì 26 marzo i giudici dell’Alta Corte di Londra hanno dichiarato che concederanno ad Assange un nuovo appello contro la sua estradizione a meno che, entro 3 settimane, gli Stati Uniti non forniscano “garanzie soddisfacenti” su alcuni aspetti del suo ricordo. Tra questi, la possibilità “che Assange sia autorizzato a invocare il Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti (che protegge la libertà di parola), che non subisca pregiudizi durante il processo a causa della sua nazionalità, che gli siano garantite le stesse tutele del Primo Emendamento di un cittadino statunitense e che non gli venga inflitta la pena di morte”. Se queste garanzie non verranno fornite, spiega la sentenza, verrà concessa ad Assange la possibilità di fare appello e ci sarà un’udienza di appello.

L’Alta Corte di Londra ha quindi concesso una tregua temporanea al fondatore di WikiLeaks nella sua lotta contro l’estradizione negli Stati Uniti. Nel corso di un’udienza durata due giorni, i suoi avvocati hanno sostenuto che le accuse, relative alla pubblicazione da parte di Assange e WikiLeaks di migliaia di documenti riservati e diplomatici legati alle guerre in Afghanistan e Iraq, erano politicamente motivate e che la richiesta di estradizione era illegale. I giudici hanno respinto alcuni motivi della richiesta di appello, comprese le argomentazioni per cui Assange sarebbe stato perseguito a causa delle sue opinioni politiche: Victoria Sharp e Jeremy Johnson hanno così fissato una nuova udienza il 20 maggio.

Stella Assange, avvocata per i diritti umani e moglie del fondatore di WikiLeaks dal 2022, ha commentato la sentenza fuori dall’Alta Corte, definendola «sorprendente»: «La Corte ha riconosciuto che Julian è esposto a un’evidente negazione dei suoi diritti di libertà di espressione, è stato discriminato sulla base della sua nazionalità australiana e rimane a rischio pena di morte. […] A 5 anni dall’inizio di questo caso (da quando Assange si trova in carcere: nel 2019 venne arrestato presso l’ambasciata ecuadoriana di Londra dalla polizia metropolitana e il dipartimento di giustizia degli Stati Uniti lo accusò di aver violato la legge sullo spionaggio pubblicando documenti militari e diplomatici riservati, ndr), gli Stati Uniti sono riusciti a dimostrare alla Corte che il loro caso rimane un attacco alla libertà di stampa e un attacco alla vita di Julian».

E ha continuato: «Ciò che la Corte non ha accettato di verificare è la prova che gli Stati Uniti hanno complottato per assassinare Julian, per rapirlo, perché sa che ovviamente non può essere mandato negli Stati Uniti. Julian è un prigioniero politico, è un giornalista ed è stato perseguitato perché ha denunciato il vero costo della guerra, in vite umane». Infine si è rivolta all’opinione pubblica: «Questo caso è una punizione, è un segnale per tutti voi: se denunciate gli interessi che guidano la guerra, vi daranno la caccia, vi metteranno in prigione e cercheranno di uccidervi».

Leggi anche
Esteri
di Chiara Manetti 4 min lettura
Julian Assange
di Eloisa Del Giudice 4 min lettura