Diritti

Guerra Ucraina: quando il conflitto colpisce anche la spiritualità

La Russia è alla ricerca del supporto dei sacerdoti ortodossi africani; l’obiettivo: indebolire il Patriarca di Alessandria, che riconosce il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli (ovvero Istanbul), che ha sostenuto l’indipendenza dell’ordine religioso di Kyiv da Mosca
Credit: Kostiantyn Trundaiev 
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29 marzo 2024 Aggiornato alle 06:30

Che in nome di Dio gli esseri umani abbiano commesso i più grandi scempi non è cosa che lascia sorpresi; che le questioni di fede spesso siano strumentali alla conquista del potere, non è neanche questa una novità.

L’aggressione russa ha aperto però la strada alla globalizzazione dei conflitti, non tanto in senso geografico (due guerre mondiali ci hanno insegnato che non esistono limiti allo scontro tra Nazioni belligeranti), quanto superando la sfera di ciò che c’è di terreno per spostare la minaccia anche all’ultraterreno: una sfida del tutto interna alla chiesa ortodossa.

E se da un lato, come riportava il Guardian a gennaio, i sacerdoti ortodossi russi che si rifiutano di pregare per la Santa Russia e la sua vittoria contro l’Ucraina o che semplicemente pregano per la pace sono (o corrono il rischio di essere) espulsi dalla loro chiesa, in Africa si apre un nuovo fronte di reclutamento per sedurre i sacerdoti ortodossi africani e attrarli nella sfera di influenza del Patriarcato di Mosca: un Patriarcato che si identifica con la propria Nazione.

Se ne parla da un po’: è un nuovo fronte aperto dai russi in Africa con l’intento di indebolire il Patriarca di Alessandria di Egitto che riconosce l’autorità di quello di Costantinopoli, colpevole di avere sostenuto l’indipendenza del patriarcato di Kyiv rispetto a quello di Mosca.

Occorre fare un passo indietro: la chiesa ortodossa d’oriente si distingue da quella cattolica per l’assenza di un capo (il Papa dei cattolici); è guidata dai patriarchi di alcune città che riconoscono un primus inter pares in quello di Costantinopoli (l’odierna Istanbul). Il primato è legato a ragioni storiche considerato che questa città era la Capitale dell’Impero Romano d’Oriente che capitolò solo nel 1453 d.C. (quasi 1.000 anni dopo la capitolazione dell’Impero Romano d’Occidente). Il Patriarcato di Constantinopoli è inoltre il punto di riferimento della maggioranza dei cristiani ortodossi americani.

Nel 2018, il Patriarca di Costantinopoli ha riconosciuto la validità della scissione della Chiesa ortodossa ucraina da quella russa, avvenuta nel 1992 e mai riconosciuta dal Patriarca di Mosca. Sempre il Patriarca di Costantinopoli si è schierato contro l’uso politico della religione che sostiene azioni di guerra, come invece fa il Patriarca di Mosca. Fin qui la storia. Ma cosa sta avvenendo ora?

Varie testate internazionali, a partire dall’Economist al Foreign Policy, riportano che di fatto la Russia starebbe reclutando a favore del Patriarcato di Mosca preti e parrocchie appartenenti geograficamente al Patriarcato di Alessandria d’Egitto, uno dei quattro patriarcati storici e punto di riferimento per tutta l’Africa.

L’opera di arruolamento non avverrebbe attraverso opere di persuasione spirituale basate su differenze dogmatiche, bensì attraverso l’offerta di aiuti materiali a supporto delle attività parrocchiali, a partire dalle motociclette (che in effetti in Africa spesso sono uno strumento essenziale per i parroci per assicurare l’assistenza spirituale ai propri parrocchiani): si tratterebbe, quindi, dell’offerta di aiuti concreti rivolti a parrocchie e parrocchiani e non (come si potrebbe maliziosamente pensare) dell’offerta di illeciti vantaggi. Il fenomeno non riguarda solo l’Egitto ma anche altri Stati, come il Kenya.

Di fatto, questo tipo di competizione, il Patriarcato d’Alessandria ha armi davvero spuntate, dal momento che è privo di reali mezzi finanziari. E ce lo dicono i fatti: la chiesa ortodossa russa avrebbe raggiunto ben 200 parrocchie in 25 Stati africani. Nella tragedia che si sta svolgendo nel cuore dell’Europa, dove il conflitto si concretizza nella carne delle persone, questo nuovo fronte può apparire del tutto trascurabile e si potrebbe essere tentati a relegarlo a fatto di mera curiosità. A mio avviso, però, ci sono alcune considerazioni che non sono affatto trascurabili.

La prima è che l’influenza di una Nazione su altre si può esplicare in molte sfere e differenti piani. Non solo le sfere economiche ma anche quelle culturali e religiose: non a caso spesso si parla di soft power per indicare la capacità di un Paese di persuadere altri Stati attraverso la forza della propria cultura e dei propri valori.

La seconda è un invito a non sottovalutare quanto in Africa i credo religiosi siano importanti nel guidare le scelte politiche. Portati spesso a relegare i fenomeni più accesi d’intolleranza ai culti tribali, spesso non si considera che molte scelte liberticide e violazione dei diritti umani, quali le legislazioni anti Lgbtq+ (in Uganda e quella pronta per essere adottata in Ghana), sono spesso frutto dell’azione mista di retaggi tradizionali esacerbati dai predicatori di molte chiese cristiane di origine nordamericana. La sfera spirituale, o almeno la rappresentazione che ogni credo religioso ci dà, in Africa svolge ancora un ruolo fondamentale. Noi occidentali spesso non lo percepiamo, forse a causa della nostra eccessiva mondanizzazione (un tempo si sarebbe detto secolarizzazione).

I fatti menzionati sembrano indicarci, invece, che i russi questo l’hanno capito. E così, cercano di conquistare altri Paesi non solo tramite la guerra, ma anche attraverso la supremazia della religione.

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