Città

Parigi scommette sul public housing per promuovere l’integrazione

Il 25% dei residenti parigini può permettersi alloggi a prezzi accessibili in centro città grazie al piano di edilizia sociale pensato per i cittadini con basso e medio reddito
Credit: Anthony DELANOIX  

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8 aprile 2024 Aggiornato alle 07:00

Quanto può costare l’affitto di un appartamento a Parigi con 2 camere da letto e vista sulla torre Eiffel? Se vivi in un’abitazione di proprietà pubblica offerta a prezzi accessibili grazie al sistema del public housing, 600 euro al mese.

È questo il caso di una delle persone a basso reddito che l’anno scorso si è vista assegnare un appartamento nel lussuoso 7° arrondissement parigino all’interno del complesso pubblico Îlot Saint-Germain, in precedenza riservato agli uffici del ministero delle Forze Armate. La struttura ospita anche una palestra sotterranea e un asilo nido.

La città di Parigi ha fatto dell’edilizia sociale uno dei suoi capisaldi per promuovere quello che è stato definito come l’obiettivo della “mescolanza sociale” e consentire così la convivenza negli stessi quartieri di persone di estrazione sociale molto diversa. La volontà politica è di far restare nel cuore della città i parigini a basso e medio reddito e i piccoli imprenditori che altrimenti non potrebbero permettersi di pagare i canoni d’affitto al valore di mercato.

Oggi un quarto dei residenti parigini vive in abitazioni accessibili grazie al public housing (alla fine degli anni ’90 erano il 13%). L’obiettivo che la città si è data è di raggiungere il 40% entro il 2035. Tra i principali beneficiari troviamo insegnanti, infermieri, studenti universitari, fornai e macellai.

Per ottenere l’assegnazione bisogna avere un reddito che non superi determinate soglie: da una simulazione sul sito della pubblica amministrazione francese, un nucleo familiare formato da 3 persone per fare richiesta di abitazione nel 7° arrondissement deve avere un reddito inferiore a 66.333 euro. Ma serve anche una buona dose di fortuna e pazienza: le liste d’attesa vanno anche oltre i 6 anni.

Parigi è al settimo posto tra le città più costose del mondo secondo l’ultimo sondaggio dell’Economist. Il mercato immobiliare è alle stelle come in molte altre metropoli colpite dalla crisi abitativa: il prezzo medio per acquistare un appartamento di circa 100 metri quadrati nel centro parigino è di 1.300.000 euro, secondo i dati pubblicati dalla Camera dei notai di Parigi.

Le iniziative di edilizia sociale della capitale francese sono tra le più ambiziose d’Europa (insieme all’esempio virtuoso di Vienna). La città ha il diritto di acquistare in prelazione gli immobili messi in vendita da soggetti privati e di riconvertirli in public housing. Il consigliere comunale incaricato degli alloggi pubblici ha a disposizione un budget annuale di 625 milioni di euro.

Negli ultimi 30 anni, l’amministrazione ha costruito o ristrutturato più di 82.000 appartamenti per famiglie con figli. I canoni vanno da 6 a 13 euro al metro quadro a seconda dei redditi familiari. Sono state costruite anche 14.000 unità abitative per studenti negli ultimi 25 anni, con prezzi che in certi casi partono da 250 euro al mese. C’è poi la Ong Paris Habitat, che gestisce 125.000 unità abitative accessibili nelle quali vive in affitto 1 parigino su 9.

Diversi sforzi sono stati fatti anche per contenere il fenomeno degli affitti brevi ed evitare che interi quartieri come Le Marais finissero per diventare residenze per turisti. Le regole consentono ai proprietari di affittare generalmente solo la prima abitazione per un massimo di 120 giorni all’anno.

Oltre a rendere possibile la permanenza dei parigini in città, le politiche locali sono state determinanti anche per la sopravvivenza delle attività commerciali che alimentano il fascino del tessuto cittadino.

Pensiamo all’odore inconfondibile di dolci appena sfornati fuori dalle boulangerie, ai negozi di formaggi e ai piccoli artigiani che lavorano da generazioni dietro una vetrina. Se molte di queste attività esistono ancora è perché il 19% dei negozi locali vengono dati in locazione proprio dal Comune, che sceglie a quali esercizi destinare gli spazi cercando di mantenere un equilibrio tra l’offerta di servizi essenziali e la diffusione delle grandi catene.

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