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Julian Assange, il Robin Hood che rubava (le informazioni) ai potenti

A Londra è in corso un importantissimo processo che potrebbe costare la vita a un giornalista, Julian Assange, accusato dagli Stati Uniti di un crimine un po’ strano: aver detto la verità
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24 febbraio 2024 Aggiornato alle 09:00

Se c’è una cosa che mi fa arrabbiare è quando noi grandi facciamo il contrario di quello che chiediamo di fare a voi piccoli. Quando passiamo le giornate a fare i genitori col vocione e poi, tra adulti, premiamo i bugiardi e puniamo chi dice la verità.

Martedì e mercoledì si è tenuto un importantissimo processo a Londra. L’accusato è un giornalista australiano che si chiama Julian Assange ed è accusato proprio di aver detto la verità.

Julian Assange è stato un hacker, cioè un informatico molto bravo che riesce a intrufolarsi nei computer degli altri e a sottrarre le informazioni che ci sono dentro. Assange non è un ladro qualunque ma quello che si chiama un “hacker etico” ed è convinto che i governi dei vari Paesi controllino le informazioni - cioè il modo di raccontare le cose - e nascondano grosse fette di verità. Con i suoi furti virtuali, Assange è una specie di Robin Hood che ruba le informazioni che i potenti vorrebbero nascondere e le rivela ai cittadini, rendendo i potenti un po’ meno potenti e i cittadini un po’ meno ignari.

Julian Assange non lavora da solo: proprio come Robin Hood coi i suoi compagni nascosti nella foresta di Sherwood, può contare su un’organizzazione di informatici come lui. Quest’organizzazione si chiama WikiLeaks.

Tra il 2010 e il 2011, Julian Assange e Wikileaks hanno pubblicato 700.000 documenti top secret e rivelato al mondo delle informazioni gravissime. Hanno dimostrato che gli Stati Uniti e i loro alleati si erano macchiati di orribili crimini di guerra in Iraq e in Afghanistan e che facevano del male ai prigionieri incarcerati a Guantanamo.

A trasmettere questi documenti segretissimi a Julian Assange è stata una soldatessa americana coraggiosa, Chelsea Manning. L’esercito l’ha accusata di tradimento e Chelsea è andata in prigione più volte, prima per aver fatto la spia e poi per essersi rifiutata di parlare male di WikiLeaks in tribunale.

Da allora, il governo americano dà la caccia a Julian Assange. Nel 2010 è stato accusato in Svezia di aver fatto del male a due donne. I fatti non sono mai stati dimostrati ma, durante il processo, si trovava in libertà vigilata, a Londra.

Vedendo che gli Stati Uniti non mollavano l’osso, è scappato di casa e si è rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador, che lo ha accolto come un rifugiato politico, cioè qualcuno che viene perseguitato per le sue idee. È rimasto rinchiuso lì dentro per 7 lunghi anni, controllato e spiato dalla polizia inglese e dalla Cia americana.

Nel 2019, il nuovo presidente dell’Ecuador, accusato proprio da WikiLeaks di non essere una persona onesta, ha autorizzato l’arresto di Assange, che da allora è rinchiuso in un carcere vero, in un’ala sicurissima riservata ai terroristi e ai grandi malfattori. Assange è il solo giornalista in Inghilterra a trovarsi in prigione.

Il 2 marzo, si saprà se i giudici inglesi lo manderanno a scontare la sua pena negli Stati Uniti, il Paese che lo accusa di 18 crimini di spionaggio. Lì rischia 175 anni di carcere. Come sai, a parte le tartarughe giganti delle Seychelles, nessun essere umano vive così a lungo. Questo vorrebbe dire che, se fosse mandato negli Stati Uniti, Assange morirebbe in prigione.

Il problema della condanna di Julian Assange è molto grande, e non riguarda solo lui. Assange non ha mentito, non ha inventato bugie. Le informazioni riservate che ha pubblicato sono tutte vere. Se fosse condannato, cosa penseranno i giornalisti che fanno proprio quello che fa lui, cioè raccogliere e raccontare informazioni vere? Avranno paura, troppa paura. Come potranno fare il loro lavoro e sentirsi al sicuro?

È molto pericoloso pensare di vivere in un mondo in cui si viene puniti per dire la verità. È come vivere in una grande prigione… col rischio di finirci davvero, in una prigione. Come ha detto l’avvocato di Julian Assange: “Gli Stati Uniti vogliono essere contemporaneamente la vittima, il giudice e l’avvocato dell’accusa”. Ma, come dice un saggio proverbio giapponese: “Non si possono contemplare contemporaneamente la luna, la neve e i fiori”.

Ora non ci resta che aspettare il 2 marzo e sperare che la verità e la libertà di dirla vengano protette. Tu, intanto, non approfittarne per cominciare a dire le bugie. Anzi, se vedi un adulto che nasconde la verità, fai due cose che ti diciamo sempre di non fare: indicalo col dito e parla a voce alta, che ti sentano tutti.

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