Economia

Qual è l’impatto economico della Nature Restoration Law?

Secondo la Commissione Ue, le stime dei “benefici monetari del ripristino degli habitat ammontano a circa 1.860 miliardi di euro”, mentre i costi arrivano a 154 miliardi: il guadagno sarebbe quindi di oltre 1.700 miliardi
Credit: sasha set 
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2 aprile 2024 Aggiornato alle 08:00

A febbraio il Parlamento europeo ha dato il via libera alla Legge sul Ripristino della Natura. Il provvedimento, di portata storica, è stato approvato in un contesto tesissimo, tra le proteste degli agricoltori e i tentativi di veto da parte del Partito Popolare Europeo (Epp). Ora, l’ultima parola spetterà al Consiglio dell’Unione europea, per approvare in via definitiva il testo.

Il nuovo regolamento punta al ripristino degli ecosistemi degradati negli Stati membri dell’Unione, al raggiungimento degli obiettivi europei in materia di clima e biodiversità e al miglioramento della sicurezza alimentare. Per conseguire gli obiettivi, entro il 2030 gli Stati membri dovranno ripristinare lo stato degli habitat di almeno il 30% (foreste, praterie e zone umide, fiumi, laghi e coralli). Questa percentuale aumenterà poi al 60% entro il 2040 e al 90% entro il 2050. Inoltre, gli Stati dovranno garantire che le aree ripristinate non vengano deteriorate nuovamente.

Entro la fine del decennio dovranno essere piantati 3 miliardi di alberi; la norma inciderà anche sui terreni agricoli, per esempio attraverso il ripristino delle torbiere, cioè gli acquitrini spesso prosciugati in passato per fare posto alle coltivazioni.

Sui terreni agricoli gli Stati dovrebbero attuare misure in almeno 2 di 3 indicatori, per raggiungere gli obiettivi: l’indice delle farfalle delle praterie, la quota di terreni agricoli con caratteristiche paesaggistiche a elevata diversità e lo stock di carbonio organico nel suolo minerale delle terre coltivate.

Per riumidificare le torbiere, è previsto il ripristino del 30% delle drenate a uso agricolo entro il 2030, il 40% entro il 2040 e il 50% entro il 2050. Le misure per migliorare le condizioni delle foreste saranno obbligatorie, aumentando il numero di specie arboree presenti e la loro resilienza ai cambiamenti climatici.

Le zone umide, infatti, sono importanti per la protezione degli ecosistemi perché intrappolano una quantità di Co2 due volte superiore rispetto a tutte le foreste del Pianeta, contribuiscono a rendere l’acqua potabile, depurandola dagli agenti inquinanti e riducono il rischio di inondazioni. Tuttavia, sono state ridotte nel tempo a causa della deforestazione e del drenaggio, nonché per l’attività estrattiva di torba, usato come concime e a volte come carburante.

Gli Stati membri saranno chiamati a redigere, entro il 2026, piani nazionali per il ripristino e dovranno aggiornare annualmente la Commissione europea sui progressi e sull’applicazione effettiva della legge. In totale, i piani da stilare sono 3 e si estendono ai periodi 2026-2032, 2032-2042, 2042-2050.

In virtù di possibili rischi per la sicurezza alimentare nel medio-breve termine, è stato introdotto un “freno d’emergenza”: nel 2033 la Commissione valuterà l’impatto della legge in termini di efficienza e di efficacia. Inoltre, è prevista la sospensione del regolamento per un anno in caso di “eventi imprevedibili ed eccezionali fuori dal controllo dell’Ue e con gravi conseguenze a livello comunitario per la sicurezza alimentare”. Quest’ultima misura rafforza un principio già esistente nel diritto internazionale, che prevede proprio l’esenzione dall’applicazione di un trattato per “cause di forza maggiore, imprevedibili e irresistibile”.

L’iter legislativo è stato complesso. Nell’ultimo anno, il cambio di posizione del Ppe - Partito Popolare Europeo, inizialmente aperto a negoziare, ha causato difficoltà nell’approvazione del testo durante le votazioni dell’Eurocamera tenutesi lo scorso anno. Nel corso dei lavori nella Commissione per la pesca e l’agricoltura, la proposta era stata oggetto di forti opposizioni da parte dei gruppi conservatori.

Nonostante ciò, il testo è stato approvato sia all’Eurocamera a luglio, con 336 voti favorevoli, 300 voti contrari e 13 astenuti, che in Commissione per la sanità e l’ambiente (Envi) dove l’accordo è passato con 53 voti favorevoli, 28 contrari e 4 astenuti e dove è stato approvato il compromesso raggiunto nel Trilogo, tra Parlamento, Consiglio e Commissione Ue.

A ciò si sono aggiunte le numerose proteste degli agricoltori che il 26 febbraio scorso, giorno in cui si riunivano i Ministri dell’Agricoltura europei, hanno paralizzato Bruxelles e dato luogo a scontri con la polizia e delle associazioni di categoria. Su tutte, spicca la posizione di Coldiretti, che sostiene che la legge porterà al crollo della produzione agricola.

Ma quella per il ripristino della natura è una legge necessaria, anche in termini economici. Secondo Ipbes, la piattaforma intergovernativa di politica scientifica sulla biodiversità e i servizi ecosistemici, l’81% degli habitat è in pessime condizioni e la distruzione della fauna selvatica si stima avrà enormi impatti sulle aziende agricole, a causa dell’alterazione degli equilibri naturali, nonché per la diminuzione degli impollinatori e il deterioramento del suolo.

Secondo la Commissione europea, nella sua valutazione d’impatto della legge, “i benefici monetari del ripristino degli habitat prioritari dell’Ue sono stimati a circa 1.860 miliardi di euro, con costi stimati a circa 154 miliardi di euro”. Ciò si traduce in un guadagno netto di circa 1.706 miliardi di euro.

Il tutto si ripercuoterà anche sulle comunità locali. Se si considerano i benefici diretti complessivi di Natura 2000 (una rete di aree protette che copre le specie e gli habitat più preziosi e minacciati d’Europa), si arriva a 200-300 miliardi di euro all’anno.

Tuttavia, come stima il Boston Consulting Group, l’agricoltura rigenerativa non darà subito i suoi frutti: si stima un calo iniziale dei profitti potenziale fino al 50%, sebbene nel medio periodo i profitti per ettaro stimati supereranno del 40% le pratiche agricole convenzionali. E anche le stime della Commissione sono ottimistiche: per ogni euro investito nel ripristino dei terreni, il ricavo si aggirerà tra 8 e 38 euro.

Tra le associazioni ambientaliste le reazioni sono state varie. Seas At Risk sostiene come queste norme non siano adeguate all’impegno richiesto nella lotta al climate change. Altre organizzazioni sottolineano invece soddisfazione per l’approvazione del documento, come il Wwf e BirdLife, mentre Greenpeace, che accoglie con favore il regolamento, sottolinea l’indebolimento del testo nel corso dell’iter parlamentare.

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